L’uomo si
identifica con il ruolo che è costretto a vivere: padre, figlio, padrone,
operaio, dirigente, impiegato, intellettuale, guru, furbo, tonto, forte,
debole, ecc. Per ognuno di questi ruoli esistono comportamenti sociali,
abbigliamenti, modi di pensare e di esprimersi cui ciascuno si adegua
inconsapevolmente.
E quindi non
siamo mai individui autentici, ma veri e propri imitatori: imitiamo modelli e
stereotipi prodotti dalla società in cui viviamo. Persino nei comportamenti più
intimi recitiamo in realtà dei ruoli precostituiti. L’inquinamento della nostra
mente è troppo esteso. Bisogna imparare a dire la verità, ma per dire la
verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere che cos’è la verità e che
cos’è la menzogna, soprattutto in se stessi.
Georges Ivanovič Gurdjieff
Adailton e Odair
Rocinha era un quartiere della
Zona Sud della città di Rio de Janeiro in Brasile. È ancora una della 700
favelas che fanno parte della città di Rio de Janeiro. È la favela più grande
del mondo e conta più di 150.000 abitanti ufficiali.
Ada stava cominciando alla non più verde età di
cinquant’anni a soffrire di solitudine, sebbene avesse passato ogni giorno
della sua vita in mezzo a un formicaio di persone. Da un poco di tempo aveva
perso la voglia di vivere, e ne aveva sempre avuta poca. Ada non aveva amici,
né una donna, nemmeno un cane, aveva solo una tartarughina: Ninja. Cioè Ninja
era il suo nome e si ricordava di lei una volta al giorno, quando gli dava il
mangime. Un povero animaletto inespressivo ma testardo, che insisteva
caparbiamente nel sopravvivere e che, a volte, gli sembrava che gli
assomigliasse, non solo fisicamente.