Thursday, November 28, 2024

CHI HA ROTTO LE SCATOLE CINESI

 


(scritto insieme ad Alessandro Andreini)

A parte la roba da mangiare, forse dell’Italia quello che mi manca di più sono gli amici. Dove sono nato ne ho tanti e tanti altri li ho seminati per la strada, o mi hanno piantato loro. Comunque è sempre stata una relazione complessa e in movimento continuo, anche se incostante. Là non era facile, in compenso qui è più difficile, la gente ha un rapporto più soave nella stessa routine e non ne sente tanto il bisogno. Le amicizie non sembrano tanto necessarie, faccio per dire, come in posti di minore calore umano, insomma un po' più sul riservato e snob.

Tanto per cominciare in Brasile tutti si danno del tu subito, senza presentazioni, come gli americani e gli inglesi, solo che qui l'espressione cortese e di rispetto esisterebbe, ma si usa poco o niente, tanto che può essere a volte interpretata quasi come un'offesa, un interlocutore eventuale può pensare talvolta di essere ingiustamente considerato anziano.

Vivere a Porto Alegre fa diventare in alcuni casi il contatto tra le persone obbligato, per motivi di vicinanza o di lavoro, però complica gli altri contatti. Si tratta di una città di circa due milioni di abitanti e tutti sistematicamente piuttosto indaffarati.

Ho conosciuto attraverso amici di amici Marcello Banti. In Italia viveva a circa una ventina di chilometri da dove abitavo io, ma non ci siamo mai incontrati, non ci conoscevamo. Ora ci sentiamo per e-mail e whatsapp, abbastanza frequentemente.

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 9 e 25 del 17 ottobre 2023  

Carissimo ti pongo un annoso dilemma: secondo me chi dice che potendo tornare indietro non cambierebbe niente del suo passato, mente a sé stesso e lo fa per due motivi essenziali: (primo) sa che tanto non si può e (secondo) non vuole ammettere di aver sbagliato, confessare la sua impotenza di fronte a una delle leggi della vita, cioè che indietro non si torna.

 Io cambierei tante cose per esempio, ma so che in quel momento in cui ho deciso di fare una cosa, invece di un’altra, è stato fisiologico decidere in quella maniera, per tutto ciò che era successo prima e mi obbligava in un certo senso a questa scelta, che poi non sarebbe una scelta, perché è praticamente una cosa obbligata. Eppure sarebbe stato possibile, anche se è improbabile, fare in maniera che a quel bivio, dei tanti attraversati, la mia vita diventasse un’altra, come quando sono venuto in Brasile.

 

Alfredo Bullentini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La vita è bella perché è varia: lo cantava anche un famoso gruppo comico veronese. E così sono vari gli oggetti, le situazioni, le persone. Per quanto riguarda queste ultime, la varietà non si limita alle differenze tra esse, ma anche ai cambiamenti a cui un essere umano si deve raffrontare nel corso della vita: sia per scelta che per forza. Quello che mi ha portato a vivere in Brasile si potrebbe definire una forza della scelta: perché poi, in fin dei conti, era un sogno solo da bambino. Ma poi, è stata un’opzione mia, o sono stato (da chi, da cosa) scelto? Alfredo ed io siamo nati e vissuti (almeno i primi anni) a una ventina di chilometri di distanza, in province differenti dell’entroterra toscano, senza sapere dell’esistenza l’uno dell’altro. Oggi ci separano più o meno gli stessi chilometri, abitiamo entrambi nella stessa città sudamericana e, soprattutto, ci conosciamo.

  

Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 16 e 42 del 17 ottobre 2023  

Altrettanto carissimo:

sul tornare indietro, io non l’ho mai preso in considerazione. O meglio: non lo farei. Neanche se potessi riandare nel periodo dell’infanzia, il mio più felice. Tanto felice, che ero consapevole del fatto che tutto quello che sarebbe venuto dopo, non sarebbe potuto essere migliore. Vabbé, non è stato sempre così, ma insomma… Non tornerei indietro perché poi dovrei andare avanti e rivivere momenti a cui non voglio neanche pensare. E se mi proponessero di essere presente solo in quella fase  felice, probabilmente non la vivrei come allora.

In ogni caso, tutte le scelte hanno un rischio. Quando mi si sono presentate, se a decidere sono stato solamente io, non le cambierei: se in quel momento la mia testa mi diceva di fare così, è perché così doveva essere. Quelle invece prese su spinta altrui, sì se le cambierei (chiaramente se si sono dimostrate infelici).

Però a volte dubito anche su quelle che ho preso io e che, fondamentalmente, si sono rivelate giuste. Per esempio, quella di venire a vivere in Brasile. Ho già domandato, in maniera semiseria, alle mie sorelle il perché non mi impedirono di fare questa pazzia, soprattutto conoscendo il mio carattere. Analizzando la mia vita di oggi, hanno fatto sostanzialmente bene a “lasciarmi andare”. Ma diciannove anni fa? È che non avremmo mai la prova contraria: cosa sarebbe potuto accadere prendendo un’altra decisione? Quale strada ci saremmo trovati davanti? Quello poi che noi pensiamo, anzi, di cui siamo sicuri in un determinato momento, può venire stravolto dai fatti. Per esempio, il famoso “Cosa farai da grande” che ti domandano quando sei bambino. Se non ricordo male, a me sarebbe garbato fare il pompiere ed il meccanico. Pure il prete: ne avevo una quasi invidia, perché durante la messa beveva il vin santo e io, in quel momento a causa dell’età, non potevo. Già un pochino più grandicello, alle scuole superiori durante un’interrogazione di Tecnica Bancaria, l’insegnante mi fece proprio questa domanda: “Banti, che lavoro vuoi fare da grande?”. Per quel giorno non avevo studiato un tubo e quindi me la pose in tono ironico, per dirmi che se volevo ottenere qualcosa dalla vita, non avrei potuto continuare così. La mia risposta, invece, fu seria e non era contro questa occupazione: semplicemente non la sentivo per me. Così replicai: “Cosa farò da grande non lo so: sicuramente, non il professore”. Beh, sai benissimo quello che faccio ora.

In definitiva, per me il nostro destino è già scritto. Puoi tentare di sfuggirgli, ma lui ti riacchiappa.

 

                                            Marcello Banti

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 19 e 27 del 24 ottobre 2023

 

Egregio Marcellino

oggi mentre mi stavo crogiolando al sole, mi sono ricordato che anche d’inverno qui siamo pur sempre in Brasile e sono andato a crogiolarmi all’ombra.

Stavo pensando che sul destino non sono tanto d’accordo con te, molte delle tue affermazioni coincidono con il mio pensiero, forse perché siamo nati e cresciuti abbastanza vicini in Toscana e poi siamo venuti tutt’e due qui. E anche a Porto Alegre manteniamo la stessa distanza, ma forse per motivi differenti.

Però al destino io ci credo ma neanche tanto, secondo me possiamo cambiare le carte in tavola, in parte possiamo decidere sul nostro futuro e soprattutto sul presente, che è anche meglio.

La gente si divide principalmente in tre gruppi: i destinisti convinti, quelli che dicono invece che volere è potere, ma io appartengo al gruppo misto, quello che dice che esistono le due componenti e purtroppo, o per fortuna, si mischiano, s’incrociano e insomma fluttuano.

Non siamo completamente in balia della tempesta, ma nemmeno possiamo sottovalutarla. Insomma un po’ come tutto, la complicazione sta nella miscela delle varie componenti, la ricetta non l’ha ancora scritta nessuno, perché cambia continuamente.

Hai presente la teoria del caos? Una specie, ma come dice Sun Tzu se conosci te stesso e il nemico, su dieci battaglie ne vincerai la maggior parte. Io poi non voglio nemmeno combattere, figurati te, ma a volte bisogna.

Per quanto riguarda la domanda ricorrente fatta ai bambini: cosa farai da grande? Io risponderei che non vorrei mai diventare grande, e non so se fino a questo punto ci sono riuscito. Ma visto che probabilmente è un male necessario se non inevitabile, allora sono andato un po’ per esclusione e mai avrei pensato, un po’ come nemmeno te, di diventare un professore.

Forse perché quasi tutti quelli che ho avuto non mi sono piaciuti, ma qualcuno di loro, pochissimi, invece mi hanno fatto un’impressione positiva, pur essendo tra di loro assai differenti. Certo al momento non sempre me ne sono accorto, più spesso solo dopo ripensandoci.

Sul tornare indietro, visto che non si può, si discute solo a livello di intenzioni. Io confesso che ci tornerei volentieri, soprattutto se avessi il cervello e l’esperienza di ora. Magari tanti errori non li rifarei, mi accontenterei della metà o forse meno, insomma sceglierei quali, come e quando, dove e perché.

Si ritorna sul discorso del destino, volenti o nolenti, a volte siamo noi involontariamente a influenzarlo, nolenti o volenti, ma ce ne rendiamo conto principalmente dopo, spesso quando è troppo tardi.

A riguardo approvo quello che dici,  mi pare giusto, ma la mia era piuttosto una critica a quelli che dicono che potendo tornare indietro non cambierebbero una virgola, e sono tanti, sembrano anche convinti, ma sono degli sbruffoni, io non ci credo proprio. È troppo facile dire così, visto che poi non si può, ma li vorrei mettere alla prova, se fossi Dio. Anzi se fossi Dio cambierei molte cose, farei un macello! Ma forse anche per questo, non credo che me lo lasceranno fare.

Una cosa che mi piace di me stesso – forse – è che tra dieci persone interrogate su di me, cioè su come sono io, diranno dieci cose differenti, almeno credo, o perlomeno assai dissimili tra di loro.

Per quanto riguarda il Brasile no, non tornerei indietro, ho fatto bene a venire qua e soprattutto nell’epoca in cui ho preso questa decisione, era l’unica scelta possibile. Poi l’Italia e il mondo, tra cui il Brasile, sono peggiorate, ma l’Italia io credo di più.

Perché allora non andarsene in Messico o in Nuova Zelanda? Magari perché non ho conosciuto nessun neozelandese, o nessun messicano. L’occasione fa l’uomo ladro, ma anche la donna.

A proposito: giovedì sera c’è il lancio del libro di Ludovico Voronov Diaz sul mercato sottostante, al Museo del Lavoro, perché non ci troviamo in loco per bere una birra e fare i relativi discorsi a biscaro? Lui stesso ne sarebbe lieto, ho motivo di credere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 10 e 23 del 30 ottobre 2023

 

Ti ringrazio per l’Egregio, Egregio Alfredo.

Non è facile trovare il luogo adatto dove crogiolarsi da queste parti. Troppe differenze meteorologiche in poco tempo.

Quando stavo in Italia, ai mei tempi di “studi” sul Brasile, avevo letto che il Rio Grande do Sul era l’unico Stato brasiliano con le quattro stagioni ben definite: purtroppo non diceva che ciò poteva capitare in 24 ore e forse pure meno. In Italia non succede ciò, almeno dalle nostre parti. O magari non succedeva: mi sembra, leggendo le notizie che da là vengono, che il clima italiano si stia “brasilianizzando”. E non solo il clima.

Tornando al professore: non lo volevo fare perché avevo l’idea che fosse un mestiere troppo ripetitivo. Fortunatamente mi sbagliavo: le regole sono sempre le stesse, ma differenti sono le persone che hai davanti. Molte di quelle persone sono poi diventati amici, come nel caso di un nostro comune alunno, Teodoro, il quale mi diceva sempre che sarei diventato un buon professore: figurati, era la prima volta che facevo ciò – la mia prima classe – e non ci credevo per nulla, ma a suon di dirlo mi convinse quasi. Mesi dopo, con un altro gruppo, fu Leonora che cambiò quel “sarei diventato” in “sei”: ecco, lì iniziai a pensare che stavo facendo un buon lavoro. E poi, è grazie a questo che ci siamo conosciuti, ricordi? Grande Ludovico! Persona affabile, anche quando è scorbutico.

Però giovedì non posso, ho una lezione. Mi dispiace: ed essendo in Brasile, mi dispiace ancora di più. Qui non si va alla presentazione di un libro , bensì a “prestigiar” colui che lo ha scritto. Quindi, se uno non va – come me, in questo caso -  sembra che manchi di rispetto alla persona. Il “prestigiar” portoghese corrisponde al “valorizzare”, “rendere omaggio”, “celebrare” in italiano. Perché il contrario, il “prestigiare” italiano, vuol dire “trarre in inganno”. Beh, effettivamente alcuni scrittori traggono in inganno, ma questo è un altro discorso.

Però tutto questo prestigio, bah, mi sembra che sono loro (perlomeno alcuni) che se lo tirano addosso. Il Brasile è un paese che non legge molto, da quello che so. Di conseguenza, chi scrive lo fa per pochi. Però, gli scrittori che integrano le varie accademie, si auto-intitolano “immortali”. Se non bastasse, in occasioni ufficiali vestono particolari uniformi. Userò una parola forte, ma mi sembra una casta. Si auto-intitolano e si auto-celebrano. In Italia neanche Dante Alighieri è immortale, se non altro ufficialmente. Vorrei chiedere alla prima persona che incontro per la via, se conosce almeno cinque nomi degli “immortali” dell’Accademia Nazionale. Cinque… forse ne bastano due. Con questa intitolazione, vedo molta distanza tra lo scrittore e coloro a cui si rivolge.

Salutami Ludovico e prendimi il suo libro. Poi me lo darai quando ci incontreremo.

 

P.S. : ieri sera vedevo, cioè, ascoltavo un programma alla televisione italiana: tenevo acceso l’apparecchio e nel frattempo ero occupato in un’altra stanza. Parlava di pesca ed è venuta fuori la parola “mazzacchere” o qualcosa del genere. Tu che hai frequentato le canne (da pesca, sia chiaro), sai che roba è?

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 8 e 40 del 31 ottobre 2023

 

Illustrissimo Banti

ho personalmente e piuttosto a lungo frequentato anche le altre canne, se lo vuoi sapere, ma ormai ci siamo distanziati, da qualche annetto, forse perché non sentivo più alcun bisogno di stravolgermi, per ovvi motivi lo ero già.

Ludovico, a proposito della tua assenza, ha detto che la sera le lezioni d’italiano, come di qualsiasi altra lingua o disciplina, secondo lui sono di un’ingiustificabile falsità ideologica, la gente è stanca e non capisce una beneamata mazza, butta via i soldi e i pochi neuroni rimasti.

Ha scritto un cazzo di libro che ha pensato bene di regalarmi, con firma e dedica, sennò non glielo avrei comprato di sicuro, dato che parla della Formula Uno e della sua inspiegabile passione per queste cose. A te invece te lo ha fatto pagare, io ti ho anticipato la congrua cifra di venti reais, che spero un di’ mi restituirai, se vuoi che ti consegni il sopracitato surreale volumetto, che ruffianamente manco a dirlo sulla copertina reca foto del compianto pilota brasileiro Senna.

Questo pelato dispettoso e barbuto, sto ancora parlando di Ludovico, mi ha giustificato il suo assurdo, eppure motivato gesto, in questa maniera: “a te l’automobilismo ti fa schifo invece a Marcello ni garba.” Come sai studia i gerghi toscani e raramente sbaglia a parlare, ma principalmente gli capita sul fiorentino, forse perché le hohe hole hon le hannucce horte un ni garbino gnanco a lui.

Il libro, intitolato Turbolence, per di più è in lingua inglese, perché così lo potrà vendere in tutto il mondo, anche se poi nessuno glielo comprerà.

All’inizio mi è sembrato strano che tu non sapessi che cosa era la mazzacchera, dopo susseguente e profonda riflessione, di non più di un paio di secondi o tre, poi me lo sono spiegato abbastanza bene: quello è un tipo di attività in disuso, come la pesca sportiva, almeno dalle nostre parti, e te sei più giovane di me, non mi ricordo di quanto, ma è meglio così.

E poi si praticava nei fossi in pianura, in collina come a Pescia i fossi sono piuttosto dei ruscelli e quindi c’è troppa corrente, l’acqua è pulita, alle anguille non gli piace, gli garba il fango a loro. Lì vicino c’è la pianura, come pure il Padule di Fucecchio, però il nome poteva certo essere un altro, ricordandoselo uno potrebbe anche informarsi, una volta in loco. L’ho sentito chiamare anche il boccone, ora che ci penso, invece di mazzacchera.

Saprai che quando piove tanto e i fossi sono in piena, e le cui acque prendono quel color tè con il latte, dipendendo dalle zone una specie di caffellatte, le anguille escono a caccia (o forse a pesca) di giorno (normalmente invece lo fanno solo di notte,) allora i pescatori in questione calano nei fossi questa odorosa matassa, legata a una canna corta e abbastanza rigida.

La mazzacchera in sé consta di lombrichi con certosina pazienza infilati con un lunghissimo filo nel senso della lunghezza, (poveraccetti da morire,) per poi farne una specie di matassa (e qui direi anche: che schifo). C’è anche chi, dopo averla usata la conserva in frigo e lo schifo aumenta, almeno per noi profani.

Un’anguilla di passaggio non la vede, ma la sente, la morde e il pescatore sente tremare la cannetta, tira su e la relativa preda sorpresa si lascia cadere in un ombrello speciale, fatto di rete fina.

Pensavo che non esistessero più pescatori di mazzacchera, anche le anguille sembra che siano in via di estinzione, invece l’ultima volta che sono stato in Italia, nei pressi di Molina di Quosa, tra Ripafratta e S.Giuliano, provincia di Pisa o ancora di Lucca, diciamo sul confine, e non molto tempo fa, ne ho trovati due e li ho anche intervistati, ma non avevano tanta voglia di parlare, forse perché non avevano preso nulla. Uno che conoscevo io in questi casi diceva la famosa frase: “pogo pesce e culo bagnato”

Teodoro mi ha praticamente portato per mano al mio primo libro, con la sua grande carica di ottimismo per niente basato sui fatti, ma solo su quello che lui auspica, mi ha contagiato e non so ancora se ne sono contento o no.

Scherzo: ne sono assai lieto, prima di Teodoro ero uno che non sapeva cosa né come, dove né perché. Gliene sono grato e gliel’ho anche detto.

Se mi ricordo come ci siamo conosciuti? Vagamente, a dir la verità, uno scambio di e-mail, anche in quel caso. Te vivevi ancora in Italia ed eri in dubbio se venire a vivere qua e io ti consigliai di farlo. Sbagliai, forse, non lo so, dimmelo te.

A proposito: senti la mancanza dell’Italia, in qualche maniera? Insomma della tua vita di Pescia pistoiese? (Meglio specificare perché ce n’è anche una romana, in provincia di Viterbo e una fiorentina, ovviamente in provincia di Grosseto.) Nelle altre Pescie non lo so, ma la vita magari è diversa da quella pistoiese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 09 e 05 del  3 novembre 2023

 

Illustrissimo, Illustrissimo…

Sai che nel 1987, com la mia Olivetti e con il mio quasi nullo portoghese, scrissi alla CBF (sì, proprio alla confederazione calcistica brasiliana) per avere gli indirizzi di alcune squadre di calcio di là (che ora è qua)? Il mio amore per il Brasile era iniziato da pochi anni ed era soprattutto questo sport ad appassionarmi. Scambiavo, via posta, riviste sportive con brasiliani e da queste ricavai l’indirizzo della confederazione. Al momento dell’invio, mi resi conto di quello che stavo facendo e mi venne da ridere. Figuriamoci se la potente CBF avrebbe risposto a Marcello di Pescia. Invece lo fece: sulla busta, un – per me incomprensibile – “Ilmo” seguito dal mio nome. Tutto felice, andai dalla mamma gridando che io ero “Ilmo”. Lei mi guardò e mi domandò che cosa volesse dire. Non lo sapevo, ma se lo avevano messo sulla lettera, una cosa negativa non poteva essere! Solo molti anni dopo avrei scoperto che voleva dire “Ilustríssimo”.

La tua mail mi rimanda in vari momenti del mio passato. La canna, per esempio. L’unica volta che ne ho fatto uso era quella da pesca. Ero bambino ed in un laghetto me ne misero in mano una: quando vidi un pesce galleggiare, gli buttai l’amo davanti ma quel coglione non abboccava: ci rimasi mezz’ora prima che mi dicessero che il pesce era morto. Il mio sforzo era pertanto inutile ed il coglione ero io.

Poi hai scritto delle varie parlate toscane. Sai che esiste il dialetto Pesciatino? Siamo piccoli ma indipendenti, eheheh. D’altra parte, eravamo in zona di confine: sul nostro territorio c’è ancora la dogana (oggi è una casa privata: c’è nato anche un mio zio) che separava il Granducato di Toscana dal Ducato di Lucca. Comunque quello che mi ha colpito è stato il “ni”. Io fino a quando non sono andato a scuola usavo solo quello, altro che “gli” e “le”. Il giorno che lo dissi in classe, la maestra mi prese da parte e mi spiegò che in italiano non esisteva, era francese oltretutto con un altro significato. Più che una delusione, fu un trauma che mi porto dietro ancora oggi.

Il nostro barbuto amico ha ragione sul mio interesse automobilistico, anche se non c’intendo nulla di motori. Ma non ha ragione sulle lezioni serali. Io ho quasi sempre trovato gruppi motivati e svegli. E pure numerosi: chi lavora o studia durante il dì, può avere libera solo questa parte della giornata e non la spreca. Solo il venerdì era leggermente più complicato: già all’intervallo, verso le otto e un quarto, c’era qualcuno che se la svignava perché doveva andare ad una festa. Fino a quando ci sono stati gruppi, ho sempre dato lezione il venerdì sera. Finivo alle dieci e poi insegnavo anche il sabato mattina. Avevo proprio voglia di lavorare…

E visto che parliamo di lavoro, effettivamente ci siamo conosciuti grazie a ciò. Dall’Italia, programmavo la mia futura vita in Brasile e pensavo alla professione che potevo svolgere: o era quella collegata alla mia dell’epoca, oppure l’insegnamento della lingua italiana, cosa totalmente nuova per me. Tramite triangolazioni (pure quelle, lavorative), la mia futura moglie ci mise in contatto. Tu mi desti delle dritte e poi, già traslocato in Brasile, ci conoscemmo di persona in un bar-ristorante nella zona sud di Porto Alegre, se non mi sbaglio, in una domenica di sole e di elezioni comunali.

Da allora sono passati diciannove anni e tu mi chiedi se i tuoi consigli sono serviti. Io ti rispondo: sicuramente e ti ringrazio. E mi chiedi pure se mi manca Pescia. In questo caso la risposta è più complicata. Diciamo che manca la famiglia, però a differenza del passato, oggi i contatti sono molto più facili: perlomeno quelli virtuali che poi tanto virtuali non sono. Chiamate, videochiamate, messaggi più che quotidiani: insomma, ci sentiamo vicini. Pescia in sé, estendendo il suo significato in “vita italiana”, no. Qui ho veramente iniziato una seconda vita, partito da (quasi) zero. Tutto era nuovo, (quasi) tutto era da conquistare: con le difficoltà del caso, sono riuscito ad avere una vita sufficientemente stabile. Il mio motto, se così lo possiamo chiamare, è il toscanissimo “s’addì d’andà?” (lo si può scrivere in diverse maniere), che avevo messo come frase iniziale del mio primo cellulare brasiliano quando s’accendeva. Come tu ben sai, vuol dire, “si dice di andare via?”, quando effettivamente vogliamo andar via da un posto. Però per me aveva e ha il significato di “forza! Andiamo e lottiamo per andare avanti e migliorare!”, per conquistare la mia vita brasiliana senza dimenticare le mie radici, da qui il toscano.

Sono arrivato al punto che mi sento in casa qui e mi sento in casa là, il che è positivo. Anche se a volte non mi sento in casa qui e non mi sento in casa là e mi ritrovo un po’ spaesato, perché non so più qual è “qui” e qual è “là”. Allo stato attuale delle cose, non ritornerei in Italia. Ma, come mi ha insegnato la vita, mai dire mai.

I miei amici e parenti mi chiedono com’è il Brasile. È una domanda impossibile da rispondere, perché io ho l’esperienza solo di Porto Alegre (e, precedentemente, quindici giorni a Rio de Janeiro che mi hanno insegnato tanto). Quindi posso solo ribattere in base a ciò che ho passato nelle mie “due vite”. Non volendo dire l’ovvio, ma pur vero, “il Brasile è il Paese dei contrasti”, rispondo che “il Brasile è un Paese emozionante”. Non so a te, ma a me sembra che dove viviamo la vita ti rincorra e ti faccia fare cose a cui non avresti mai pensato. E che la vita italiana, in questo caso prettamente pesciatina, sia ferma, stagnante: imbruttisce, ecco. Forse perché Pescia è una valle dentro a una valle, mentre Porto Alegre è in pianura e si vede sorgere il sole quando effettivamente sorge, e tramontare quando effettivamente va giù. I giorni mi sembrano più lunghi, più vivi. Quindi, ai familiari più stretti (per non farli preoccupare) rispondo fino a quella frase che ho scritto prima, perché con gli altri proseguo con un “dove è più facile vivere ed è più facile morire”. Il più facile vivere te l’ho spiegato prima, il più facile morire non c’è bisogno che te lo spieghi. Salute pubblica e violenza non sono paragonabili, anche se ultimamente vedo notizie dall’Italia che mi fanno pensare a una “brasilianizzazione” dello Stivale. Concludendo: accetto un rischio maggiore di morte precoce in cambio di una vita più vissuta. Una variazione di “meglio un giorno da leone che cento da coglione”, anche se non mi sento certo un re della foresta.

Mamma mia che e-mail lunga: e avrei molte altre cose da dirti. Magari te le dico domani pomeriggio: andiamo alla Fiera del Libro?

 

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 16 e 40 del 5 novembre 2023

 

A Lucca mi piaceva passeggiare tutti i giorni, sia in campagna che in città, qui fare delle camminate è uno stress, non c’è alcun piacere. La gente di Porto Alegre è più gentile, ora esco poco, ma ogni volta mi sorprendo nel constatarlo, perché là avrebbero più motivo di essere soddisfatti, ma si lamentano sempre, qui in tanti o quasi tutti fanno una vitaccia, ma sembrano contenti lo stesso.

Pescia è scura come Lucca, forse anche di più, ci batte poco il sole, in Italia ce ne sono tanti di questi posti che d’inverno diventano freddi e umidi, a lungo andare inevitabilmente cupi e tristi.

Ho notato tanti cambiamenti paralleli durante questi anni, qui e là le macchine che correvano sempre di più e l’aumento del rumore, la diminuizione del rispetto per gli altri.

Quando arrivai anch’io sentivo questa spinta per fare cose che là non avevo mai fatto, ora non la sento più. Forse sono fasi che uno attraversa nella vita. Mi pare che qui la gente sia ammalata di iperattività. Più vedo correre e io più freno, direi che mi influenza, ma al contrario.

No, domani non posso venire, c’ho i muratori in casa, se non li controllo mi combinano dei casini, me li combinano anche se li controllo, ma spero qualcuno in meno.

Ludovico sarà là per firmare i libri, dalle 16 in avanti e temo che avrà parecchio tempo per parlare con te, di pazzi per le automobili e per i granpremi qui ce ne sono assai, ma quanta gente c’è che legge in inglese?

Mi ero proprio dimenticato della Fiera del Libro, una volta ci andavo spesso, ma a pensarci bene quando questo succedeva forse era perché abitavo lì vicino, di fronte all’Usina del Gasometro. C’ho fatto tre lanci di libri e relativi autografi, il terzo però era un CD con un racconto lungo letto da Ludovico, non so se ti ricordi, il testo accompagnava sul monitor la lettura con il vocione del pelato-barbuto e pseudo-intellettuale.

Per curiosità ho fatto un conto approssimativo di quanti libri ho letto nella mia vita e credo di essere sul migliaio, senza contare quanti non ne ho portati al termine perché non mi piacevano, che sono forse anche di più. Ora poi non leggo quasi niente, forse perché sto troppo al computer, più scrivo e meno leggo.

Poi una cosa che noto è che qui e là in Italia, la gente non legge più per il suo piacere, ha poco tempo e poche energie, gli occhi stanchi, il cervello che galoppa in avanti e non si ricorda nemmeno del passato, né prossimo né remoto, della calma e del piacere di assaporare una frase ben scritta, che li farebbe immedesimare in una situazione gradevole.

Questi lavoratori che sono da me, per esempio, ascoltano la radio a tutto volume, tutto il giorno, quelle trasmissioni che parlano di delitti e tragedie metropolitane, intanto parlano tra di loro gridando tutto il tempo, bevono litri di caffè e non fanno un buon lavoro perché devono fare alla svelta, senza alcuna attenzione ai particolari, per andare da qualcun altro a fargli un lavoro malfatto in poco tempo, sciupando il materiale che hanno ordinato in sovrappiù e te che lo paghi vedi che il margine di errore è alto, circa il trenta per cento, ma non ci puoi fare niente. Sembra che siano stati addestrati nella stessa caserma, sono dei soldati del servizio all’ingrosso e guadagnano anche assai, rispetto a qualche anno fa, ma poi spendono tutto per ubriacarsi e per comprare cose che se avessero un po’ di calma sceglierebbero meglio e non distruggerebbero in poco tempo, ma trattano anche gli oggetti con indifferenza, come le persone, perché non dovrebbero? Per comprarne di nuovi devono eliminare in poco tempo quelli vecchi, che appena acquistati perdono automaticamente il loro fascino.


Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 10 e 06 dell’8 novembre 2023

 

 

Carissimo,

avevi ragione. Mentre camminavo tranquillamente… no, tranquillamente proprio no, visto che nei fine settimana la Fiera è piena di gente e si passa più tempo a cercare di scansarla che a vedere libri. Insomma, ero là quando all’improvviso ho sentito un bel “vaffanculo” in italiano: non avevo dubbi che si trattasse del nostro amico Ludovico. All’inizio era un po’ arrabbiato con me per via del libro, poi è diventato improvvisamente affabile ed abbiamo conversato a lungo. Sull’uso delle parolacce mi ha detto che a lui piace insegnarle, perché non ci sono sui libri e si usano più di molti argomenti presenti sulle grammatiche. Si diverte quando spiega un verbo e vede gli alunni attenti, ma non troppo: all’improvviso cambia materia andando sulle parolacce e gli studenti cercano disperatamente carta e penna per prendere appunti. In questo caso il nostro comune amico ed io siamo uguali.

Una volta avevo appena spiegato il “vaffanculo” quando involontariamente creai una situazione che lo richiedeva. Uno degli alunni spontaneamente mi apostrofò con quella parola, ma poi si accorse subito che la persona da lui offesa era il professore: devenne tutto rosso, si alzò e avvicinandosi mi chiese scusa. Io, tutto tranquillo, non solo lo perdonai, ma gli dissi che ero orgoglioso del fatto che, oltre ad aver capito la parola, sapeva quando era il momento di usarla. Molti anni fa a Porto Alegre circolava una macchina sul cui parabrezza c’era proprio scritto, in grande, un bel “vaffanculo”. Ero in coda che aspettavo l’autobus e quando la vidi passare scoppiai in una fragorosa risata: gli altri della fila mi guardarono seri, perché sicuramente non ne conoscevano il significato.

Cambiando discorso, io invece abito in una zona dove ho varie alternative per passeggiare: vicino a vari parchi, al centro, alla riva del fiume-lago-quello che è. Insomma, io qua cammino più che in Italia. Molto di più. Una delle ragioni è il concetto di distanza: nel nostro Paese natale è mentalmente tutto più lontano anche se realmente molto più vicino. Là, quaranta chilometri sono già un viaggio da organizzare bene, mentre in una nazione delle dimensioni del Brasile, sono una barzelletta. In questo senso, il luogo mi ha cambiato. Per esempio, prima andare da Pescia a Cortona (la città del film “Sob o sol da Toscana”, lo scrivo in portoghese perché ne ho conosciuto l’esistenza solo quando sono venuto ad abitare in Brasile) mi causava ansia: sono circa 180 chilometri, due ore di viaggio. Oggi andare da Pescia a Matera, più di 700 chilometri, otto ore di viaggio soste escluse, non mi provoca un bel niente.

Sul fatto del lamentarsi, mi viene da ridere. Perché qui vedi un povero (ma veramente povero) e se gli chiedi come va ti risponde sempre “bene!”. In Italia vedi uno in procinto di comprarsi una Ferrari e se gli fai la stessa domanda, inizia a scuotere la testa ed ecco che dalla sua bocca esce un “insomma...”, un “si tira avanti” o una delle risposte più geniali: “non c’è male”. Ma, dico io, se non c’è male vuol dire che è “bene”. Ma perché non lo dici direttamente? È che non vogliamo mostrarlo per paura dell’invidia della gente. Rispondiamo “bene” (o il diminuitivo “benino” se non vogliamo esagerare) solo se non abbiamo voglia di parlare: con questa parola non ci sono discussioni e si chiude subito il discorso. Quando incontro un mio collega italiano, alla domanda “come stai” l’altro risponde “bene”. Al che segue un “È un bene italiano, o un bene brasiliano?”.

In definitiva, caro “Bullentin” (come ti chiama Ludovico, in riferimento al tuo indirizzo di posta elettronica), tu come stai?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 11 e 13 del 10 novembre 2023

 

Ammirevole Ammiraglio

visto che mi chiedi come sto, avrai notato da alcuni infimi ma fottuti particolari che nell'ultima mia missiva traspariva un malcelato malumore, per quanto del quale in un secondo momento io mi vergogni, ogni tanto ne perdo il controllo.

Ci sono delle giornate in cui tutto va male, eppure sappiamo in fondo che siamo noi stessi che provochiamo tali serie di scoppiettanti bestemmie, solo per aver dormito male e in seguito aver forse notato che dalla più piccola inezia, alla cosa più determinante, senza tralasciare alcuna intermedia, tutto andava a catafascio.

Trattasi di una virtuale ma ostinata catena, in cui ogni catastrofico anello porta inevitabilmente al prossimo, senza riuscire ad approfittare dell'abbondante ossigeno attorno, per riprendere il necessario fiato.

A proposito di quei cambiamenti di vita ne ho protagonizzato diversi, ma forse il più grosso è stato quello di essere venuto qua e per secondo quello - più recente - di essere stato lasciato da mia moglie. Non che io fossi un fan del matrimonio, al quale a suo tempo mi sono assoggettato mio malgrado. Ada non era una persona esente da difetti, come non ne esistono proprio, ma la vita con lei era più allegra e quasi venti anni sono passati in venti minuti scarsi.

 Grazie a lei avevo smesso di fumare e di bere, appena se ne è andata ho tentato anche di attaccarmi alla bottiglia, come si fa di solito in questi casi, fino a ridurmi a un relitto umano, ma non ci sono riuscito, non scendeva più niente.

La vita oltre che di respirazione è fatta anche di ritmo e quando lo perdi, capita anche che la poesia stessa di quella romantica canzone tende ad andare a farsi maledire pure lei.

Detto questo, te lo conosci meno di me, Ludovico è uno di quei rompicoglioni eruditi e intelligenti, uno di quei rari commedianti pazzi, perché fatti di elastica gomma, che ci possono ancora sorprendere in questo mondo fatto di personaggi stereotipati.

Di fronte agli allievi d’inglese pare che faccia dello spettacolare teatro shakespeariano, ma una delle cose che lo mandano in bestia, come forse anche tu avrai personalmente più volte sperimentato, è quando lo interrompono per chiedere una spiegazione proprio di quello che stava già spiegando, prima che lo interrompessero.

 A mio parere non è affatto un cretino, per quanto si affanni a volerlo sembrare, e questo ne manifesta l’intelligenza. Perché il cretino autentico si comporta in maniera opposta, simulando un’intelligenza che riesce appena a intravedere e ammirare, ma di suo non possiede.

Quando gli ho detto che nelle nostre e-mail ci divertiamo alle sue spalle, insomma lo prendiamo parecchio e volentieri per il culo, ha chiesto umilmente di poter partecipare alla nostra corrispondenza, sottolineando più volte l’umilmente.

Intanto un po’ meno umilmente ha detto che secondo lui è paradossale che delle persone che vivono nella stessa città, per quando grande e complicata, non si incontrino mai e per parlare usino delle e-mail, visto che esistono da tempo i telefoni e più recentemente certi cosiddetti uotsappi di vario tipo.

Poi ha detto di nuovo che gli piacerebbe partecipare, che potrebbe essere un’esperienza utile, oltre che stupidamente assurda. Stavamo parlando per telefono, mi ha chiamato lui.

Ogni tanto mi subissa di incredibili quesiti surreali, dilemmi metropolitani, io ho difficoltà solo a comprenderne la logica e l’entità, che puntualmente ignoro e invento serie di scuse per riattaccare. Lui fa finta di crederci, ma credo che ormai si sia fatto un’idea di me e del mio limitato mondo, fatto più di fantasia che di cose reali.

Che ne pensi?

Io gli direi di no, tanto per vedere come reagisce, portandogli delle scuse fittizie ma credibili, poi se s’incazza lo accetterei. Ma se fa finta di niente, se ingolla la nostra decisione senza dimostrare né sdegno né irritazione, allora invece... lo accetterei lo stesso, perché secondo me è un’occasione da non perdersi.

Sempre che tu sia d’accordo, beninteso.

Non è esclusa nemmeno una sorprendente dimostrazione ibrida o intermedia, da parte dell’intollerabile barbone di scarsissima capigliatura, insomma, credo che ci sia da divertirsi, perché se Ludovico è un insopportabile cagacazzo, come tutti sono d’accordo nel considerare, e decisamente va preso a piccole dosi, dall’altro lato di un’internet e di un computer lo si può limitare, dirigere e acchiappare poi per quello che ha di buono, cioè un senso dell’humour non indifferente, un’imprevedibilità flessibile e multiforme.

In più sotto la scorza di facocero insensibile, invece è una persona di cuore e che credo abbia sofferto assai nella vita, per diventare così.

Ci sono diverse cose di lui che tu non sai e non te le ho dette perché sono un gentiluomo di altri tempi e oserei dire di una certa classe.

Per quanto riguarda un tuo commento di qualche e-mail fa, gli immortali di cui mi hai parlato, dell’accademia letteraria brasileira, li ho voluti approfondire, comprando usato il libro di Jo Soares che tratta proprio dell’assassinio di uno di loro.

Il libro non mi sta piacendo, ma cercherò di portarlo avanti, intanto l’ho messo in bagno, nel quale le ripetute e regolari sedute ora come ora rappresentano la più valida occasione di lettura, almeno per me.

Non sapevo che si auto-definissero tali, ma come spesso qua un po’ tutto è pacchiano ed esagerato, mi è sembrato che non ci fosse da stupirsi.

Anche il Gremio, inteso come squadra di calcio, che dopo l'ultima vittoria con il Botafogo, per cui lo danno già favorito per il brasileirão, si autodefinisce immortale. Nonostante le inevitabili e cicliche batoste, incluse ripetute discese nell’inferno dantesco della seconda divisione. Questa poi è una cosa che anche quelli che perdono sempre possono dichiarare, visto che continuano a esistere, sebbene piuttosto inutilmente, o l'importante è partecipare?

Insomma qua sulla terra, detta anche il mondo, niente sembra veramente serio, il Brasile è un precursore e questa è forse la differenza maggiore con i paesi europei, ancora arretrati ma ci stanno lavorando, mi pare che invece di diventarlo si giochi a fare gli adulti e come idea mi garba, perché io stesso campo un po’ così.

Vivendo ora da solo mi diverto a fare due voci e un dialogo in italiano, pieno di parolacce, che tanto nessuno dei vicini capisce e canto canzoncine oscene a squarciagola, che invento al momento, mentre faccio il bagno o cucino, in cui le bestemmie e i vaffanculos sono la raffinata base dei testi. L’altro giorno mentre scavavo in una mia specie di orticello, il mio vicino chiacchierone (e valente scaracchiatore molesto) da sopra il muro mi ha interpellato e chiesto che stessi facendo, io gli ho risposto pacificamente che stavo seppellendo mia moglie, che invece se ne è andata da tempo e ora vive in Sudafrica. Il mio intento era farlo fuggire in casa e ha funzionato.

Poi qui nella zona sud di PoA, dove io vivo, un enorme adesivo a fascia sulla parte alta del parabrezza di una macchina rossa e vecchia mi ha colpito e me ne sono uscito anch’io ridendo, fragorosamente e tutto, come te. La faccia minacciosa di quello che c’era dentro direi che accompagnasse bene assai tutto l’insieme, insomma la figura generale.

C’era scritto CAFAJESTE, in rosso su bianco.

Se in fondo ci fosse stato un punto esclamativo, a limite anche interrogativo, si poteva considerare che egli si rivolgesse a qualcun altro anonimo pilota di automomezzo eventuale attorno, ma senza di questo era come si autodefinisse TESTA DI CAZZO, mi pare di capire e ci tenesse a farlo sapere a tutti. Glielo volevo andare a chiedere, ma poi ho pensato che forse era meglio di no.

A proposito, tornando all’argomento precedente, se tra di noi immortali letterati elettronici accettiamo un pagliaccio come Ludovico, il visionare ogni email precedente alla sua entrata gli sarà negato, naturalmente. Cioè potrà partecipare e commentare solo quelli usciti da quel momento in poi, sennò gli dovremo spiegare un sacco di cose, tra cui quello che ho detto di lui, che magari non gli garberebbe.

Quando avrai deciso fammi sapere, ma con calma, mi raccomando. Intanto un’attesa di qualche settimana gli potrà far comprendere che è totalmente nelle nostre mani e può solo ed effettivamente con sincera umiltà, stavolta, sperare nel nostro giudizio inappellabile.

Mi sa che come lunghezza del testo proposto stavolta ti ho superato. Che fai, rilanci?


Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 09 e 08 del 14 novembre 2023

 

Comandante,

qui ho mia moglie che mi guarda scuotendo la testa: non si capacita del perché intratteniamo lunghe conversazioni attraverso uno strumento che è già storia, come la posta elettronica. Beh, a parte il fatto che a me piace scrivere e che non riusciamo mai ad incontrarci di persona, io sono allergico al telefono. Mi provoca una certa sensazione di panico. Da piccolo mi ricordo un programma radio a quiz per bambini: tutta la mia famiglia mi indicò la risposta giusta e a me non toccava far altro che, telefonando, dirla. Non lo feci. Molto anni dopo, fui uno degli ultimi ad avere un telefonino (usato): me lo fecero comprare a forza i miei amici. Solo con Uozzappe ho ripreso simpatia per l’oggetto, perché anche lì, scrivo. Però per comunicazioni lunghe, la posta elettronica rimane il mio mezzo preferito.

Mi dispiace per il tuo periodaccio, effettivamente mi sembrava che qualcosa non andasse. Io ne ho avuto uno l’anno scorso ma ora non mi va di parlarne: anche perché altrimenti ci buttiamo giù a vicenda.

Sul comportamento di alcuni suoi alunni, Ludovico ha parlato anche a me. A volte lo lasciano senza parole, il che, conoscendo il soggetto, sembra impossibile. Un giorno gli chiesero il perché della divisione tra Irlanda (Eire) Stato indipendente e l’Irlanda del Nord facente parte del Regno Unito. Lui ci preparò una lezione storica-geografica-sociale e tutto quanto fa spettacolo. Dopo tre ore di spiegazioni, un’alunna gli si avvicinò domandando: “Ma perché sono divise?”. Un’altra volta uno studente gli chiese di spiegare un argomento grammaticale. Iniziò quindi dalla parte teorica, si girò per scrivere alla lavagna e quando si rivolse alla classe per vedere se era tutto chiaro, l’alunno in questione non c’era più: era “semplicemente” andato via a metà spiegazione. Proprio lui!

A Ludovico diciamogli di no, un no secco, tanto per divertirci un po’. “Il triangolo no, non l’avevo considerato” cantava Renato Zero, anche se il triangolo era di un altro tipo. Poi vediamo come reagisce ed allora decideremo.

Per quanto riguarda l’eternità, visto che parliamo del nostro comune amico, perché voi due non fondate un’accademia così vi “immortalate” anche voi? Avete un sacco di libri scritti, in varie lingue, chissà. Io scrivo per me stesso, non posso farne parte: non sono un intellettuale come voi. Sto fuori e vi applaudo.

In Brasile è tutto esagerato, ma anche in Italia non si scherza. Nel parlare, per esempio, noi diciamo “scendere giù, salire su, entrare dentro, uscire fuori” oppure – me lo fece notare un alunno – il fatto di ridire parole. Mi chiese il perché noi italiani non rispondiamo attraverso un semplice “sì”, ma ripetiamo la parola più volte. Ed io risposi con un “No, no, no. Non è vero”, e mentre lo dicevo mi accorsi che effettivamente è così. Oppure l’esagerazione esiste anche nel raccontare le vicende: un morto accoltellato, per esempio, in Italia non viene scoperto, ma immancabilmente “ritrovato immerso in una pozza di sangue”.

Saltando di palo in frasca, tu hai vissuto in più di un Paese: anche in Germania, forse quello più distante culturalmente da Italia e Brasile. Perché tra questi ultimi due, alla fine non è che ci sia questa grande differenza che i chilometri suggerirebbero. Ancor più qua nel Rio Grande do Sul, dove la presenza italiana ed europea in generale copre quasi la totalità della popolazione, come origine intendo. Io ho una storia particolare, perché m’interesso del Brasile da quando avevo undici anni. L’ho studiato in tutte le maniere possibili che un mondo senza internet poteva permettermi (vallo a far capire  alla generazione attuale), amato anche esageratamente, tanto per restare in tema. Un’idealizzazione del Paese che uno si fa  attraverso qualsiasi informazione che gli capita sotto mano. Pensa che dopo aver ascoltato il “Samba da Bênção”, dove Vinicius de Moraes saluta e rende omaggio ai sambisti attraverso un per me strano e misterioso “Saravá”, pensavo che in Brasile incontrandosi per strada ci si salutasse così.

Comunque questa idealizzazione la vedo anche al contrario, forse anche di più. Mi fanno un po’ rabbia quando i brasiliani si riferiscono all’Italia come primo mondo, sottovalutando quello che c’è qui. Sicuramente ci sono cose che là funzionano meglio che qua, ma c’è anche il contrario. E poi questa cosa di primo mondo sembra che serva come scusa affinché non si cambi niente. Mi ricordo un sindaco di un comune dell’entroterra gaúcho che, questionato su un determinato fatto che lui poteva modificare, rispose che non lo avrebbe fatto perché lì era sempre stato così e chi era lui (il sindaco!) per farlo?

Insomma, come dice una cugina di mia moglie, siamo tutti latini, non c’è rimedio.

Mi fermo qui: se “chi sa tutto e lo dice subito, rimane senza più niente da dire” (da notare come faccia riferimenti spesso a parole di canzoni, in questo caso “Roda” di Gilberto Gil e João Augusto), figuriamoci io che non so niente.

Ho rilanciato, come vedi, però non credo sia arrivato a scrivere una mail come la tua. Ma non stiamo a misurare le parole. Sai che ora ci sarà un Festival del cinema Italiano a Porto Alegre: ci troviamo per vedere un film?

 

Marcello 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it  ore 23 e 16 del 15 novembre 2023

 

 

Marcellino Pane e Vino

ma un po' di salame non ce lo vogliamo mettere? Anch'io sono dubbioso, te lo confesso, ma quell'insaccato di Ludovico, che a pensarci bene assomiglia più a una grassa e pelosa soppressata, qualche ora fa mi ha telefonato. Gli ho detto di no, che la nostra commissione ha rifiutato la sua petizione, gli ho fatto capire che si tratta di diversa gente e piuttosto importante, non solo di noi due. Ha perso di scatto la sua umiltà, è diventato impaziente e irritato, come se fosse questa sua ammissione alla nostra accademia, degli immortali interlocutori metropolitani nascosti e fuorimoda, fosse per lui la cosa più importante del mondo.

Se non lo ha ancora fatto, telefonerà anche a te, se non è oggi sarà un domani. Io ho provato anche a dirgli che non era vero, che la nostra corrispondenza era una mia invenzione, solo per poterlo prendere bonariamente in giro, al che è diventato furioso, secondo me non ci ha creduto.

Lo ammetto: è colpa mia, non dovevo dirgli niente, ora anche se lo facessimo entrare vorrà leggere le email precedenti, ne sono ragionevolmente sicuro.

Ho mangiato un po' pesantino e ho scolato una bottiglia di rosso in venti minuti. Me ne vado a letto. Prevedo incubi e ripetute gite al gabinetto.

Vedere un film? Per me va bene, ma quale, e soprattutto quando? I nostri orari non coincidono, e poi te hai una moglie e un lavoro, io sono praticamente un pensionato fidanzato con due gatti e due cani.

Mentre stavo cenando, un po' in ritardo e quindi trangugiando sovrappensiero con una fame cavallina, ecco arrivare questa e-mail, non me ne aveva mai mandato una, quindi ne ho avvertito l'importanza.

Non ti ha ancora chiamato?

Secondo me è una persona molto sola, la gente lo evita. Io direi di farlo partecipare come membro esterno, con una rigida serie di norme inappellabili, tra cui quella di non usare mai e per nessun motivo superlativi e avverbi.

Tra l'altro ha detto che è Massone e che potrebbe farci entrare nella loggia in questione anche a noi due, come se a noi ce ne fregasse qualcosa. A me zero di sicuro, non so a te, anzi mi stanno anche piuttosto pesantemente sugli ammennicoli.

 

 

Da patgarrett&billythekid@gmail.com.br a bullen@tin.it ore 21 e 12 del 15 novembre 2023

Forse sbaglio in parziale totalità, ma cerco il futuro nel passato, il presente me l'hanno rubato o io stesso me lo sono fregato, ragazzi miei, però ho un vantaggio su di voi: io vi sembro decisamente svantaggiato. È vero o no?

Ora ve lo dico in un'altra maniera: rispetto a me vi sentite troppamente superiori abbestia? Se mi trattate come un cagnolino bizzoso ma affettuoso, mezzo scemo ma simpatico, in questo vi do ragione, badate bene, ma soltanto a metà.

Nell'altra parte succede proprio il contrario. Naturalmente la frontiera tra le due, e ciò che accade nei due emisferi opposti, sono due cose fluttuanti, elastiche e in costante ma piuttosto incostante movimento.

Dicono che ho l'avverbio facile, che lo uso come se fosse un'arma. Non è assolutissimamente vero.

Se mi accoglierete tra di voi, per me sarà un segno di amicizia inequivocabile e bello. Non abbiate paura, al primo comportamento sgradevole, qualsiasi mia intemperanza, mi potrete buttare tranquillissimamente fuori, perciò gentilmente accoglietemi e non ve ne pentirete per l'eternità, o per la porzione che ce ne compete.

Vi prego umilissimamente.

L'insegnamento di una lingua e il suo relativo apprendere sono cose interessanti, per il momento io cortesemente vi pongo questo piccolo, ma importantissimo problema, almeno per noi, persone di cultura e di un certa sensibilità, che facciamo questa minchia di mestiere.

Per questo vi mando un indicativo pezzettino, insignificante ma solo nelle dimensioni, di un racconto lungo, (diciamo pure medio,) da me scritto qualche anno fa, inventato ma non troppo, se così mi consentite di esprimermi con una certa umiltà, eppur dignitosissimamente.

 

                                  Antonio Voronov Diaz (Ludovico)

 

Quando iniziai a insegnare spagnolo nel Rio Grande do Sul, stato più meridionale del Brasile, conobbi un professore anziano, che mi raccontava scene di vita didattica e non, con poche frasi coincise e contundenti.

Il professor Cruzes aveva pure una certa capacità teatrale, mulinava le mani quando parlava di turbolenze linguistiche, ma sapeva anche mimare efficacemente gesti più pacati se imitava esseri umani e, soprattutto, riusciva a recitare le sue battute più sarcastiche in completa serietà, la sua impassibilità e mancanza di espressione erano degne di una sfinge, il che mi faceva ridere senza possibilità di controllarmi e tutti si giravano a guardarmi.

Un giorno in una riunione di colleghi, durante una pausa per il caffè, mentre gli altri erano già rientrati nel salone universitario, rimanemmo da soli per qualche attimo e lui si avvicinò per dirmi in un orecchio:

“Il nostro mestiere può essere divertente e istruttivo, sa? Il piccolo ma importante segreto, l’uovo di Colombo, sta nel non fissarsi nell’assurda pretesa che gli allievi imparino veramente...”

Sorrisi un po’ imbarazzato e rimasi lì impalato, con il mio bicchierino di plastica in mano, pieno a metà di caffè tiepido, mentre lui, a grandi passi tornava dentro.

La sua tecnica, di esperiente comico da bar di provincia, era sempre quella di dire la battuta e di allontanarsi, per poi ritornare subito dopo pronto per un’ulteriore performance.

Io ero solo un principiante e mi ricordo che pensai che quella frase era stata solo un’esagerazione di un uomo professionalmente stanco e alla fine della sua lunga carriera.

Solo alcuni anni dopo mi resi conto della grande verità delle sue parole, del senso di frustrazione di qualcuno che tenta di fare bene il suo mestiere e si trova giornalmente di fronte ad un muro d’indifferenza.

Cominciavo a chiedermi: quanti erano gli allievi che veramente avevano bisogno di imparare la lingua spagnola?

Pochissimi, mi rispondevo e quelli ci riuscivano, perché s’impegnavano nel farlo; tutti gli altri, che forse erano il settanta per cento, stavano lì più che altro per divertirsi e una grande percentuale di quelli che lasciavano il corso, lo facevano perché le classi erano troppo eterogenee, la lezione era una confusione... e quella piccola fetta che era veramente determinata a studiare e a imparare, era ostacolata e schiacciata da tutti gli altri.

Stiamo parlando di lezioni in classi di venti-venticinque allievi, all’inizio, che però si dimezzavano solo dopo un mese o due, in sale piccole e asfittiche, dove la porta aperta era l’unica maniera per respirare, ma il rumore che ne veniva dentro, condensato delle voci delle altre sale e del passaggio continuo di gente che parlava ad alta voce, certo non aiutava lo svolgimento della lezione.

Credo che nemmeno il trenta per cento degli allievi, poi, terminasse gli otto semestri di prassi, (che curiosamente in Brasile erano e sono approssimativamente di tre mesi e mezzo ciascuno,) adagiati pigramente nella lunghezza di quattro anni, intervallati dalle vacanze, cioè da un mese più qualche giorno a luglio e tre mesi e mezzo a dicembre.

Oggi esistono anche gli intensivi, ma solo per i primi livelli... e, per fortuna, da sempre, ci sono anche le lezioni private, attraverso le quali, con allievi capaci e giovani, senza forzare, con lo stesso carico orario settimanale del corso in questione, tutto il programma che si svilupperebbe in quattro anni, si può riuscire a fare in quattro mesi, in maniera anche migliore. (continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 11 e 23 del 16 novembre 2023

 

Egregissimo elargitore ecumenico

rispondo qui e ora alle altre tue argomentazioni di ieri l'altro, avvertirti della minaccia ludovica era più urgente.

Il rifiuto del telefono è una cosa che io stesso ho sentito, non dico che la sento ancora, perché non mi capita quasi mai di telefonare e il Brasile mi ha tolto un po’ di quella timidezza che avevo, anche facendo lezione, ci si deve abituare, ma i dialoghi e i rapporti qua sono molto meno formali e questo mi ha fatto bene, ho ragione di credere.

Abbi pazienza, sono un po’ a scoppio ritardato, qualche tempo fa mi hai parlato della tua scarsa ambizione, che anch’io ho sempre avuto e se anche tu mi dici di avere, la ritrovo in molti dei miei amici italiani. Qui vedo che seguono più questo stupido sogno americano di crescere insensatamente come stile di vita, soprattutto economicamente, che per loro rappresenta anche una certa rivalsa e un’evidente dimostrazione d’intelligenza, che invece per noi non vale, anche perché le nostre famiglie di classe media non hanno mai sofferto di povertà, se non quando c'era la guerra e dopo la ripresa e il boom economico, intorno a noi anche se ne è sempre vista poca.

Riguardo l'esagerazione italiana direi che è un fenomeno mondiale e di media, in generale rifiutare i limiti impostici dalla realtà quotidiana è una cosa apparentemente buona e giusta, ma le conseguenze sono disastrose, perché dopo la vita è un'altra e molto più complessa di una corsa al successo personale.

Rispetto ai propositi di deregulation, a questi discorsi insensati che se vuoi una cosa devi prendertela, significa che prima o poi la devi togliere a qualcun altro, i più deboli devono soccombere, per una specie di selezione naturale distorta. Come dice Falcão quando incontri una squadra debole devi golearla senza pietà, sennò lo fanno le altre squadre tue dirette concorrenti e ti esce fuori un’inferiorità in differenza reti, ma anche in autostima, insomma con questa filosofia tutto diventa una specie di Homo Homini Lupus.

Per il discorso della anacronistica esistenza e uso dell'email, tua moglie avrà anche ragione, ma io mi attacco alle cose fuorimoda in maniera incredibile, lo stesso scrivere lo è, almeno a livello di storie, di racconti, di esperienze vissute.

Dici che l’italiano ripete cose senza necessità, forse è per prendere tempo, per pensare a una risposta, non mostrare debolezza, di chi non sa cosa dire.

Io noto che là chi parla di più ha ragione e chi sta zitto non ce l’ha mai, anche se è solo un’apparenza, l’auto-affermazione qui è più educata e sorridente, l’ironia più sottile, i brasiliani sono migliori manipolatori, simulatori e dissimulatori. L’italiano si preoccupa più dell’apparenza, di mostrare anche a sua moglie che comanda lui, ma poi i fatti sono un’altra cosa. Nella maggior parte dei casi che io conosco l’uomo urla e strepita, ma la moglie da dietro muove i fili del burattino in questione.

Poi l’italiano si lamenta sempre perché ha una mentalità da commerciante, quando le cose vanno bene agisce d’anticipo e pensa già a quando andranno male. Se poi l’italiano in questione, nella vita è veramente un commerciante, per ovvi motivi è anche peggio.

Sai perché qui ci chiamano anche Carcamanos? Non molto tempo fa l’italiano, arrivato da poco e povero, ma che mirava alla scalata sociale, vendeva frutta, verdura, insomma alimenti e cose che si pesavano con quelle bilance metalliche e portatili, calcando la mano di nascosto riusciva a fare aumentare il peso della merce venduta e quindi il guadagno.


marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 10 e 25 del 22 novembre 2023

 

Caro Lucchese (ma non troppo),

non so se è stato un caso oppure è un segno. Io pendo più per quest’ultimo, fatto sta che la tua mail in cui era compresa quella del simpatico scorbutico, mi era finita tra gli Spam. Per questo ti rispondo ancor più in ritardo che del normale. Sì, ha tentato di telefonarmi ma io non gli ho risposto, tanto sa della mia fobia per l’apparecchio. Quindi mi ha “uozzappato” coprendomi di insulti, come suo solito. In realtà mi garba più così, è più schietto.

Sul suo essere massone e volermi far entrare nel gruppo, è da quando lo conosco che ci tenta. Anche perché io abito in una zona massonica. Scusa, ma la Massoneria non dovrebbe essere segreta? Invece dalle mie parti ci sono degli interi edifici in cui sulla facciata c’è scritto che è un “Grande Oriente” e pure il nome del “Gran Maestro”. Un’altra contraddizione brasiliana?

A questo punto mi domando: alle mail di Ludovico, dobbiamo rispondere? O te le becchi tutte te e poi me le ripassi? In ogni caso, da aggiungere alle sue esperienze, posso dire che qualcuno fa italiano perché pensa sia facile. Mi diverto quando dicono che è così e non vedo l’ora di fare la lezione sui plurali. Mi ricordo un alunno che si auto-proclamava “conoscitore dell’italiano a livello base”. Cioè, che conosce articoli, plurali, verbi al presente, passato prossimo, futuro e altre cosine. Bene, dopo la terza lezione, quella famigerata dei plurali, non l’ho più visto. Infatti io la chiamo “lezione della verità”: la passa solo chi è veramente interessato.

Mi parli di informalità brasiliana: è probabilmente uno dei motivi per cui gli italiani si appassionano del Paese. Mi ricordo la mia prima volta in banca. Io ci volevo andare vestito di tutto punto, ma mia moglie (mi piace parlare di lei senza dirne il nome: sembro il Tenente Colombo) mi disse che potevo andarci in pantaloncini e addirittura in infradito. Ora, te lo immagini te una cosa del genere a Pescia? Avrebbe suscitato scandalo. Aprendo una parentesi, l’ultima volta che sono ritornato là in estate, camminavo in ciabatte per le strade già sentendomi strano per questo. Quando sono arrivato nella piazza centrale, il salotto di Pescia, il mio “io interiore” si è rifiutato di entrarci e sono tornato indietro: no, in Piazza Mazzini un pesciatino non può andarci senza adeguate calzature: e se lo fa, viene subito notato. Un po’ come alla messa: qui vedo persone che ci vanno con magliette di squadre di calcio. Immagino una cosa simile in Italia: riceverebbero un’immediata scomunica. Aprendo un’altra parentesi, io sono uno che anche a lezione apre parentesi e quando deve riprendere l’argomento principale non si ricorda più qual è. Meno male ho alunni attenti. Di cosa stavo parlando? Ah, della banca. Quindi io andai là in totale abbigliamento estivo, entrai e parlai timorosamente con l’impiegata, quando lei si rivolse a me con un “vedi, Marcello”: Marcello?? Tu non mi conosci, è la prima volta che mi vedi e già mi chiami per nome? La volevo abbracciare come se fosse una vecchia amica.

La mia mancanza di ambizione mi accompagna da sempre: come dice la mia mamma, si vede che sono nato di domenica, dalla qual cosa deriva la mia pigrizia. In realtà, più che pigro, mi accontento. A scuola lottavo per la sufficienza, il famoso “sei”. Numero che è il mio preferito (non il fortunato, quello non ce l’ho) e che ho nell’indirizzo di posta elettronica. Quando ottenevo il sei, non m’interessava arrivare al sette. Ad un compito scritto di storia alle scuole medie, presi “appena sufficiente”, che sarebbe un sufficiente striminzito, al limite proprio: io ero contento ma la professoressa aggiunse un commento che terminava con un “da te esigo di più”, con la parola “esigo” sottolineata tre volte. Ed aveva ragione: fa rabbia vedere qualcuno che può ma non vuole. In definitiva, mi faccio rabbia da solo. Ma non è che mi accontento sempre: solo quando ho ragione di pensarlo. Il mio voto finale delle medie fu per l’appunto un “sufficiente” che non mi è mai andato giù. Secondo me, meritavo di più. E devo dirti che sono abbastanza obiettivo: lo dimostra un fatto accaduto cinque anni dopo. Alla fine del famoso esame di maturità, una delle professoresse riunì l’intera classe per sapere com’era andata, chiedendoci quale voto pensavamo di aver preso (in realtà lei ne era già in possesso, ma fece finta di niente). Tutti a dire “mah”, “più o meno questo”, “non lo so”: arrivata a me, io fissandola negli occhi dissi un chiaro e netto “quarantaquattro” (all’epoca il voto era in sessantesimi: equivale a 7,3). Mi guardò con aria spaventata e mi domandò come lo sapevo. Io non feci caso alla sua risposta  e le dissi che, oggettivamente, era quello che mi sarei dato, ma non ne ero affatto a conoscenza. Giorni dopo, quando appesero al muro i risultati, vidi che avevo ottenuto proprio quel voto.

Anche nel gioco ero così: nelle interminabili partite a pallone, e non solo, sull’asfalto tra bimbetti, io giocavo solo per divertirmi. Chiaramente lottavo per vincere, ma se ciò non accadeva non era una tragedia. Invece ho visto amici piangere per una sconfitta oppure addirittura per una vittoria. Così, anzi di più, pure nel mini basket. Al momento del setaccio di chi vermente voleva diventare un atleta, me ne andai.

Il termine “carcamanos” lo conoscevo: cioè, l’ho conosciuto qua. All’inizio non ne capivo il significato, poi qualcuno me l’ha spiegato: chissà, magari sei stato tu.

Invece ricordo bene quando, dopo pochi giorni dal mio trasloco in Brasile, alla Fiera del Libro avevo fame e vidi scritto panini con salsiccia toscana. Prendendola, mia moglie disse al venditore che io ero proprio toscano (al contrario della salsiccia, che poteva provenire da tutte le parti meno che dalla nostra terra). Lui allora mi disse: “Italiani, brava gente”, ed io sorrisi orgogliosamente. Sorriso subito spento da quello che aggiunse: “Ma tutti ladri”. Mia moglie, quasi scusandosi, si affrettò a spiegarmi che era una specie di modo di dire

Per quanto riguarda il Cinema Italiano, ancora non ho deciso se e quando ci vado. Probabilmente lo farò all’ultimo minuto e ciò esclude un nostro eventuale incontro. Sicuramente il nostro intellettuale conoscente rompiscatole li vedrà tutti e ci sommergerà con i suoi commenti. Suggerisco, quindi, evitarlo nei prossimi giorni. Già, il problema è che sarà lui a non evitarci.

Marcello

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 9 e 23 del 23 novembre 2023

 

Carissimo Carismatico Carciofino Carolingio

codesti coloriti appellativi li ho imparati da Ludovico, parlando li usa anche con i suoi cani, con il suo avvocato, la donna di servizio Thais e sua zia Dianora, indifferentemente dal loro significato o potenziale interpretazione. Lo so che non hanno senso, ma ci dobbiamo magari abituare a lui e poi ci si romperebbe pure la monotonia di dover usare sempre i nomi propri delle persone, sempre uguali negli anni e nei secoli. Che palle, dice lui e stavolta concordo.

 La Massoneria è segreta ma non troppo, diciamo che non è fuorilegge, ma alcune loro pratiche lo sono e comunque sono tantissimi ormai nel mondo, ho fatto uno specie di studio.

La Massoneria cerca di raggiungere i propri obbiettivi attraverso il consenso popolare, anche se mira a certe fasce privilegiate e ne esclude altre meno utili, però cerca almeno di non inimicarsele, di arruffianarsele con il minor sforzo possibile. Per ottenere il consenso vi sono alcuni veicoli particolarmente efficaci, te li sintetizzo.

In primo luogo concedere vantaggi indebiti, pensioni e salari ingiustificati ed ingiustificabili, trattamenti di favore, chiamandoli “diritti precostituiti”.

Si legano a loro affiliati disposti a tutto pur di continuare a mantenere i propri privilegi.

Altra tattica è distruggere la resistenza etica e morale dei cittadini, alienandone la libertà.

Dare alla massa droga, alcolici, legalizzare ogni sorta di perversione così da distruggere alla radice la residua dignità umana.

Combattere con ogni mezzo la vecchia nemica: la religione e la Chiesa che la rappresenta.

Solo la Chiesa sa dare martiri sull’altare della Verità.

Non solo, ma la Massoneria si propone essa stessa come religione, secondo alcune fonti la distruzione della Chiesa si sta consumando oggi con la massoneria infiltrata al suo interno.

Rimangono un Segreto di Pulcinella le dimissioni di Papa Benedetto XVI, che andava contro poteri molto più grossi e grassi di lui.

Italiani brava gente, ma tutti ladri al mio arrivo qua me lo hanno detto mille volte, praticamente ogni volta che venivo presentato come italiano autentico. Verso la duecentesima volta ho iniziato a non lasciarli finire e li fregavo, precedendoli sul tutti ladri finale.

Ludovico ti ha coperto d'insulti? Strano, non è da lui. E poi ti ha chiesto umilissimamente scusa? Dopo ha alternato i due atteggiamenti fino a non capire più se parlava sul serio o scherzava? Beh, allora era proprio lui.

Devi sapere che a Ludovico io ho sempre e sistematicamente mentito, non è che non se ne accorge, ma lo considera normale e umano, fa finta di crederci. Oppure se ne dimentica subito dopo, ci sono cose che si ricorda bene, anche a distanza di mesi se non anni, altre che elimina immediatamente dalla memoria, non so se usa un criterio con parametri di importanza o cosa, ci sto studiando ma per ora non ho una risposta chiara e definitiva, e nemmeno confusa, parziale o provvisoria.

Quanto all'ambizione credo che la maggior parte dei miei amici ne era privo, ma in giro non solo tra di noi, ma intorno anche se ne vedeva poca o nulla. La sua mancanza l'ho notata per la prima volta qui, forse perché in Brasile è più rara e ce l'abbiamo in comune anche con Ludovico, se ce l'ha è nascosta, la sua ambizione, nel mezzo di tutte le altre cose si perde e non si vede.

Un'altra teoria che sto elaborando è che la sua mente è un po' troppo fervida e il resto del corpo non riesce ad accompagnare quel cervello che se ne scappa sempre altrove.

Con uno come lui non puoi batterci di fronte, l'unica maniera è nascondergli la verità. Io sono una persona anche troppo sincera, ma con lui dire bugie mi garba e poi ci sono anche affezionato, in qualche maniera. A Ludovico, non alle bugie.

Questo suo comportamento irrazionale ci consente di contraddirci più volte, senza che lui dica niente, come ho fatto recentemente, dicendo che la nostra corrispondenza aveva non due ma più personaggi e piuttosto importanti e poco dopo negando addirittura che ne esistesse una, dichiarando che era solo una mia invenzione per poterlo prendere per il culo di più e meglio.

Insomma Ludovico non esclude che sia vero, quello che gli dico e non mi pare un tipo di reazione sbagliata la sua. Quando non si sanno le cose, è difficile avere certezze, inventarsi un'innegabile ma falsa verità e poi crederci ciecamente è il tipo di atteggiamento più comune.

Gli ho preparato e spedito le nostre e-mail tutte, ma ci ho tolto o addolcito in alcuni casi le parti in cui si parla di lui, vediamo come si comporta.

Per tutta risposta mi ha mandato, senza alcun commento questo pacco che mi è sembrato interessante e divertente, nello scrivere forse è meno esagerato e bipolare, alla sua maniera acuto e originale.

Si può commentare quello che dice e comunque è bene ricordarsi che si ha a che fare con un tipo da spiaggia... insomma un bizzarro, uno stravagante intelligentissimo, una tigre non sempre moderata.

Che ti devo dire: boh?

Ludovico parla non so quante lingue, credo una decina e non contento s'impara anche il gergo toscano, ora sta voracemente attaccando il romanesco. Ludovico è imprevedibile e per me questo è un complimento, perché il resto del mondo da me conosciuto mi pare già troppo visto e sentito, lo trovo ripetitivo e banale.

Lo sapevi che è ebreo e che ha fatto anche l'attore? Possibile che sia veramente un Massone? Forse lo dice per scherzo, proviamo a chiedergli di partecipare.

Gli hai chiesto come vanno le vendite del suo libro?

Naturalmente da questo momento in poi non si può parlare male di lui, o perlomeno si deve tener conto e responsabilizzarsi per ogni cosa detta su di lui, tali affermazioni potrebbero fomentare polemiche o intemperanze del suddetto barbuto pelato rompicoglioni, passo e chiudo.

I testi Ludovico me li manda a me e io li metto qui nel pacco grande, mi riservo una certa censura e lui il documento vero e grande non lo vedrà mai.

Quando mi ha mandato la storiella preistorica che segue gli ho telefonato per chiedergli se quel testo sui professori e gli allievi di spagnolo sarebbe poi continuato. Lui non mi ha risposto e ha cominciato a disquisire sul dialetto romanesco che poi non è un dialetto vero e proprio, ma una specie di gergo. Gli ho più volte chiesto di quell'altro testo e pareva non capire di che diavolo stessi parlando e comunque non mi ha mai risposto. Insomma secondo me non se ne ricorda proprio.

 

 

STORIA DEL CAZZO

 

L'epoca che più mi garba è la preistoria, sia per l'elasticità dei limiti temporali, che per la mancanza di regole e leggi, per l'ampio spazio disponibile per ipotesi - eventuali e potenziali spiegazioni per quello che è successo dopo - e soprattutto per la totale assenza di politica e guerre.

Se il genere umano esiste da 3 milioni di anni o anche più, i Neanderthal sono rimasti con noi, che saremmo i Sapiens, qualcosa tra i 70 e gli 80 mila anni, poi si sono estinti, un po’ come i dinosauri, facendo spazio ai mammiferi.

Dicevano che non si erano mischiati i due ceppi, ma ultimamente hanno ammesso che invece sì. Ci sono alcuni difensori, in alcune squadre di calcio, alcuni determinati padri di giovani fidanzate che ho avuto modo di conoscere, che anche volendo non potrebbero negare la loro appartenenza.

Il Sapiens, che veniva da sud era più slanciato e meno forte, forse più intelligente, il Neanderthal che era già lì e li aspettò - meschino - a piè fermo, era una specie di Hulk peloso e di un altro colore, meno verde e più sul rosa, aveva la mascella assai pronunciata da carnivoro e forse era anche meno svelto di cervello, si capisce anche dai suoi utensili che erano certo più rozzi di quelli dei Sapiens.

Per 70.000 anni i Sapiens e i Neanderthal hanno convissuto, l'agricoltura esiste però da 10.000 approssimativi, prima gli uomini cacciavano e pescavano, le donne intanto inventavano un allevamento e cominciavano a coltivare, ma i primi animali domestici furono i lupi e la donna visto come facevano loro, quando si accoppiavano, cominciò a capire anche i loro figli da dove venivano.

Lavorare è noioso e sgradevole, non è per un altro motivo che hanno inventato la schiavitù e il salario minimo. Perché allora l'uomo ha preferito l'agricoltura e abbandonato la vita da nomade, perché ha preferito il lavoro massacrante della civilizzazione al vagabondaggio attivo del Paleolitico? È qui che casca l'asino: per causa dell'inerzia. L'uomo vuole la routine anche se la routine è noiosa, pesante, sgradevole perché la routine gli dà la sicurezza. L'uomo preferisce le certezze della prigione ai dubbi della libertà!

Insomma l'avere è nemico dell'essere, ma bisogna riuscire a farli convivere. Come l'uomo e la donna che sono opposti, complementari e a volte, purtroppo o per fortuna, anche supplementari.

Il problema è che la vita agricola dipende essenzialmente dalla terra cioè l'uomo aveva bisogno di possedere la terra per ovvi motivi agricoli.

Ecco il verbo decisivo: avere.

Fino a quel momento l'uomo non aveva niente, il maschio non aveva nemmeno i figli, perché i figli appartenevano alle donne.

Per più di due milioni di anni l'uomo non ha lavorato, al massimo costruiva le sue armi rudimentali, ma non si poteva chiamare lavoro, perché succedeva ogni tanto.

L'uomo non aveva beni, non aveva la casa, non aveva mobili, aveva alcuni pochi utensili personali che si portava dietro, ma se li avesse persi poi poteva costruirne di nuovi facilmente, con quello che gli offriva la natura: una pietra da lavorare, una lancia da affilare, insomma un bastone per farlo diventare una lancia.

 Allora l'uomo cominciò ad aver bisogno di possedere, aveva bisogno della terra per piantare, per coltivare la sua nuova agricoltura, una casa dove abitare. In questa casa bisognava avere lo spazio per dormire e mangiare, ci dovevano essere gli strumenti per lavorare la terra e armi per proteggerla. Ora l'uomo aveva qualcosa, la proprietà è stata un sottoprodotto dell'agricoltura.

I Sapiens iniziarono a salare la carne, nelle terre fredde facevano buchi e congelavano gli animali uccisi. Il cane, figlio bastardo del lupo, iniziò ad aiutare l'uomo a cacciare, alcune specie si estinsero con la caccia intensiva, allo stesso tempo alla fine dell'Era Glaciale il ghiaccio si ritirò verso i poli e aumentarono le foreste, i grandi animali che correvano nelle praterie diventarono sempre più rari.

Con  i nuovi sistemi riuscirono a mantenere la carne per maggior tempo e allora cominciarono a cacciare in maniera più sistematica e continua. Arrivarono a costruire fionde, arco e frecce, dei grandi imbuti fatti di muri di pietra, dove gli animali venivano spinti e massacrati, quando in fondo non avevano più dove fuggire, un po' come le tonnare diventate recentemente fuorilegge.

 Il Neanderthal non pianificava, era a livello di tecnologia inferiore e antiquato, perciò si estinse. L'agricoltura,  l'allevamento e la vita sempre meno nomade, diventarono la normalità un po' dovunque, la proprietà fu una conseguenza  della nuova vita sedentaria.

Il sesso è una cosa da uomini, forse perché dietro c’è una caccia, un desiderio di conquista, quasi come se fosse sbranare la propria preda.

Inutile negare che ci siano alcune, poche, dilettanti che si sentono di fare un po’ la stessa cosa, però è più per nervosismo e istinto d’imitazione. La donna è più madre e regina della grotta, o capanna che sia, governante del suo territorio e relativa prole, galline, anatre, capre e pecore incluse.

L’uomo dal canto suo è un pavone che cerca d’impressionare la sua femmina, mostrare la sua forza fisica, la sua fama, il denaro, il potere, la sua falsa sicurezza e alla fine è solo una facciata e dietro non c’è niente, perché non c’è stata né occasione né tempo per uscire da quel tunnel e farsi una pensata, per capire qualcosa della vita e del mondo.

La monogamia è una cosa da donne, ma oggigiorno tu che sei un uomo ti vedi obbligato, forzato, anche tu a essere monogamo.

Oggi è brutto non essere monogamo: non è peccaminoso, non è illegale, non è nemmeno immorale, è brutto e non c'è bisogno di niente di più per opprimere e far vergognare e anche schiavizzare qualcuno. Sì, ti sei trasformato in uno schiavo della monogamia.

E perché poi un uomo e una donna, e non due uomini e una donna, o due donne e un uomo, come fanno per esempio gli indios in Amazzonia, in questi grandi comunità pare che nessuno sia di nessuno, e che non ci siano pretese di questo genere, che secondo me sono ancora assurde e generano anche malintesi e screzi, dove non sono assolutamente necessari, la vita è già abbastanza complicata.

Ho avuto un discreto successo con le donne, per come viene comunemente inteso, anche se fisicamente non sono affatto una bellezza e non sono ricco per niente. Tra cui tre mogli che mi hanno tutte mandato affanculo e probabilmente avevano ragione loro e non io. Avere ragione è una cosa che mi ha sempre interessato poco, e forse ho sbagliato a vivere così, ma sono un po' troppo attempato per poter pensare di cambiare.

Eppure da qualche anno questo interrogativo va e viene, ogni tanto mi ritorna in mente, forse è una domanda che almeno in teoria dovrei affrontare.

Perché esiste la monogamia?

All'inizio e per qualche milione di anni non c'erano pretese coniugali perché il matrimonio non esisteva, non c'era nemmeno la famiglia e l'uomo non sapeva nemmeno che per fare figli era fondamentale la sua partecipazione. Ancora oggi tribù indigene considerano la fecondità femminile causata dalla luna piena, dai bagni nel fiume in determinate epoche, punture di alcune zanzare eccetera.

In un secondo periodo, in queste pratiche comunità, dato i tempi che correvano, l'uomo non sapeva mai chi fosse il proprio figlio, se ogni donna poteva farlo con tutti. Il discorso della coppia fissa forse è iniziato come una funzione di protezione della proprietà, da parte della donna. L'uomo poteva continuare ad andare con le altre, ma la coppia fissa - per questioni pratiche di eredità - era la soluzione femminile di chi era madre e faceva i suoi primi storici passi, per la società in cambiamento.

Per avere un esempio più recente, di quello che invece potrebbe succedere, c'è una commedia di Eduardo De Filippo, Filumena Marturano, diventato poi il film di De Sica Matrimonio all'italiana con Sofia Loren e Mastroianni, anche lui Marcello.

Non si sa se prima o dopo che l'uomo avesse capito, perché glielo aveva detto la donna, che per fare i figli anche il suo intervento era importante.

Secondo alcuni studiosi, è l’homo sapiens il primo essere umano con la forma della bocca e degli organi della gola adatti a parlare.

Ciò che conta è che per mezzo del linguaggio, gli uomini preistorici furono in grado di stabilire rapporti sociali più complessi. Tra l’altro, essi poterono trasmettere informazioni. Per esempio, gli adulti poterono educare i giovani insegnando loro le proprie conoscenze, come accendere il fuoco, cacciare gli animali, curarsi con le erbe.

Queste conoscenze poi si consolidarono e si ampliarono nelle generazioni successive. Di conseguenza, la tecnologia poté svilupparsi e diffondersi sempre di più.

Il fatto di poter rimanere a lungo - supportati indipendentemente dall'erezione - nel corpo della partner sottrae tempo ai rivali e aumenta le chance di assicurarsi una discendenza. La poligamia e la presenza di accoppiamenti stagionali, infatti, sono fattori predittivi della lunghezza dell'osso penico nei primati.

Non tutti sanno che come il cane e tanti altri mammiferi, l'uomo aveva un osso nel pene, detto baculum che aveva una sua precisa funzione. La storia evolutiva di quest'osso, scopriamo che iniziò a evolversi tra i 145 e i 95 milioni di anni fa. Era quindi sicuramente presente nel più recente comune antenato di primati e mammiferi carnivori. Il motivo per cui poi, in alcuni discendenti è andato scomparendo sembra legato alle modalità di accoppiamento. Nei primati, la presenza del baculum è legata alla maggiore durata dei rapporti, essenziale per garantire alte possibilità di generare prole nelle specie poligame, in cui molti maschi si accoppiano con molte femmine. Nell'uomo le cose funzionano diversamente. Gli scienziati ipotizzano infatti che l'essere umano abbia perso l'osso del pene quando la monogamia è emersa come la strategia riproduttiva dominante, circa 1,9 milioni di anni fa, al tempo dell'Homo erectus. A quel punto non c'era più bisogno di far durare la penetrazione tanto più a lungo, e l'osso è scomparso.

Detto questo, l'amore romantico probabilmente ha fatto i suoi primi passi nel Medioevo, in precedenza il cristianesimo aveva condito il sesso con la colpa, aveva elevato lo spirito a discapito della carne.


Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 17 e 49 del 28 novembre 2023

 

Carissimo Appellativo,

essendo io quasi del tutto privo di fantasia, non troverò tanti nomignoli per chiamarti con tanti soprannomi differenti. Perciò, accontentati di uno.

Ma in una cosa ti assomiglio: quella di anticipare la frase tutti ladri. Anzi, quando mi presento come italiano DOC la dico già tutta per intero: brava gente ma tutti ladri. Sulla Denominazione di Origine Controllata, un mio conoscente catarinense di origini siciliane, divide la categoria degli italiani in “italiani di origine”, “italiani DOC”, cioè gli italiani nati ma che risiedono all’estero e “italiani DOCG”, quelli nati e residenti in Italia. Quindi, noi facciamo parte della prima categoria: abbiamo perso la “G” del Garantita.

Il poliglotta mi ha detto che è riuscito a vendere qualche copia, soprattutto alle scuole d’inglese. Non mi sembrava granché soddisfatto: anzi, era un po’ giù di morale. Dalla nostra ultima mail non l’ho più sentito, neanche per Uozzappe. Ma sappiamo che lui è così: infatti poi ha sfornato quel saggio sull’umanità dall’eloquente titolo e quando scrive così non può che star bene. Non so da dove gli spuntano tutte queste idee. A me, quando si parla di Neanderthal, viene in mente la canzone del 1970 degli Hotlegs, “Neanderthal man” appunto. Quando da (molto) piccolo l’ascoltavo, muovevo ritmicamente per tutta la sua durata la testa in avanti.

Così, mentre Ludovico scriveva, io ero molto più volgarmente occupato nel “venerdì nero”. In realtà non cercavo niente, tant’è vero che mi trovavo in un supermercato: niente vestiti o elettrodomestici. Anni fa ne uscii con più di dieci pacchi di pasta, di minestra come diciamo noi toscani, quest’anno c’era un interessante sconto sui vini importati. Ma non è su questo che ti voglio scrivere. Lo spunto mi è venuto dalla foggia (ogni tanto metto qualche parolone per sembrare una persona seria) proprio delle bottiglie.

Pensavo così ad un aspetto della terra che mi (ci) ospita. Mi piace parlarne solo con persone che conoscono la mia decennale passione per il Brasile perché sanno che, se lo critico, è con affetto. Gli altri potrebbero giustamente dire che se a me non piace, posso anche tornare da dove sono venuto. Ma, come dicevo, sono liberi pensieri che fanno capolino.

Ordunque, guardando le varie bottiglie, mi sono posto una questione. Il Brasile vuole essere un protagonista nello scacchiere mondiale ma al contempo sembra voglia isolarsi. La sua volontà di voler far parte del mondo, del mondo “che conta”, fa a cazzotti con cose pratiche che lo isolano. Per esempio, mi hanno detto che i pochi chilometri di ferrovia esistente hanno uno scartamento differente dall’Argentina. Un ipotetico treno merci dovrebbe, quindi, fermarsi a Uruguaiana, scaricare tutto e ricaricarlo su un altro treno al di là della frontiera. Il problema non si pone, vista la scarsità di questo mezzo di trasporto, però lo trovo un segno.

Parlando di treni, una volta andai nel sud del nostro Stato, vidi un segnale con scritto Pare, escute, olhe nella strada che attraversava un binario. Percorrendo in macchina questo tratto, non feci nessuna delle tre cose scritte lì, perché, a parte la Trensurb e le turistiche Maria Fumaça, non ero a conoscenza di linee ferroviarie attive. Quando, successivamente, vidi accanto alla strada che stavo percorrendo un treno in movimento, mi venne un colpo. Ma allora, i treni esistono! Ed io che avevo attraversato quel passaggio a livello senza sbarre a velocità normale, infischiandomi altamente del segnale!

E le spine della corrente? Quelle con tre perni non allineati? In quale altra parte del mondo sono così? E, visto che parliamo, anzi, parlo di luce, perché ci sono due linee di tensione elettrica nelle abitazioni, a 110 e 220, nello stesso Paese, nello stesso Stato, nello stesso Comune, nella stessa città e, nel mio caso, nella stessa casa? Perché, Alfredo, perché??

Torno alle bottiglie che mi hanno fatto iniziare questo discorso. Non so se è un caso, ma le marche di vino brasiliane che compro hanno un formato di bottiglia diverso dalle altre (italiane, cilene ed argentine, per esempio). Sono più strette ed hanno il collo più lungo, cosicché non mi entrano in vari mobili di casa.

Insomma, in tutti questi casi il Brasile si differenzia da chi lo circonda, come se non volesse far parte del resto del mondo. Allo stesso tempo, corre dietro a tutte le sedie possibili delle varie organizzazioni internazionali affinché, di questo stesso mondo, sia considerato un attore principale.

Ieri ero dalle tue parti, ma non avendo un orario certo, non ti ho chiamato. Su queste cose sono abbastanza puntiglioso: se non sono sicuro dell’orario, preferisco soprassedere. Anzi, più che puntiglioso, sono ansioso. Quando vado dalla dentista, per esempio, spesso arrivo così in anticipo che poi ne esco all’ora in cui sarei dovuto entrare. E l’ansietà è un grosso problema, Alfredo. Per cercare di mitigare questa oppressione per quello che verrà, cerco di non pensarci. Prima ero uno che pianificava, aveva un piano A, un piano B e un piano C (a volte arrivavo alla Z).

Oggi il mio futuro è quello di organizzare le lezioni della settimana il lunedì mattina. E se vado oltre, è sempre causa lavoro. Per il resto, si vede quello che verrà. Non arriverò mai ad essere come gli indios, che se trovano due cinghiali ne ammazzano uno solo, perché è quello che serve per togliere la fame di oggi (al domani, ci pensano il giorno successivo), però cerco di non ammalarmi di “futurite”.

Auguste de Saint-Hilaire scrisse che la civiltà indigena  ha come scopo il presente, mentre quella occidentale ha la mente proiettata nel futuro: dunque non si sarebbero dovute mischiare, perché entrambe avrebbero perso una parte importante di sé senza assorbire completamente quella dell’altro e ciò avrebbe causato seri problemi. Chissà se è stato davvero così, se i problemi del Brasile sono dovuti a questa miscela incompatibile che non lo fa essere né carne né pesce (che comunque ne spiegherebbe le varie contraddizioni), oppure  se è proprio questa la sua ricchezza.

Con questo pensiero pseudo socio-filosofico e la dotta citazione messa lì per darmi una certa importanza, ti saluto. O dovrei dire, VI saluto?

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 21 e 36 del 30 novembre 2023

 

Notabile Notaio Nuccio Notarbartolo

ci sono varie versioni dei fatti, ma la più accetta è che non c'è un modello nazionale per la tensione o voltaggio che arriva alle prese della nostra casa. Quando il Brasile ha cominciato a mettere sulla sua rete elettrica nell'inizio del secolo 20 le differenti compagnie hanno stabilito in ogni regione del paese la scelta del sistema 110 o 220 volt.

Dipende dal paese di origine delle prime imprese e da un'analisi di costo la quantità di consumatori per metro quadrato, il denaro per l'installazione e per il materiale necessario come trasformatori e cavi.

Le prime concessionarie che hanno distribuito l'energia nella regione Nordest hanno optato per il sistema 220.

Nei due casi i sistemi continuano gli stessi fino a oggi perché dopo essere installata è difficile riformare tutta la rete di distribuzione,  costerebbe troppo troppi soldi e non c'è nessuna ragione forte per giustificare questo questa spesa. Esistono vantaggi e svantaggi per ogni tipo di sistema, secondo me per quello che ho letto il 220 sarebbe meglio in generale, ma il discorso dei soldi di solito è quello che comanda, non solo in Brasile.

Nessuno più del Brasile avrebbe bisogno di treni, il suo territorio senza montagne o quasi e con lunghe e lunghisime distanze ne trarrebbe un garnde giovamento, per il commerico e il trasporto  di passeggeri, ma le mafie riunite in un solo grande organo, il governo, hanno deciso di no, alleluja.

Le prese elettriche poi sono state una grandissima presa per il culo gigante, ma qualcuno ci ha guadagnato assai. Come il kit obbligatorio per i primi soccorsi in macchina, forse te non eri ancora arrivato in Brasile, ma appena se lo sono comprato tutti non era più obbligatorio e qualcuno ci ha lucrato quanto ha voluto.

Quanto alle bottiglie io non mi sento un grande patriota, nel nostro caso non sono nemmeno mezzo brasiliano, ma lo farei lo stesso, anche nel caso di bottiglie italiane e io fossi ancora piazzato da qualche parte sulla nostra amata penisola, oppure anche qui dove sono adesso.

Lo confesso: non mi sento per niente responsabile né tantomeno colpevole, da anni non compro più vino brasiliano, per un discorso di qualità prezzo, che non è affatto trascurabile. Il vino cileno, uruguayano e argentino in generale è assai più conveniente.

Però se ora mi dici che le bottiglie hanno una misura differente, e tutte le altre sono più pratiche, non potevo farci caso prima, ma ora che lo so mi sento ancora di più di essere sulla buona strada.

Il ballo di Neanderthal Man che mi viene in mente è quello assai buffo di Panelli e Fabrizi, Bice Valori e Ave Ninchi  nel varietà televisivo Speciale per noi del 1971, si trova ancora su Youtube. Il gruppo degli Hotlegs poi diventò più serio, si chiamò 10.cc. e sfornò dei successi internazionali come I'm not in love. Il re dei lenti da discoteca, all'epoca tanto importanti per arrivare al dunque, al proverbiale o la va o la spacca.

L'ansia, caro Marcello, è uno dei punti chiave della vita, se riesci a sconfiggerla sei già avvantaggiato, ma dimenticarsela è difficile assai e se sei troppo tranquillo l'evoluzione ti massacra, un po' di tensione è necessaria.

Una delle cose che ho imparato qui in Brasile è che è meglio non esagerare. Lo sapevo anche prima, ma alcuni sistemi pratici che fanno dell'uomo un animale intelligente, soprattutto se non usa contro di sé questa intelligenza, ma a suo favore.

Il fatto è che siamo abituati dalla società stessa ad abbandonarci dentro certe paranoie quotidiane che invece non fanno per noi, esseri limitati, nello spazio e nel tempo.

Per esempio fino ad ora non ho mai preso sul serio niente che avesse a che fare con Ludovico, ma oggi ho avuto la sensazione che qualcosa di serio stia effettivamente accadendo, oppure è già accaduto.

Non so se conosci Thais, la sua donna di servizio, un paio di ore fa è venuta a casa mia piangendo, dice che Ludovico è scomparso.

Avendoci parlato solo per telefono mi figuravo un donnetta striminzita e in là con l'età, scura di pelle e odorosa di bagnischiuma a buon mercato.

Ci ho indovinato poco, forse solo sulla pelle. Mi sono trovato davanti a una donna a suo tempo bell'assai, ma che piangeva un po' troppo, per essere una donna di servizio che stava potenzialmente per perdere il suo stipendio.

Per fartela breve Ludovico è scomparso, tra un singhiozzo e l'altro Thais mi ha detto che il suo principale (o innamorato che sia, forse anche fidanzato, ma non credo sposo, per via delle di lui idee a riguardo) insomma Ludovico, se ne era andato via qualche giorno fa, in Patagonia, a Ushuaia per la precisione, la città più a sud del nostro continente.

Il racconto che mi ha mandato lo ha spedito lei stessa, secondo le sue istruzioni, ma te quando lo hai visto l'ultima volta? Io ci ho parlato circa cinque giorni fa, uozzapandomi forse già in Patagonia argentina.

Mi aveva accennato di questa gita organizzata, senza specificare né data né permanenza, ma io distrattamente me ne ero fregato e lui mi aveva mentito: era laggiù per affari e secondo Thais la sua sparizione ha qualcosa a che fare con gli stessi.

Pare che abbia una causa in corso addirittura con la famiglia Bernascon, la nostra cara famiglia veneta ha grandi possedimenti là e pare che l'unica via di comunicazione tra due grande appezzamenti di terreno, passi per un pezzo di terra di scarso valore, tra rocce e montagne, di proprietà dell'amico nostro, che pur più volte sollecitato non vuole assolutamente cedere.

Ora è venuto fuori che io sarei il suo migliore amico, (figuriamoci il peggiore se ci riusciamo) e che devo assolutamente occuparmene personalmente, sennò non si sa chi. E che te ovviamente come miglior amico del miglior amico anche e alla svelta, seppur in seconda battuta o terza.

Sono andato a parlare con sua zia Dianora, per scoprire che anche lei è un bel pezzo di femmina, sebbene non più adolescente e che probabilmente non è nemmeno sua zia, piuttosto una sua seconda amante, ma solo in un ordine di scoperta mia personale.

Dianora potrebbe essere la compagna principale, di origine italiana, e nata a Buenos Aires, nonché cresciutaci fino all'età di 18 anni. O peggio ancora semplicemente una delle due e ce ne potrebbero essere anche altre, a questo punto non mi sorprenderei affatto.

La polizia argentina ignora il fatto, sennonché Ludovico risulta essere arrivato là e poi se ne sono perse subito le tracce, aveva prenotato una stanza in una specie di hotel di campagna, El Lobo Blanco, le sue cose però non sono rimaste là, perchè lui pur perdendo i soldi della caparra non si è mai presentato.

 Thais si è spaventata dal fatto che il nostro non ha più mandato notizie da giorni, lui le telefonava sempre di sera e anche Dianora conferma la stessa impressione.

Le due sanno reciprocamente della loro esistenza, pare e sembrano liete di dividersi, non so quanto equamente, il barbuto in questione, che forse a tempo pieno non riuscirebbero a sopportarlo tutto. Sembra anche che il loro rapporto duri da anni e che attualmente non ci siano altre amiche o concorrenti, ma una o due sembra che si siano perse per strada.

Insomma vogliono che io vada là a vedere, a cercarlo. Io ho cercato di schivarmi, gli ho detto che lo conosco appena, ma non ci hanno creduto. Pare che gli parli assai di me, anzi di noi due, e sapevano anche della nostra corrispondenza segreta. Non gli ha detto che era segreta solo per lui, Ludovico, anche se parzialmente.

Stasera ero un po' dubbioso, ci vado oppure no? Volevo  chiederti se venivi anche tu, ma so che non puoi per impegni di lavoro e di matrimonio. E poi con una testa matta come lui potrebbe anche essere una bischerata, o un capriccio, chi lo sa? Magari uno scherzo.

Di positivo c'è che sarò completamente spesato dalle due donne, che se ho ben capito non hanno problemi di soldi, i quali poi per la proprietà transitiva dovrebbero essere dello stesso Ludovico.

A giudicare dalla casa mi pare che se la passi bene, sono dieci anni o più che lo conosco e - sebbene più volte invitato - non sono mai andato a casa sua, gli ho sempre inventato delle scuse.

Mentre ti scrivevo mi sono reso conto che gli voglio bene, in qualche maniera incomprensibile, a questo pazzoide  e nel frattempo mi è arrivata questa continuazione del racconto sulle lezioni di spagnolo, mandata da Thais, ma su istruzioni temporali di Ludovico, senza dubbio.

Da questo pezzo si capisce anche una cosa che non sapevo:  Ludovico non ha sempre vissuto qui. So che Voronov è un cognome falso, che è di origine italiana e dovrebbe chiamarsi Pizzi, notizie avute da un amico-conoscente comune e che sarebbero ancora da dimostrarsi.

Prima viveva in Spagna o altrove?

Parlando di lui la risposta spesso è questa: boh?

 

Parte 2

Di chi è la colpa di tutto questo imbottigliamento linguistico? Di tutti, anche dei professori, naturalmente, ma in Brasile le cose funzionano così, bisogna conformarsi, tutto si livella dal basso, perché se si facesse il contrario si perderebbe la maggior parte dei partecipanti.

Qua, disgraziatamente o per fortuna, tutto è in funzione di un rapporto sociale assai rilassato e gradevole tra le persone, che noi in Europa potremmo e dovremmo anche invidiare, ma c’è da notare pure che questo limita e confonde, a seconda dei casi, la pretesa serietà di tutto quello che si cerca di fare tra il Carnevale e il Natale, tra la Pasqua e la decina di ponti festivi che interrompono, disgraziatamente... ma anche per fortuna, ogni tentativo di continuità.

Le condizioni in cui si danno le lezioni sono di confusione, spesso con un calore insopportabile, poi, se si accendono i ventilatori, le già proibitive possibilità di udire qualcosa si assottigliano ulteriormente, i divisori tra le aule sono pannelli di plastica, le voci di tre professori si sovrappongono e diventano un’unica confusa zuppa di parole, che non hanno niente a che fare tra di loro, gli allievi arrivano a metà lezione e se ne vanno dieci minuti prima, nessuno studia a casa o quasi.

Certo in Spagna, una lezione di portoghese sarebbe una cosa differente, una cosa noiosa e ripetitiva, forse anche banale, senza nessun colpo di scena e gli allievi si limiterebbero a imparare, in silenzio, senza protestare, senza scherzare troppo e si concentrerebbero solo in quello, studierebbero perfino a casa e tutto diventerebbe asettico e normale.

In Brasile, invece, ho conosciuto innumerevoli e interessanti variazioni su questo tema: la lezione è più teatrale, i professori – per essere uditi - gridano ancora come ossessi, gli allievi, (bambini, adolescenti, o adulti che siano,) sono indisciplinati, lo sono per motivi storici e ambientali, per cause climatiche, per la maniera che hanno di vivere e perfino per il tipo di scuola a cui sono abituati.

Abbastanza frequente è anche il caso degli allievi che rifiutano di essere corretti dai professori, che ne contestano le regole, ecco, gli insegnanti, non perché abbiano studiato la materia e/o siano spagnoli, non devono aver per forza ragione, o addirittura fargli notare di fronte agli altri di aver sbagliato la pronuncia...

Però, nonostante la loro leggera, media, o un po’ più forte difficoltà nel considerare l’idioma in questione serenamente e seriamente, anche se in Brasile il rispetto si conquista millimetro su millimetro, giorno per giorno e non è mai una cosa acquisita definitivamente, mi sono veramente divertito in questi quasi dieci anni e tanti allievi sono diventati anche miei amici.

È facile immaginare che la situazione, all’inizio per certi bacchettoni europei può sembrare drammatica, ma ripetuta per mesi e poi anni, è oggettivamente comica e devo ammettere che mi insegna giornalmente molte cose sulla vita, sulle persone, su come è migliore il modo d’interpretarla di questo popolo.

Il gioco di cintura è quello che noi possiamo imparare in Brasile, la flessibilità, il saper giocare con le persone e le situazioni, come se tutto fosse uno scherzo.

È fin troppo facile dire che tutto è serio ma non troppo, il difficile è applicarlo in tempo reale, la vita europea insegna esattamente il contrario, tutto è serio o perfino tragico al momento e, solo per pochi illuminati, diventa divertente e comico dopo, ripensandoci.

Il bello invece è divertirsi mentre le cose succedono, dà una dimensione più viva e presente, nel nostro mondo decadente d’oltreoceano non ci si riesce più bene, forse da una ventina di anni.

Nelle lezioni di spagnolo, anche se la porzione di lingua messa in pratica e in teoria, era ed è scarsa, zoppicante, insufficiente... però il tempo scorre bene e ci divertiamo.

Dopo questi nove anni, quasi dieci, per causa di questi imprevisti tecnici... e della mia conseguente scelta razionale di non pretendere ciò che un individuo, o una classe intera, manifestamente non vogliono fare, sono sempre più convinto che, anche se qua non si sa bene cosa si sta facendo, lo si fa lo stesso e mentre lo stiamo facendo, si sta meglio e se non s’impara quella cosa che volevamo, forse, se ne imparano altre.

Purtroppo, lavorare la notte, per un professore di spagnolo a Porto Alegre, si ritiene quasi obbligatorio, perché la maggior parte dei potenziali allievi è occupata tutto il giorno.

Però, visto che io sono un bastiancontrario incrociato con una persona oculata, la notte mi riposo e lavoro il giorno, con quelli che hanno tempo e voglia di farlo, serenamente e seriamente.

Andare controcorrente può essere faticoso all’inizio ma apre mondi nuovi e inesplorati, situazioni inesperate. I risultati e la soddisfazione personale sono migliorati e stanno costantemente migliorando e fare il professore non è così frustrante come lo è, irrimediabilmente, per chi insegna la sera, o per chi pensa che sia normale lavorare senza soddisfazione. È un fatto logico e inesorabile che dopo il tramonto il flusso degli allievi verso le pur improbabili lezioni di spagnolo sia più vorticoso, sebbene i cervelli siano già andati a casa e magari anche a letto e i corpi possono solo fingere di manifestare la volontà di essere lì, in quel momento, di concentrarsi su qualcosa che non è mai così semplice come avevano pensato.

Diciamocelo chiaramente: la lezione di spagnolo di sera, dopo un duro giorno di lavoro, è un’ipocrisia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 19 e 09 del 4 dicembre 2023

 

Carissimo Alf senza Johnny,

O che mi dici? Ludovico scomparso, Patagonia...che storia è questa? L’ultima volta che l’ho visto è stata alla Fiera del Libro, se non mi sbaglio. Effettivamente, come ti avevo accennato, non era nei suoi migliori giorni. Ma sapendo che lui è così imprevedibilmente imprevedibile, non mi sono preoccupato più di tanto. Forse sarà una delle sue trovate, uno scherzo. Visto che è sicuro che in Argentina è arrivato, sarà lì per sfuggire dal caldo di Porto Alegre e si starà divertendo alle nostre spalle. Ma tu vai davvero? Io non posso, mi dispiace. Al massimo posso farti da tramite con qualcuno di qua, tipo Thais.

Proprio perché credo che sia uno scherzo, risponderò a quello che dice Ludovico. Non è una vera e propria risposta, perché in generale concordo su quello che dice, ad eccezione delle lezioni serali di cui mi ero espresso già in una precedente mail. Personalmente ho trovato e ricevuto più rispetto dagli alunni che dalle direzioni delle scuole, salvo alcuni casi (sia dall’una che dall’altra parte). Potrei, anzi, potremo scrivere un libro sulle nostre esperienze scolastiche, ma visto che probabilmente andrai in Argentina (Alfredo) o ci sei già (Ludovico), ve ne dico una collegata ad essa.

Orbene: un giorno la direzione della scuola in cui all’epoca insegnavo, mi chiamò per cercare di risolvere un problema. Un professore se n’era andato (o era stato “fatto andare”) e uno dei gruppi che aveva di pomeriggio era molto legato a lui. Avevano bisogno di una persona che riuscisse a sopportare le sicure rimostranze degli alunni sapendo che sarebbe stato “lapidato”, perché visto come un usurpatore. Questo professore avrebbe dovuto ricevere queste lamentele col sorriso sulle labbra, cercando di conquistare la classe con… classe.

La direttrice insieme alla coordinatrice aveva pensato a me: cosa che mi lusingava ma allo stesso tempo mi preoccupava. Decisi, per il bene di tutti, di accettare. Di tutti, tranne me.

Il giorno della prima lezione, arrivato nello stretto corridoio che separava le scale dalla classe, mi fermai, respirai a fondo e se non mi sbaglio mi feci pure il segno della croce, cosa rarissima perché credo che Dio abbia altri problemi in testa ben più complicati, per pensare ad una lezione d’italiano: ma qualsiasi aiuto sarebbe stato benvenuto. Insomma, entro e dico “buona sera”. Il fatto è che, come ben sai, in Italia in questo periodo del giorno si dovrebbe dire “buon pomeriggio”, ma ciò è usato raramente e viene sostituito a seconda di dove uno vive, con un “buon giorno” o con quello che dissi io.

“Si dice buon giorno”, sentii dire in tono cattedratico. Capii così che la fantozziana crocifissione in sala mensa (in questo caso, in aula scolastica) era iniziata. Mi misi quindi a spiegare l’uso di questo particolare saluto e più parlavo, più mi accorgevo che la classe, per me totalmente nuova tranne una studentessa che era già stata precedentemente mia alunna, al contrario di quello che mi avevano detto non era bellicosa e non avevano pietre da tirarmi: con eccezione di uno che di lì a poco si sarebbe presentato come Juan Pablo, argentino che viveva da anni a Porto Alegre, colui che mi aveva “corretto”.

Probabilmente sono stati i venti minuti più difficili della mia carriera di insegnante. Non avevo neppure avuto il tempo di presentarmi e tutto quello che usciva dalla mia bocca era contestato da Juan Pablo. Dicevo “A”? Lui rispondeva che invece era “Z”. Nero? Bianco! Pari? Dispari! Era una cosa incredibile. Volevo quasi dire che la capitale d’Italia era Roma, per vedere se correggeva pure questo. Il tutto veniva spiegato da parte mia con estrema pazienza e precisione. Sapevo che ero lì per quello, per essere martirizzato senza per questo divenire santo. Dovevo solo saper aspettare per dimostrare che potevano aver fiducia nel loro nuovo professore. Soffrire con allegria. E ci stavo riuscendo, fino a quando…

Fino a quando Juan Pablo, dopo avermi ancora una volta rettificato, si prese la briga di spiegare il perché a suo dire lui ne sapeva più di me. Così, guardandomi con aria di superiorità, mi disse: “Io so tutte queste cose, perché, oltre ad essere di ORIGINE italiana, io  ho abitato in Italia per TRE MESI”. Non ci vidi più. Detti un pugno sulla cattedra, lo fissai negli occhi e gridai: “Io, oltre ad ESSERE italiano, ho abitato là per TRENTACINQUE ANNI”. Finita la frase, mi accorsi di quello che avevo fatto: per la prima, ed unica volta per ora, mi ero incazzato in classe. Quando proprio non dovevo. “Finalmente hai trovato uno che ti ha fatto arrabbiare”, mi scrisse successivamente quell’alunna che già mi conosceva e sapeva della mia tranquillità nello svolgere il lavoro.

Mi vidi licenziato (che, visto com’è andata a finire la scuola, sarebbe stato meglio): non avevo compiuto quello per cui ero stato messo lì. M’immaginai una rivolta popolare ed invece pure Juan Pablo si calmò. Anzi, mesi dopo fu uno dei primi a firmare la richiesta di avermi come professore anche per il semestre successivo.

Sempre rispondendo a Ludovico, tra i professori che urlano come ossessi e cantano pure, ci sono io. O c’ero, visto che adesso le mie lezioni sono a distanza, anche se ciò non m’impedisce di usare un alto volume di voce. Questa cosa chiaramente era odiata dai colleghi che per loro disgrazia mi avevano come vicino di classe. Anche perché il mio casino fomentava il casino del gruppo, se questo era ben disposto. Una volta, tale confusione fece sì che una professoressa entrasse nella nostra sala per chiedere un immediato silenzio:  intervento che non piacque, soprattutto agli uomini della mia turma. La confusione continuò, provocando l’ingresso nel nostro spazio di un’altra professoressa, evidentemente più piacevole agli occhi dei ragazzi. I quali decisero di continuare la caciara per farla intervenire di nuovo. Il risultato non fu quello sperato, perché a fare le sue rimostranze tornò la prima insegnante.

Dirai: ma tu che ci stavi a fare? Non li calmavi? No, perché anche lì c’era una storia particolare. Il semestre anteriore ero già stato il loro docente ed erano abituati ad una certa leggerezza (era un gruppo serale, quindi mi comprenderai ancora di più). Col nuovo semestre gli toccò una professoressa che era l’esatto contrario di me: rigida, disciplinata con poca voglia di scherzare. Fu un trauma. Alcuni di loro riuscirono a sfuggirle e crearono un gruppo minore di cui ero il professore. La voglia che avevano perso tornò, così come l’allegria delle lezioni. L’insegnante, che principalmente deve essere psicologo, deve capire la situazione. Così gli permisi anche alcuni eccessi, come quello che ho raccontato.

Ora brevemente a noi, Alfredo. Per quanto riguarda la canzone sui nostri progenitori, era proprio quello il programma televisivo che mi proporzionava il movimento ripetuto della testa. Ero troppo piccolo per ricordarmelo, ma la mia famiglia me lo rammenta sempre.

Ah, sulle cose che si fanno qui in Brasile per poi essere subito modificate, a me fanno ridere le rotonde “semaforate”. Questo particolare tipo d’incrocio è fatto apposta per eliminare i semafori ma evidentemente i brasiliani non ci sono abituati e non sanno come comportarsi quando se ne trovano una davanti: passo io?, passi tu? Nel dubbio, passiamo entrambi. Così, per evitare incidenti, sulle rotonde ci hanno riappioppato i semafori. I quali spesso sono (e non solo sulle rotonde) sapientemente non sincronizzati, cosicché è tutto un andare e fermarsi, il che aiuta l’inquinamento e i distributori a vendere più benzina, dato che in questo modo il consumo aumenta.

Oppure è tutto un caso? “A pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso s’indovina”, diceva Giulio Andreotti, uno che se ne intendeva (di peccati e di arti divinatorie).

Marcello

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 11 e 01 dell'8 dicembre 2023

Esimio Esattore Esanime ed Esacerbato ma non troppo, non avevo ancora notato le rotonde semaforate, ma sicuramente valgono la pena di essere osservate e di studiare i comportamenti che provocano nel vivente motorizzato. A proposito c'è un mio lontano parente in Italia, che ho conosciuto su Facebook e poi lo sono andato a trovare a casa sua,  che crede di poter insegnare agli altri a vivere e fa dei commenti pacati sul social, tipo ma che cazzo dici, è proprio tutto il contrario!

Bene, anzi male, questo mio cugino ha pubblicato delle spiegazioni su Facebook piuttosto incazzate di come ci si deve comportare sulle rotonde in questione, gli farebbe piacere forse, sapere della soluzione brasiliana che tu mi dici.

Personalmente Gino è una persona meravigliosa, insieme a lui ho passato delle ore divertenti e istruttive, ma sui social si trasforma e diventa un intollerante incazzereccio abbestia, offende tutti come se lui avesse la verità unica e incontestabile.

Le situazioni che mi racconti da insegnante di lingua agli adulti le ho attraversate anch'io, e mi sono divertito molto poco. Ho avuto un'allieva a Novo Hamburgo che ogni parola che dicevo andava a controllare sul dizionario, e trattandosi del Micaelis, figurati che dovevo spiegare poi a tutti che il vocabolarietto in questione si divertiva a inventare parole e traduzioni con una certa frequenza, che comunque non poteva essere assolutamente usato come pietra di paragone.

Di fronte alla mancanza di rispetto, il comportamento che ho avuto è risultato in un ampio ventaglio di opzioni che non ho scelto, ma che mi sono venute fuori al momento, tra cui arrabbiarmi è stata la meno frequente, perché poi so che perdo il controllo ed eccedo, ma qualche volta sì, è inevitabile, sennò ti scoppia la testa.

Sarei curioso di vedere Ludovico come si comporta, credo che ci sarebbe da divertirsi, nei giorni dispari e ventosi potrebbe anche prendere per il collo qualcuno.

A proposito, obbietterai che non avrei dovuto sobbarcarmi l'onere morale di questa impresa, e magari hai anche ragione, ma ormai è tardi, inutile piangere sul latte versato e non si sa nemmeno da chi.

Mi faccio le domande e le risposte da solo, incluso obiezioni eventuali, così facciamo prima. Ho imparato dalla mia ex moglie, anche Ludovico è piuttosto ferrato e abile in questo tipo di attività, che denota un temperamento stressato e ansioso.

Bene, anzi male, io non ti ho mai detto, forse perché me ne vergognavo, ma da giovane ho fatto e per qualche annetto anche l'investigatore privato, prima di venire in Brasile, quindi ho una certa infantile passione per questo assurdo mestiere e una certa e necessaria esperienza.

Capirai, essendo pensionato e senza un cazzo da fare, appassionato di gialli e pure di noir, in un certo senso e in qualche misteriosa quanto inspiegabile maniera, affezionato a un uomo poliedrico e pieno di angoletti nascosti, che più passa il tempo e più mi accorgo di conoscere assai meno di quello che pensavo, senza averci mai riflettuto troppo a suo tempo, confesso, senza averlo mai preso sul serio, alla fine ho deciso.

Naturalmente Ludovico non risponde al cellulare satellitare, da tutti questi giorni. Le cui mogli, come le chiamerò d'ora innanzi, hanno detto che spostandosi parecchio per affari, parlavano spesso attraverso il telefono in questione e il bi-marito non mancava mai di avvisarle di come stava e di chiedere come stavano loro, ma senza dirgli mai dove si trovava, visto che stava fuori dei giorni poteva essere ovunque. Insomma loro sapevano solo che era via per affari e che si stava guadagnando la pagnotta, seppure una piuttosto sontuosa, a giudicare da come vivevano e che da professore in Brasile non è che si nuoti nell'oro, ma nemmeno altrove.

Il nostro eroe, cioè in questo caso io stesso, prima di partire però se n'è andato a chiedere alle scuole, dove egli eserce la sua funzione, fondamentali informazioni sulla persona scomparsa e pare che tale uomo scomparisse spesso e volentieri anche dalle lezioni, ma che fosse un buon professore dato che insegnava anche all'università Pucrs e Ufrgs, che dovrebbero essere le migliori in loco e dove i professori di quelle lingue erano loro che li mandavano.

Poi sono dunque andato a  casa di Ludovico a fare una perquisizione, come si fa in questi casi e ammetto che in certi momenti mi sentivo il protagonista principale, ma ti assicuro che non si tratta di uno scherzo e che la cosa è piuttosto seria e misteriosa, lo avrai capito dai particolari che ti ho dato e da quelli che ancora ti scriverò, penso che anche tu non avrai più dubbi.

Immediatamente ho constatato che lì vivevano lui e Thais, due figli adulti e indipendenti se ne erano già andati, fuori dal Brasile, ma non mi ha detto dove. Non ho capito perché lei era stata definita la donna di servizio, forse solo una copertura per le losche faccende del nostro. Vorrei tanto dire vostro, ma non posso, io sarei il suo miglior amico.

La seconda scoperta è che anche con Dianora aveva una bella casa, tutte e due possono essere chiamate ville, non molto lontane l'una dall'altra e sempre nei pressi di Itapoã, che poi è aperta campagna, con strada sterrata piena di buche e talvolta piuttosto dei crateri, con o senza acqua dentro.

Ci vuole quasi un'ora di macchina dal centro e qui si spiega la jeep gigantesca, confortevole e costosa, assai infangata e coperta di foglie secche, posteggiata all'aperto, sotto un enorme Ficus. Le due signore hanno delle gippettine meno maestose, ma pur sempre moderne e costano dei bei soldi anche quelle.

 Dianora era la zia ufficiale, titolo fuorviante, sempre migliore di donna di servizio, forse dovuto al colore della pelle di lei, più chiara e simile a quella di lui. Qui ancora tre figli erano stati sfornati senza fretta e due vivevano lì. Da questo ho capito che con lei era forse successo tutto più recentemente, salvo prova contraria e comunque a noi credo che non ce ne fregherebbe troppo.

Bene, anzi male, qui ho trovato, nel cassetto del comodino della camera da letto, dalla parte di lui, un recente opuscolo con i viaggi in Patagonia dell'agenzia Patagorru's, di certi sardi di origine, ai quali per scrupolo ho subito telefonato.

Ho domandato a Thais se lei lo sapeva e mi ha risposto che Ludovico, a suo tempo da lei stessa richiesto, non le ha dato alcuna soddisfazione, come piuttosto raramente accade - lo avrai notato personalmente - che il nostro risponda, direttamente o indirettamente, alle domande postegli da chicche e sia.

 Nessuna prenotazione a nome Voronov, nemmeno a nome Pizzi, piuttosto di Prizzi, come nel film con Jack Nicholson su un certo onore mafioso. I numeri di telefono coincidono, sia cellulare che fissi, delle due case in questione e pure un certo odore di cosa nostra che non ti dico, oppure servizi segreti, magari tutti e due, poi vediamo.

Solo per caso ho scoperto il trucco, perché recatomi in loco per parlarci personalmente, come fanno opportunamente anche Maigret, Poirot, Montalbano e la stessa Imma Tataranni, sul registro avevano sbagliato il nome Prizzi e risultava scritto Pizzi, pur pronunciato male, per coincidenza quindi correttamente, dal signor Gavino con i baffi cespugliosi. I relativi numeri di telefono mi hanno confermato il misfatto e ci siamo fatti quattro risate.

Ho riso meno quando ho saputo che là lui ha fatto, come un autentico turista, tutte le escursioni in programma, ma al volo di ritorno non si è presentato.

Poi ho pensato che doveva necessariamente avere documenti falsi e che le cose si complicavano, prima di cominciare.

Ho chiesto se loro ne hanno denunciato la scomparsa alla polizia locale e loro lo hanno fatto, come no? Naturalmente, ma per chi diavolo li avevo presi?

Potrei aver scherzato sul fatto che i sequestri di persona in Sardegna, in una certa epoca, erano piuttosto di moda, ma non ho detto niente.

La guida Guitierrez, con cui ho parlato personalmente mezz'ora dopo, davanti a un espresso doppio macchiato in centro, al Cafè Haiti, ha detto che gli argentini di fronte al fatto in questione hanno dimostrato la consueta indifferenza.

Per loro un brasiliano in meno, effettuati i fondamentali pagamenti in precedenza, è sempre una cosa trascurabile, sicuramente da non preoccuparsene, perché tanto di quelli ce ne sono in grande quantità, ne basterebbero anche meno, secondo lui, atteggiamento riscontrato anche altre volte, data la sua personale esperienza e non abbiamo parlato di calcio, ma ci siamo intesi al volo che avremmo anche potuto.

Anche lui però grande estimatore del cinema argentino come me, il buon Pablo Guitierrez, grassoccio di lontana origine uruguayana, vale a dire dei vari registi Campanella, Agresti, Burman, Martel e così via.

Ovviamente ho parlato anche con l'avvocato, uno dei migliori di Porto Alegre, tale Peter Zangrillo Lopez, una persona squisita che  - pur soffrendo visibilmente - non mi ha fatto pagare i suoi preziosi cinque minuti in cui mi ha spiegato che per tutta la manovra argentina e della causa con i Bernascon era stato da lui sconsigliato più volte. Ludovico ha agito poi di conseguenza, cioè tagliandolo fuori.

Alla fine mi è stato utile però, almeno per sapere che l'origine vera del nostro è proprio argentina e precisamente è nato a Mendoza si è trasferito a Buenos Aires nel quartiere Avellaneda e ci è rimasto almeno durante l'infanzia tutta, forse anche parte dell'adolescenza. Epoca della dittatura e dei desaparecidos inclusa nell'esoso prezzo.

Alcuni particolari in fila: che insegnasse lo spagnolo, fosse di origine italiana e fosse un cagacazzo patentato, me lo avrebbero dovuto far arguire anche prima, ma la conferma è stata necessaria oltre che illuminante.

Indirizzo e telefono di eventuali parenti in loco amanti del tango? No, gliene dispiaceva assai, intanto mi spingeva fuori dalla porta, ma Dianora per uotsapp mi ha passato subito le dritte: indirizzi e telefoni, prima della sua famiglia, ancora residente a Buenos Aires e dei fratelli di Ludovico, che poi all'anagrafe sarebbe Antonio Pizzi, residenti uno a El Calafate e l'altro a Ushuaia. Quindi in estrema Patagonia.

E proprio a El Calafate noi siamo arrivati in aereo, dopo una sosta di due giorni a Buenos Aires, dove la famiglia della sorella di sua moglie-zia, Amparo, argentina verace, ma pur sempre di origine italiana, mi aveva appioppato un aiutante, studente di legge e lettore di gialli, il nipote Santiago, molto serio ma per niente stupido e sono andato a casa di suo fratello Mario Pio, gestore di ristorante.

Avevo deciso di prendere lo stesso pacco turistico di Ludovico, per seguire un po' le sue stesse tracce.

Suo fratello era stressato e preoccupato, quindi ci siamo intesi subito, io per motivi diversi, ma lui forse anche per i lavori in corso nel ristorante, non ancora terminati, in prossimità della stagione alta. Mi ha chiesto se sapevo che mestiere faceva Ludovico, che lui chiama ancora Antonio, quando gli ho detto professore di spagnolo e d'inglese si è fatto una grassa risata, forse un po' amara.

Questo particolare insieme ad altri precedenti mi ha fatto sudare freddo, ma non ce ne era bisogno, qua nonostante la stagione, è piuttosto fresco e di notte si dorme con un imbottito di piume e lana.

 

 

O PACOTE INCLUI:

Passagem aérea POA/ BUE/ USH / FTE / BUE / POA – Voando Aerolineas Argentinas com franquia de 01 bagagem despachada;

traslados de chegada e saída em todos os destinos;

02 noite de hospedagem com café da manhã em Buenos Aires;

03 noites de hospedagem com café da manhã em El Calafate;

03 noites de hospedagem com café da manhã em Ushuaia;

Tour ao Parque Nacional "Tierra del Fuego" – c/ entrada;

Trem do Fim do Mundo – Categoria Turista;

Navegação pelo Canal de Beagle - Isla de los Lobos;

Tour ao Parque Nacional "Glacial Perito Moreno"

c/ entrada + Sáfari Náutico;

Seguro de viagem Coris Max Mundo 30.

                              Hotéis previstos ou similares:

                                      Buenos Aires:NH City & Tower;

  Ushuaia:Las Hayas Resort;

                                    El Calafate:Lagos Del Calafate.

ÉVERSON RAFAEL
everson@patagorru'strip.com.br
+55 51 98115-8391
Rua Quartino Boca y Uva, 887
Moinhos de Agua | Porto Alegre | RS
IATA | 67511861
www.patagorru'striptravel.com.br

Non so se loro, le mogli in questione, leggano le email di Ludovico già pronte che mi mandano ogni tre giorni, ma l'ultima che ho ricevuto è questa e si specifica, prima di tutto, che sostituisce le altre normali in una fila temporale. Sarebbe da mandare cioè solo se qualcosa non andasse bene, tipo la sparizione di Ludovico a me pare un caso del genere.

Di fronte alla quale missiva poi non so più che pensare, o meglio: lo so, ma cerco inutilmente e affannosamente di trovare altre spiegazioni.

Santiago non lo dice, ma credo che sappia di cosa stiamo parlando. Quando gli ho fatto vedere questa email, ha fatto una faccia inespressiva, se possibile ancora di più della sua solita. Non credo perché fosse in portoghese, ma domandato che gli avessi spiegazioni a riguardo, si è dimostrato alquanto evasivo e indifferente.

 

In Brasile ci sono arrivato per passaggi rapidi e fisiologici, e nel gruppo asociale anche, quasi senza accorgermene. "E" non era affatto un ciarlatano come dicono e predicava cose nelle quali credeva per esperienza diretta, non per averle lette da qualche parte. Un dialogo interiore è necessario, per chiedersi se quello che facciamo è giusto, se è quello che vogliamo, se non nuoce a nessuno, se ci può portare dei risultati utili e magari anche equi.

Il luogo dove tutto è partito è stata la favela, perché i bisogni degli esseri umani, fisiologicamente risultano acuiti dove si vive male, dove si rischia la vita ogni giorno, dove l’esistenza proprio per questo diventa un bene più concreto e tangibile.

Nella favela si pensa meno agli altri problemi dell’uomo moderno, come per esempio al senso della nostra permanenza in questa valle di lacrime, qui la sopravvivenza diventa l’unico scopo, l’unico pensiero. In un certo senso, quindi, si è più umani e ci si allontana dalla mancanza di ideali della gente che va dietro al consumismo selvaggio, alla globalizzazione, ma non per scelta propria, piuttosto seguendo la maggioranza, come le pecore.

Dall’altro lato queste cose che si vedono continuamente in giro, specie alla televisione, ma alle quali non si accede facilmente, sono un generatore continuo di ansia di ricchezza, per cui le persone che riescono a uscire da quello stato di miseria, non saranno mai capaci di pensare a nient’altro, nella loro vita.

Quest’immagine di miseria sempre davanti agli occhi genera un tipo di società che idolatra il denaro e porta la gente di classe media e ricca a odiare questo - per loro vergognoso - aspetto del Brasile, che per esempio non volevano mostrare nei film e meno ancora nelle novelas, almeno fino a poco tempo fa, ma che ultimamente invece ne hanno scoperto il fascino feroce e sensazionalista, da vendere specialmente fuori dal Brasile e anche questo può essere un buon business.

"E" venne intimato di lasciare la favela, ma non avendo ubbidito alla fine venne giustiziato dai trafficanti che controllavano la favela Collina dell’Avvoltoio (Morro do Urubu) perché era diventato un pericolo per loro, già che lui insegnava alle persone a vivere meglio, la gente lo seguiva come un’autorità. Visto che "E" era diventato un personaggio famoso, la fazione Amici degli Amici (Amigos dos Amigos) ha dovuto mettersi d’accordo con le altre due fazioni di Rio de Janeiro, cioè Comando Rosso (Comando Vermelho) e Terzo Comando (Terceiro Comando).

Avevo capito che per fare veramente bene alla gente dovevo almeno cercare di eliminare i prepotenti che purtroppo non avevano nessuna voglia d’imparare a sviluppare un dialogo interno, ma preferivano piuttosto fare a pezzi gli avversari, togliere il loro potere individuale per poco che fosse, ma in quel modo accumulare il proprio, mattoncino su mattoncino costruivano dei grattacieli d’ingiustizia e di sangue rappreso, ma anche di soldi e quindi di potere, che se non sono esattamente la stessa cosa, spesso coincidono.

La mia seconda carriera iniziava segretamente, tutto quello che mi aveva insegnato "E" mi serviva, soprattutto a capire chi avevo di fronte, ma questo era il momento in cui dovevo imparare a usare le armi, comprare informazioni direzionate e il denaro ora ce l’avevo. Un addestramento da killer anche era un tipo di prodotto non proprio facile a trovarsi in giro e soprattutto da parte di chi - magari - non lo sarebbe andato subito a spifferare in giro. Intanto avevo conosciuto tanta gente nuova che aveva bisogno del mio aiuto, ma che poteva anche darmene, magari fare uno scambio, bastava trovare la persona giusta, per fortuna che nel frattempo avevo anche iniziato a riconoscere di chi mi potevo fidare e di chi no.

Iniziai a guardarmi intorno in quella ben determinata prospettiva e dopo non molto capii che "L", con il quale aveva più volte conversato sull’argomento, era la persona che cercavo.

La guardia specializzata finse di credere che era tutto per sicurezza personale, ma poi mi chiese se poteva collaborare più attivamente al progetto. Io caddi dalle nuvole ma pur negando iniziai a pensarci, intanto "L" mi addestrava e parlavamo spesso di vari argomenti, passando tempo insieme e condividendo alcune idee diventammo quasi amici. Uno strano tipo di amicizia.

In seguito mi sono stupito che "L" facesse parte di quell’organizzazione che aveva le mie stesse idee e quelle di "E", dentro c’era anche "IV", amico e consigliere di "E". "IV" che aveva cambiato stile di vita, per noia forse, o per mancanza di donne, magari perché era sorta una nuova favela sulla sua collina, ma anche perché voleva farsi una specie di giustizia che anche secondo lui al mondo non esisteva ancora.

Le menti dell’associazione segreta erano sei quindi, oltre a L, c’era I, c’era N, ex moglie di E e poi K, un sudafricano fuori di testa quanto geniale. Questi ultimi due erano quelli che portavano i soldi, o almeno la maggior parte, che poi non erano direttamente loro, piuttosto dei loro ricchi genitori, ma ne avevano in quantità e qualità. Gli altri finanziamenti li fornivamo tutti, nel limite delle nostre possibilità. Una cinquantina sparsi per il mondo i collaboratori.

In sintesi noi eravamo persone che volevano aiutare gli altri, insieme a noi stessi, abbiamo provato a fare del nostro meglio, almeno per sentirci meno stupidi e manipolati, ma abbiamo perso la capacità di credere che potesse bastare, che non si potesse e non si dovesse fare qualcosa di più.

La mia prima pistola fu una Glock, perché non aveva quasi per niente rinculo ed era facile da usare.


Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 16 e 47 del 12 dicembre 2023

 

Carissimo Sherlock Holmes,

Ogni tua mail è una sorpresa. Non sapevo che sei stato anche un investigatore privato: a questo punto mi domando cosa NON hai fatto nella vita!

Ma per prima cosa, devo dirti che adesso sono seriamente preoccupato per Ludovico. Oltre a quello che mi stai dicendo, nella mia ultima mail ho deliberatamente messo una citazione, cosa che lui odia.

“Marcello Inutile, questo dovrebbe essere il tuo cognome! Inutile come chi usa il cervello degli altri per esprimersi!”. Ecco quello che mi urla, salvo poi immediatemente offrirmi un lauto pranzo, il nostro amico quando ne uso una. Dice sempre che chi fa spesso citazioni, usa proverbi o modi di dire (ancor peggio se in latino) non ha un pensiero proprio e utilizza quello degli altri per ovviare a questa lacuna.

Io glielo faccio apposta, mi piace vederlo che s’incazza, è un mio piccolo divertimento. Perciò, quando mi hai detto quelle cose, l’ho messo alla prova, per così dire. L’ultima mia citazione, oltretutto del discusso uomo politico, l’avrebbe sicuramente mandato su tutte le furie. Invece, niente, nessuna reazione. Mi dichiaro, dunque, ufficialmente allarmato.

Parlando di lui, all’inizio cercavo di evitarlo. È stato il momento in cui mi sono sentito integrato a Porto Alegre. Io mi sento così, non quando in un luogo incontro qualcuno che conosco, ma quando cerco di scansarlo. Successe alla Pucrs, credo che fosse per la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. Tra le tantissime persone che intravidi, c’era anche questo signore barbuto (e forse con ancora dei capelli sparsi) che mi facesti conoscere tu – se non mi sbaglio – qualche mese prima. Ne avevo avuto una spiacevole impressione (ah, le prime volte ingannatrici!) e quando mi accorsi della sua presenza all’evento, cercai di sfuggirgli. E, come ti dicevo prima, in quel momento me ne compiacqui: capii che ero diventato un “cittadino” portoalegrense. Comunque la mia fuga fu inutile, mi vide e mi si appiccicò per tutto il tempo: che poi fu quello che mi fece cambiare idea su di lui. In fondo, era divertentissimo, se preso con le dovute cautele.

Insomma, mi dici che andrai in Argentina. Io ho messo piede là solo quando andai alle cascate dell’Iguaçu. Mi ricordo della carne che mangiai in una churrascaria, una delle più buone che abbiano mai attraversato il mio esofago. Tu c’eri mai stato prima? In Argentina, dico.

Penso a quale fu la mia prima impressione del Brasile. Arrivai a Rio de Janeiro – per starci due settimane – dopo ventitré anni e mezzo di studi autodidatti su questo Paese di cui mi ero innamorato all’età di undici anni. Non ti annoierò sul come e perché, sta di fatto che quando arrivai nella città carioca, “fisicamente” mi colpirono due cose: la terra, ben più rossa di quella a cui ero abituato, e i poveri pali della luce che dovevano sostenere una marea di cavi. Se poi, dopo il mio trasloco nel Rio Grande do Sul, la terra rossa l’ho ritrovata nelle Missões, i poveri pali, che si trovano in una situazione ancora peggiore, per vederli basta che mi affacci dal mio appartamento.

Su ciò che vissi “emozionalmente”, invece la situazione si fa più complessa. Riassumendola, posso utilizzare il detto locale (tanto, purtroppo, Ludovico non mi legge) “la cosa migliore del Brasile è il brasiliano. Quella peggiore, è il brasiliano”. In due ore, anche senza ancora conoscere questa massima, vissi entrambe le situazioni.

Ero ospite di Norberto (e la sua compagna) che avevo aiutato, tramite mie fotografie,  per un suo sito sulla partecipazione militare brasiliana in Italia durante la seconda guerra mondiale. Scrivevo anche su un suo blog, una cosa recente all’epoca. Ci conoscevamo solo così, virtualmente. Mi venne a prendere all’aeroporto, così come – separatamente – Helena che avevo conosciuto proprio tramite il blog. Appena conosciuti personalmente, Norberto mi dette il portachiavi (con relative chiavi di casa) recante il simbolo della F.E.B. , la Força Expedicionária Brasileira che aveva, appunto, combattuto dalle nostre parti. Esaminai l’oggetto e con un sorriso glielo restituii. Lui gentilmente rifiutò e mi disse: “Queste sono tue”. Io lo guardai e pensai: “Ma sei pazzo? Metti le chiavi di casa in mano a una persona che non hai mai visto prima????” Ecco, questo è la parte migliore del Brasile.

Un paio di ore dopo, il rovescio della medaglia. Con Helena e la sua amica Barbara andavamo in macchina verso il Pan di Zucchero. Proprio Barbara aveva bisogno di fare un prelievo al Bancomat e ci fermammo: eravamo in un quartiere di classe medio-alta, non so quale (ero appena arrivato). Sta di fatto che io la volevo aspettare mettendomi in una posizione classica: un piede in terra, l’altro sul predellino dell’auto, gomito destro sullo sportello semiaperto e quello sinistro sul tetto. Alla domanda di Helena, che era al volante, su cosa stavo facendo, risposi che stavo aspettando l’amica. Lei mi invitò – eufemismo – ad entrare e quando mi sedetti chiuse ermeticamente tutte le portiere. Mi sentii in prigione e pensai: “Che cazzata ho fatto a venire qui! Cosa ci sto facendo?!?!?!”. Non fu una cazzata, ma rappresenta la seconda parte del detto sopracitato.

Da notare che Barbara mi restituì la sensazione della prima parte, visto che – senza assolutamente sapere chi ero se non attraverso Helena, che a sua volta mi conosceva il giusto, cioè quasi niente – mi fece dormire  nell’appartamento dove abitava con la famiglia affinché la mattina seguente potessi essere già pronto per andare con Helena a conoscere Grumari, la spiaggia dove ho per la prima volta toccato l’Oceano Atlantico. Atlantico che poi toccherà me a Torres tempo dopo, ma questa è un’altra storia.

Il Micaelis! Ancora un tuffo nel passato, sia perché adesso ho quasi tutte lezioni a distanza, sia perché adesso i vocabolari sono sui cellulari. Praticamente tutti avevano quello strumento che aiutava loro…. ad avere più confusione in testa. Sì, ricordo le varie lotte per far capire agli studenti che quello che c’era scritto non sempre corrispondeva alla realtà.

Su ciò che ha scritto Ludovico sulla favela, posso solo essere d’accordo. Anzi, oggi non si chiama più così, bensì comunidade. Ma, come ha detto un noto conduttore televisivo, è sempre la stessa merda, nel senso che si può cambiare nome, ma le problematiche rimangono. Un’estrema povertà che agli occhi degli stranieri diventa addirittura scicche. Prima della pandemia, i prezzi delle baracche erano aumentati a dismisura proprio perché nord-americani ed europei ne erano attratti e le stavano comprando. Posso anche capire questa visione esotica, d’altra parte una delle immagini tragicamente più belle che ho di Rio è proprio legata a questo.

Helena e io stavamo tornando proprio da Grumari: già buio, dopo una curva (o una galleria, non ricordo bene), all’improvviso davanti ai miei occhi apparve un’immensa parete trapunta di stelle, parafrasando Domenico Modugno e Franco Migliacci. Rimbambito da centinaia di lampade elettriche, domandai a Helena cosa fosse quello che, per me, era uno spettacolo. “È la Rocinha”, fu la sua risposta. Il rimbambimento continuò, ancor più accentuato dal pensiero che un obbrobrio della società umana, la disuguaglianza, fosse in grado non solo di produrre tale splendore (letteralmente), ma di farsi presente continuamente, anche quando in teoria l’oscurità dovrebbe appianare, nascondendole, le differenze. No, Alfredo: di notte non tutti i gatti sono bigi.

Ma a parte ciò, mi domando: chi è realmente il nostro carissimo collega? E questa vicenda, non sarà troppo pericolosa per te? O forse ti sottovaluto come investigatore? Tienimi costantemente aggiornato!

Marcello (spero non totalmente Inutile)

 

Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 21 e 08 dell'16 dicembre 2023

 

Supermegafamilycountrybrother

più si scende verso sud e più il caldo diminuisce e non ci crederai, allo stesso tempo e sorprendentemente pure il freddo aumenta.

Non ero mai stato in Argentina, pensavo che fosse simile all'Uruguay, dove anni fa passai una decina di giorni, tra Montevideo, Paysandu e rapide soste in varie zone del paese che è piccolo, come il nostro stato brasiliano del Rio Grande do Sul, credo. Qualcosa in comune a livello di paesaggio c'è, ma non gli assomiglia tanto in definitiva e poi la Patagonia è un capitolo a parte.

Hai visto la Rocinha e non dici niente? Mi sarebbe garbato anche a me, ma non ho avuto occasione, a Rio ci sarò stato per soggiornarci alcuni giorni, almeno quattro o cinque volte, non ricordo.

In pericolo ci sono sì, ma indirettamente anche te, forse per colpa mia, che te l'ho fatto conoscere, essendo tra i migliori amici di tal terrorista, a quanto pare. Del lavoro di investigatore ricordo poco, di quel poco che potrebbe essere utile, tutto è cambiato, a cominciare dai cellulari, con il GPS e l'internet che a quei tempi non esisteva. Bisognerebbe essere anche psicologi, ma il brasiliano non si comporta proprio come un italiano e l'argentino men che meno, poi ora ci sono anche i cinesi di mezzo. Quali cinesi? Legittima domanda.

Man mano che m'infilo meglio nella situazione in questione, poi ci arrivo di sicuro, per ora navigo in acque turbinose e in discesa vorticosa verso Capo Horn, perennemente in tempesta.

(Devo capire anche io prima, ma poi ti spiego.)

Sono meno preoccupato di quello che pensavo, però, mi pare di essere in un film e il gettone non è ancora caduto, perlomeno non del tutto. Non credo che esista un'espressione simile in italiano.

La causa con i Bernascon è stata vinta da loro, per ovvi motivi, per un cavillo burocratico e per uno scontato appoggio prezzolato del corrottissimo governo argentino. La terra di Ludovico verrà privata di quella strada sconnessa che a loro tanto premeva, ma che in fondo ora non ha più molta importanza.

El Calafate è una città vicino al confine con il campo di ghiaccio della Patagonia meridionale nella provincia argentina di Santa Cruz. La città è conosciuta come porta d’accesso per il Parco Nazionale Los Glaciares dove si trova l'imponente ghiacciaio Perito Moreno, il cui paesaggio ghiacciato in continuo mutamento, che si butta in mare senza fretta, è straordinario e mozzafiato. Il moderno centro scientifico chiamato Glaciarium studia i numerosi ghiacciai della regione.

Calafate è situata sulla riva meridionale del Lago Argentino, circa 320 km a nord-ovest di Rio Gallegos, il capoluogo. Ha una popolazione di oltre 6000 abitanti. Il suo nome deriva da un piccolo arbusto dai fiori gialli molto comune in Patagonia, con bacche di colore blu scuro: il calafate (Berberis buxifolia); è un termine della lingua tehuelche.

La storia di El Calafate ebbe inizio nei primi decenni del XX secolo. In origine, costituiva semplicemente un rifugio per i commercianti di lana. Fu fondata ufficialmente nel 1927 dal governo argentino per promuovere un incremento della popolazione. Ma il piccolo villaggio, già fornito di energia elettrica, non crebbe finché non fu creato il parco nazionale, e furono costruite strade migliori per raggiungerlo.

Ormai questi posti sono in mano al turismo di massa, anche se venire qua per noi non è tanto economico. Ora è tutto moderno e più possibile spersonalizzato, riescono a toglierti anche la soddisfazione della bellezza selvaggia di questi posti, specialmente nelle gite organizzate non hai scampo.

Nel Museo del Ghiaccio c'è addirittura un assurdo bar dove i bicchieri, il banco, insomma tutto è fatto di ghiaccio, a dieci gradi sotto zero!

Buffo che Mariopio in Argentina lo scrivano tutto attaccato. Io e lui abbiamo parlato tanto, tra un colpo di martello, un panino con la porchetta e un'escursione plastificata in questa meravigliosa natura patagonica.

Secondo me Mariopio sa molto di più di quello che dice, ma mi ha spiegato che Genesio, il fratello minore, conosce i particolari e magari me li dirà, a Ushuaia fra tre giorni.

Questa zona è molto ventosa, bella e selvaggia, si ha l'impressione di essere sempre in montagna, anche sulla riva del mare. Per fortuna o purtroppo il turismo è in aumento, lo dico perché secondo me la povertà non sempre, ma a volte è meglio del consumismo, di frotte di turisti scemi che in vacanza agiscono come se stessero lavorando alla catena di montaggio. 

Mariopio mi parla di queste cose come se non le conoscessi, ma di Ludovico e degli FDP non dice niente, ha paura di essere sentito, rintracciato, collegato all'operato del fratello terrorista, rispetto al quale ha un cognome differente ora, mantenendo il suo originale.

Santiago parla poco ma è attento ai particolari e me ne tiene informato, se e quando vede che qualcuno mi sfugge. Tutto sommato è una buona compagnia, soprattutto perché è uno che sa ascoltare, poi magari fare delle domande impertinenti, riportarmi sulle mie stesse cazzate e farmele notare. Sta studiando per essere un filosofo, cioè alla facoltà di filosofia, che poi non è la stessa cosa.

 Questi grandi oligarchi del mondo, ha detto a un certo punto, che hanno diritto di vita e di morte sul popolo ignaro e manipolato dai mass media e dalle fake news, non sanno cosa sia la diplomazia, né la nostra cara e giusta evoluzione dialettica. No, ci vogliono delle bacchiate sonore, dai retta a me, sono le uniche cose che capiscono, non bastano le perdite nel portafoglio, come si poteva credere, sono troppo pieni di arroganza e potere per scoraggiarsi.

Forse Marcello però tu non sei alla pari, come Santiago, di alcuni loro segreti, non che io ne sappia tanto e la stampa e la Tv fanno di tutto per nasconderne le gesta, gli intenti e l'importanza, ma sono dei giusti, anche se hanno poche seghe, gli FDP. Guarda cosa è successo con il ponte Miccoli a Mantova e con la concessione dello sfruttamento delle autostrade.

Oltre la causa persa, che è un fatto personale, insieme a un gruppo FDP, pare che L fosse lì per colpire la famiglia Bernascon, che forse sapevano essere riuniti qua in Patagonia, dove hanno una grande quantità di appezzamenti e di pecore per via della lana e tutto.

 

NOTIZIE RIGOROSAMENTE FALSE

Sono diventato così per via della mia storia personale, un'infanzia ai tempi della dittatura e dei desaparecidos, insomma, non diamo la colpa a quello che tante altre persone hanno subito, senza diventare poi come me.

Solo che l'orrore dell'ingiustizia ha formato il mio carattere, il mio stile di vita e mi ha portato qui oggi. Credete che io non mi renda conto che sono un rompiscatole? Lo so io, lo sapete voi e se ne sono accorti anche i cinesi, che sono quelli che più mi hanno dato la caccia, e se voi state leggendo queste pagine, vuol dire che mi hanno preso e da quello che succederà, comunque sia, non c'è un ritorno possibile.

Eppure uno penserebbe che là vogliono il bene del popolo, il quale bene non lo vuole nessuno, nemmeno il popolo stesso, a quanto pare, perlomeno non si rende conto, mentre tutto e tutti fanno in maniera che non lo sappiano, quel che succede intorno.

Io però sto divagando...

Andiamo per ordine.

Le mie donne non sanno niente, ma si sono preoccupate perché io tutte le sere, fossi a Sidney o a Esteio, gli telefonavo e ci parlavo senza fretta, se non potevo le avvertivo per tempo.

Ti chiederai caro A, perché ho scelto te come mio miglior amico e portavoce al mondo, delle mie gesta, cioè di quelle dei FDP, credo che anche M ti sarà di aiuto.

Forse perché tra i tanti pur non sapendo che io ne facessi parte, mi hai sempre dimostrato ammirazione e appoggio per i nostri immortali FDP, ogni riferimento al Gremio e all'Accademia Brasiliana di Lettere è puramente casuale e fuoriluogo.

I governi seguono ottusamente il consenso dei cittadini o perlomeno fanno finta. Tutte le polizie del mondo devono andare dietro a un discorso di consenso che invece noi non vogliamo seguire, eventualmente influenzare e cambiare.

Lavorare in polizia significa spesso saper fare delle domande precise, se non quasi chirurgiche.

Per esempio chiedere al sospetto, in quale tipologia di contesto egli si trovasse impelagato oltreoceano a cavallo degli ultimi due millenni, non va tanto bene.

La nostra ultima avventura, quella quasi impossibile, era scoprire e dichiarare al mondo, con le prove inequivocabili, chi e come avesse causato la pandemia, per questo ci siamo messi contro i cinesi, ma dietro di loro c'erano anche gli americani, come al solito, poi si sono accodati quasi tutti gli altri, praticamente in blocco, ma non ufficialmente, perché per loro pubblicamente noi non esistiamo ancora.

Da notare che ho detto ancora e quasi, esistono dei governi che ci appoggiano, non sono molti e forse ora è meglio non citarli, ma sono già una decina, sul numero di 200 nazioni circa non sono tanti, ma siamo all'inizio.

Pare che i primi a nascere fossero chiamati dai loro fondatori OFDP, cioè O Fim Da Paciencia, ovvero La Fine Della Pazienza. Non si sa se loro stessi o forse anche altri interpretavano questa sigla OFDP con un più pratico Os Filhos Da Puta, cioè I Figli Di Puttana, che non è molto lontano dalla verità, solo che anche le puttane possono ribellarsi, alla fine, o perlomeno dopo un bel po' di tempo di ingiustizie e tirannie cammuffate da democrazie.

Comunque gli FDP si definivano una Rete Asociale, probabilmente la prima al mondo. Forse per contrastare l'ipocrisia e le fake news delle cosiddette Reti Sociali. A quel tempo il consenso era molto importante, ora notiamo che la gente usa di più la libertà di pensiero individuale, ma non è facile, ci vuole tempo e determinazione perché tutto attorno c'è la bugia legalizzata e allora distinguere è piuttosto proibitivo, non ci sono più metri di paragone attendibili.

I NO SUV brasiliani ora hanno decine di nomi, sia per non essere riconosciuti ma anche perché sono internazionali e quindi poliglotti, ma noi li chiameremo con il nome originale FDP.

Qualche anno fa i NO SUV sarebbero stati perseguiti dai governi di tutti i paesi allineati. Oggi no, o piuttosto molto meno. Il fallimento della politica e dei partiti come sistema di decisione pilotato dai poteri forti ha determinato una spaccatura dentro la quale la ribellione è diventata prima tollerata e oggi quasi protetta, se non dai governi apertamente, a volte e frammentariamente sempre meno di nascosto dai liberi cittadini, insomma è una rivolta a tempi lenti, anche se sempre più monitorata e ostacolata da ogni lato, per esempio con omissione di notizie importanti e fake news a 360 gradi.


         Da marbanti06@virgilio.it a bullen@tin.it ore 10 e 49 del 21 dicembre 2023

 

Carissimo Tenente Sheridan,

Tu mi dici che sei meno preoccupato: forse perché questa preoccupazione si sta trasferendo a me, per osmosi. All’inizio ero in ansia solo per Ludovico, poi per te ed ora anche per me.

In ogni caso, per stemperare questa tensione, approfitto di alcuni temi della tua mail per raccontarti fatti e misfatti vari.

Rio de Janeiro: città che mi fa incazzare. Potenzialità da prima città turistica al mondo impossibilitata dall’esserlo a causa della violenza. Personalmente, comunque, è stata una lezione di vita brasiliana. Dopo ventitré anni e mezzo che dall’Italia avevo studiato  teoricamente il Brasile, le due settimane passate lì sono state vere lezioni pratiche. Dico sempre che ho avuto tre angeli: Norberto e Helena di cui ti ho parlato nella mail passata e Ronaldo, tassista fisso a cui Norberto mi aveva affidato per qualsiasi movimento all’interno della città e non solo.

Ronaldo, paraibano trapiantato a Rio, mi faceva schiantare dalle risate. Quando passavamo, per esempio, davanti ad una chiesa, molto seriamente mi diceva, indicandomela: “una chiesa”. Davanti ad un parco: “un parco”. Davanti ad uno stadio: “uno stadio”, e così via. Ed io, altrettanto seriamente, muovevo la testa in segno di sorpresa.

Gli angeli effettivi erano in realtà di più, come dimenticare per esempio di Barbara o della compagna di Norberto.

La mia vita a Rio era a metà tra il turista e, cosa che successivamente mi è stata utilissima, il normale residente. Infatti Norberto, che abitava nella Ilha do Governador, studiava la mattina in centro e dava lezione il pomeriggio a Duque de Caxias. Spesso l’ho seguito, quindi mi svegliavo la mattina poco prima delle cinque, per prendere l’autobus per il centro. Mentre lui studiava, io camminavo lì intorno, poi rapido pranzo e altro autobus per Duque. Lì assistevo ad alcune sue lezioni e poi, ultimo autobus per tornare a casa. Insomma, una sfacchinata: ma era vita vera. Poi, chiaramente, ho fatto anche il turista. Ma, non volendoti troppo annoiare, ecco (per il momento) solo alcune considerazioni.

Sulla Rocinha, o meglio, sulla favela in generale: chiaramente a Rio è impossibile non venderne, anche se magari non ne conosciamo il nome. Andai vicino a visitare la famosa Maré. È che Norberto, studente di sociologia, doveva fare un lavoro proprio in questo luogo e mi propose di accompagnarlo. Come turista in cerca di cose nuove ed esotiche, risposi con entusiasmo di sì. La compagna di Norberto, invece, era totalmente contro. Finì che non andammo, con un pizzico di mia incosciente delusione. Successivamente seppi che non andò neppure lui.

Con Ronaldo, invece, andai alla chiesa della Penha, che è circondata proprio da un complesso di favelas, nonché vicina al famoso Alemão. È la chiesa che sta su un colle che da lontano sembra un cubo. Si vede bene dal Galeão, nella sala di attesa dei voli internazionali. Quando faccio scalo in questo aeroporto, è proprio da lì che mi soffermo ad osservare le bellezze di Rio (si riescono a vedere anche il Pan di Zucchero e il Corcovado): e ad essere pervaso da quel sentimento rabbioso del “potrebbe ma non vuole”.

Carissimo, siamo vicini a Natale. Festa religioso-commerciale che è uguale in Italia e in Brasile. Ricordo che quando abitavo ancora nel Belpaese, mi chiesero come si festeggiava il Natale in Brasile. Esposi il fatto che era come in Italia, con la differenza che nel Paese sudamericano faceva caldo. La persona, un giovane, mi guardò e, pensierosa, disse “ad agosto...”. Gli feci capire che il giorno era lo stesso, il 25 dicembre, ma che lì era estate. Fece lo stesso gesto, ed espresse le stesse parole. Io, iniziando un po’ a perdere la pazienza, gli illustrai il fatto che il pianeta Terra era diviso da una linea immaginaria chiamata equatore e quando nella parte chiamata emisfero nord era inverno, in quella opposta, sud, era estate e viceversa. Quindi il 25 dicembre a Pescia faceva freddo e a Rio de Janeiro, caldo. Finalmente annuì convinto e ripeté: “agosto!”. Distrutto e sconfitto, abbassai lo sguardo e mormorai: “sì, ad agosto”.

Certo che è strano fare l’albero di Natale in infradito e bermuda. Espressi questo concetto ad una persona, Alda –  italiana che tu hai conosciuto come coordinatrice della scuola, mentre io per un breve periodo sono stato il professore di un suo centro di traduzioni – durante il mio secondo Natale brasiliano. “Mi ci abituerò”, le dissi. Lei mi guardò, e nel suo classico modo iperserio disse: “Tu non ti ci abituerai MAI”. Ed infatti oggi è il mio ventesimo Natale, anzi diciottesimo, visto che in questo periodo per due volte sono stato in Italia, e quando faccio l’albero scuoto la testa in segno di incredulità.

Non è solo la temperatura meteo che mi sorprende, qui in Brasile. Ma anche altre temperature, per esempio quelle delle bevande. Il mio primo caffè preso qui fu in un bicchiere di plastica. Bicchiere normale, non un bicchierino, vista la quantità del liquido che un italiano avrebbe difficoltà a chiamare caffè. Ero con Norberto, il quale prese il contenitore e ingurgitò la bevanda senza difficoltà.

Lo feci anch’io, ma, portandomi il bicchiere alla bocca, la mia mano inizò a tremare per l’altissima temperatura. Dovetti posarlo sul tavolo ed aspettare una decina di minuti, affinché tornasse ad una temperatura accettabile, facendo innervosire il mio amico che di lì a poco doveva iniziare una lezione. Lo stesso amico che poco prima avevo visto bere una birra gelatissima: ma questi brasiliani, che esofago hanno?

Sul lato negativo che il turismo porta nei luoghi, mi viene in mente Alberobello, in Puglia, la patria delle caratteristiche costruzioni chiamate “trulli”. Molti di questi sono diventati negozi di prodotti tipici, perdendo quel significato storico e quel clima che, per esempio, si respira nei Sassi di Matera, in Basilicata. Sono stato nelle due città a distanza di pochi giorni e questo è stato il sentimento che ho provato, confermato anche da un operatore culturale materano che mi stava illustrando un particolare teatro. Sì, anche dentro i Sassi c’è del commercio, ma la storia viene prima. Ad Alberobello è il contrario.

Sul consumismo, le cose sono notevolmente peggiorate negli ultimi anni. C’è sempre stato, come per esempio testimonia la canzone “Baby”, di Caetano Veloso, dove l’espressione “você precisa”, cioè “tu hai bisogno”, fa riferimento alle pubblicità che hanno come scopo il farti avere necessità che in realtà non hai, per farti comprare qualcosa. Pensavo fosse una canzone d’amore, invece… Beh, oggi molti danno la colpa anche o soprattutto agli influenzatori – permettimi di usare la parola italiana – mentre è chiaro che sia di coloro che si lasciano influenzare, i seguitori… seguaci… come li chiameresti?

Una domanda: hai incontrato degli italiani? Perché normalmente sono (siamo) dappertutto. Come ti ho già detto, il primo posto che ho visitato a Rio è stato il Pan di Zucchero. Arrivatoci, le prime voci che ascoltai erano in italiano, specificamente di una regione. Appartenevano ad un gruppo di ragazzi che, quando mi videro mi chiesero se potevo fargli una foto, visto che non esistevano ancora i selfie.

Anzi, esistevano già, perché mia nipote Christie (italianissima, nonostante il nome) le faceva già da tempo, Tant’è vero che quando io ne volevo scattare una, dicevo “facciamo una foto alla Christie”, con “alla” nel senso di “al modo, alla maniera”. Ha perso un’opportunità di brevetto, perché vari anni dopo è arrivata la ministra danese che ha fatto questo tipo di foto con Obama ed il nome selfie è entrato nel vocabolario comune.

Insomma, questi ragazzi mi videro e mi chiesero di fare questa benedetta foto. Mi fecero la domanda in inglese, pensando che potevo essere un turista proveniente da una qualsiasi parte del mondo. Solo che tutti giungevamo dallo stesso luogo. “Potete parlare italiano: anzi, in toscano, visto che veniamo da lì”. Infatti quel pomeriggio, sul Pan di Zucchero erano rappresentate cinque o sei, non ricordo bene, delle dieci province toscane.

Spero di averti fatto passare un paio di minuti senza avere per la testa quella che è una vera e propria organizzazione internazionale, la cui vera pericolosità ancora mi sfugge.

Quindi, caro amico, ti auguro un Buon Natale, tu che lo vivrai a temperature più consone a quelle dove siamo nati: ma non esagerare nell’avventurarti in situazioni poco chiare, se non addirittura totalmente nebulose.

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Da bullen@tin.it a marbanti06@virgilio.it ore 6 e 12 dell'23 dicembre 2023

 

Marcellissimo!

Non mi ci sono abituato neanch'io alle sante feste natalizie con il caldo, ma con il tempo ho imparato proprio a ignorare il Natale e questo mi ha aiutato, il caldo però lo sento anche troppo e sempre di più, con il passare degli anni.

Non ho incontrato italiani, negli ultimi anni quando mi succede faccio finta di essere muto o sordo, comunque non del paese loro. Per me sono un condensato di stereotipi che non mi fa alcun piacere di conoscere, dopo due parole so già tutta la rispettiva storia personale. So anche che non sono tutti così, ma di solito quelli che incontro io purtroppo sì.

Il viaggio in aereo da El Calafate a Ushuaia è veloce, più o meno come da Porto Alegre a Curitiba, un migliaio di chilometri circa.

Colpo d'occhio notevole: situata ai bordi del canale di Beagle e circondata dai monti Martial, Ushuaia offre un paesaggio unico in Argentina: la combinazione di montagne, mare, ghiacciai e boschi.

Trattasi di una località di villeggiatura argentina che si trova all'estremità meridionale del paese nell'arcipelago della Terra del Fuoco, soprannominato "la fine del mondo". Spesso battuta dal vento, Ushuaia è edificata su una collina scoscesa ed è circondata dai monti Martial e dal canale di Beagle. La cittadina è il punto di partenza per le crociere in Antartide e verso l'Isla Yécapasela, conosciuta come "l'isola dei pinguini" per la presenza di numerosi esemplari di questo animale.

Santiago a volte sembra un vero turista, fa un sacco di foto, ma ha detto che per ora è meglio non spedirle a casa, questo denota una certa saggezza, perché qui non si sa se stiamo rischiando qualcosa anche noi e nel frattempo è meglio stare in campana.

Mi piace assai la cantilena del castigliano degli Argentini, che poi la V diventa una B, come el bino, per esempio. A proposito: il vino, qui è buono, ma non credo di avere visto delle viti in giro, viene da altre parti dell'Argentina, molto più a nord.

 Ushuaia, in considerazione della sua posizione geografica nell'emisfero sud, ha un clima particolare (Cfc): inverni relativamente miti (temperature medie sulle 24 ore attorno ad 1-2 °C) ma estati decisamente fresche (medie di circa 10°C), precipitazioni leggermente più abbondanti nei mesi autunnali.

Secondo le guide è assolutamente obbligatorio, e comunque anche secondo me auspicabile, visitare il Museo della Fine del Mondo, una costruzione del 1902, che conserva le interessanti opere d'artigianato degli indiani Ona, i resti di naufragi, documenti e foto riguardanti la storia della regione e, ad ovest della città, il Parco Nazionale Lapataia, una riserva vergine dove si può passeggiare nella foresta difaggi australi lengas e coihués e dov'è sorprendente il numero dei castori che arrivano a formare delle dighe con i tronchi degli alberi.

Sono curioso di vedere com'è il Natale Patagonico, per ora mi pare più per i turisti che per gli abitanti, e manca poco.

Prima che mi dimentichi, vai a dare un'occhiata anche te ai miei gatti e cani? C'è il mio vicino Zè e la mia vicina Brandina che se ne occupano, ma un terzo parere mi farebbe comodo, in fondo quei quattro animaloski sono la mia famiglia. La chiave del cancello sai dov'è e quella di casa è sempre allo stesso posto.

Qui non so se rimarrò solo una settimana, da come si sta mettendo la situazione forse ritornerò presto, se arrivo in pochi giorni è perché le cose sono messe così male che non ci sia rimedio.

Genesio mi ha detto che il nostro non è poliglotta per caso. Sto proprio parlando di Antonio, che per noi è Ludovico, pare che sia un terrorista internazionale, ma non di quel tipo classico.

E lì per lì non ho capito se Genesio e Mariopio approvano, come faccio io, l'operato di questo gruppo multinazionale, ma a base brasiliana, chiamato FDP, Fim Da Paciencia, ovvero Fine Della Pazienza. Sono preoccupati, gli vogliono bene, se non mi sbaglio lo vedono non solo come un fratello, ma come un determinato castigamatti, un fottuto eroe moderno.

 Ludovico è passato di qua, naturalmente hanno fatto finta di non conoscersi, secondo lui i cinesi lo hanno preso, forse ora anche loro, i due fratelli sono in pericolo, o anche io stesso, ma per lui ormai non c'è niente da fare, lo dice lui nelle sue email previe, lo dice anche Genesio, insomma dicono che tutto il mondo emerso gli dava la caccia, o quasi e noi non ne sapevamo niente.

 Io gli ho fatto un sacco di domande tra cui una in primis: che c'entrano i cinesi? Genesio mi ha fornito un relativo sacco di risposte, delle quali posso dire tranquillamente che non ci ho capito niente, all'inizio questo mi ha innervosito, poi ho creduto di comprendere, ma non ne ero affatto sicuro.

 Ci siamo fatti diligentemente anche la visita al Museo Marittimo installato nell'antico carcere (una delle prigioni più famose della storia argentina) e l'interessante escursione con il Tren del Fin del Mundo che percorre uno dei sentieri utilizzati dai carcerati decine di anni fa per rifornirsi di legna attraversando i boschi centenari.

E comunque ero piuttosto distratto e pensavo ad altro, mentre vedevo passare cinesi, giapponesi e coreani... forse anche malesiani o peggio, tutti assai fotografanti e selfanti, ma senza saperli distinguere bene.

L'unica cosa certa è una certa malcelata turbolenza, poi che al momento ho inteso che da un bel po' le email non sono le mogli che me li mandano, ma è lui stesso, Genesio, sono andato a vedere l'indirizzo elettronico di provenienza ed è vero.

Dallo spartiacque ideale della sparizione di Ludovico, che non sappiamo ancora esattamente quando è avvenuta, 7weBNttt8?@gmail.com.br si è segretamente trasformato in 7wBNtttt8?@gmail.com dato che purtroppo la comunicazione tra di loro, per ovvi motivi, è problematica e rischiosa.

D'ora in avanti però è meglio parlare sulla cassa delle bozze Zetamail del mio amico Edinho, che tanto non la usa mai, ed è quasi analfabeta, te lo sai. La password è il suo numero di targa, della Ford Ka che ora non ha più, ma tu lo sai, perché ne hai una foto, piuttosto brutta ma ben chiara, dopo quell'incidente a Belem Novo di un anno fa, o erano due?

Nelle bozze troverai la mia email, la ricopi dove vuoi tu, per leggerla con calma, la cancelli dalla bozza e ci scrivi la tua, poi io faccio lo stesso e che Dio, Allah o Manitù ce la mandino bòna e senza mutande, come diceva mio padre, ma quando non c'era in giro mia madre.

Verso l'ora di cena, dopo un'escursione bell'assai, ma stancante, almeno per certi vecchietti che io conosco purtroppo bene, parlando con Santiago abbiamo inteso che indirettamente e nascostamente - magari quest'ultimo avverbio l'ho inventato io ora - Genesio è collaboratore, smistatore di messaggi, raccoglitore ospitante e rassicurante di soldati degli FDP di passaggio.

Pare che L e G (che è Genesio) non comunicassero direttamente. Tutte queste cose le sa, perché amico e indiretto collaboratore di Q, eroe metropolitano e campagnolo argentino e ufficiale degli FDP.

Si mangia bene qua, pesante e carnivoro, d'accordo, ma cucinato a dovere e completamente ignari dei dettami vegetariani e tanto più vegani. Anche il pesce è buono e senza tante panne o condimenti strani, la culinaria semplicità funziona ancora nonostante il turismo, almeno per ora.

La facciata dell'occupazione di Genesio è questa piccola pensione di legno e vetro, che però così, modernamente antica, oppure rustica clean, piace anche ai turisti.

Ci stiamo spedendo email da dentro lo stesso edificio di tronchi di legno, senza mai ammetterne di averne ricevute. Lui dice che qua sono sicure, meglio di parlare e poter essere uditi. Dice che i cellulari sono più sicuri del computer e io ti mando tutto con il mio.

Questa che mi sta raccontando a forza di email prefabbricate è una storia che io, anzi noi, dobbiamo spiegare alle mogli. Visto che io mi trovo qua potresti avvantaggiarti, sanno chi sei e cosa fai, sei uno dei migliori amici di Ludovico, volente o nolente.

Loro due e noi, visto che ormai L, cioè Ludovico, lo hanno preso, non dovremmo correre pericolo, secondo questo tosto fratello minore, che parla poco ma quando lo fa non si capisce cosa stia dicendo e perché.

Tirandogli fuori le parole con le pinze non si capisce lo stesso, forse l'incertezza e la confusione aumentano, per fortuna ci sono queste email, sennò starei ancora navigando nel burrascoso stretto di Magellano delle opzioni potenziali e burrascosamente sornione di questo assai prossimo Capo Horn. Davanti a noi il canale di Beagle è più calmo e meno minaccioso, ma piuttosto lungo ed enigmatico.

L'agguato ai famigerati Bernascon ha funzionato, sono riusciti ad acchiapparli, sembra, ma dall'altro lato, la perdita è quel gran pezzo di fottuto Ludovico. E pare che sia  addirittura il capo dei FDP, o meglio dire lo era.

Loro, i cinesi, sapevano che anche L sarebbe dovuto intervenire per una operazione importante come questa e la doppia trappola ha funzionato, sia da una parte che dall'altra.

Sicuramente questo agguato ai Bernascon sarà insabbiato, a livello di notizie ci si manterrà sulle solite e pratiche fake news. Diranno che è stato un incidente tragico che ci ha privato della preziosa vita di questi amatissimi veneti, che davano lavoro a tanta gente, niente affatto sfruttatori dell'umanità manipolata e ignorante. Vedi quello che dicono anche lì, se mai diranno qualcosa.

Vogliamo parlare personalmente con Q, se è qui in giro come dicono, se ho ben capito lui c'era a Pedras Claras, dove è avvenuto anche uno scontro a fuoco ed è successo quello che è successo, che per ora non si sa bene, speriamo poi.

Inopinatamente ma non troppo, qua ci si imbatte in diverse e numerose gite di cinesi, piuttosto somiglianti tra di loro, ma si possono distinguere dai giapponesi dalla maniera di vestire. I coreani però sono piuttosto simili. Insomma sono escursioni forse tutte autentiche, meno una: quale?

Genesio guarda anche lui con gli occhi semichiusi tutte queste potenziali, ma non necessariamente false comitive, ha detto che prima non ne aveva mai viste tante in un lasso di tempo così breve. A El Calafate anche ce ne erano alcune.

Secondo me L si aspettava che potesse andar male, ha previsto anche l'arrivo imminente del Natale senza di lui.

Queste email che seguiranno ti apriranno magari un mondo che non credevi possibile, ma esiste e si muove, cerca di farsi largo: la Fine Della Pazienza.

Insomma, pare che costoro colpiscano e abbiano già raggiunto grosse personalità, tra le grandi teste di cazzo del pianeta in questione, c'è l'imbarazzo della scelta, ma di solito sono difficili da raggiungere. Loro lo hanno fatto con notevole successo, però sempre o quasi nascosto, oppure forgiato dalle notizie di facile accesso, che poi sono quelle che gli esseri umani perlopiù vedono e sentono, nella maggior parte dei casi. Pare però che la gente li appoggi sempre di più, cercando di andare oltre le fake news che per ovvi motivi li condannano a 360 gradi. Invece hanno ragione e futuramente lo dimostreranno anche ai più scettici. (Avverbio generosamente suggerito da Cetto la Qualunque, personaggio che anche Santiago conosce, attraverso Youtube).

 

 

“Chi ha rotto le scatole ai cinesi?”

Il Black Friday e il Natale ormai sono la stessa cosa, li mantengono separati per un romantico motivo di tempo associato al lucro. Durante le sante feste, quando tutti - ma proprio tutti - diventano più buoni, per una strana ma logica conseguenza, io divento più cattivo. Molto più cattivo.

Se queste mie parole diventeranno pubbliche, un giorno, significherà che qualcosa è andato storto, che ci siamo sfasciati contro il muro dell’indifferenza, il che non è troppo difficile a immaginarsi. Oppure che siamo diventati eroi internazionali, piuttosto, questa è una guerriglia a tutto campo e ogni cosa può accadere, noi non siamo certo qui per la gloria.

Il Brasile è una delle nazioni che quasi di nascosto ci appoggia, oltre che il luogo dove gli FDP sono nati, il posto ideale dove nascondersi, da sempre, quindi lo abbiamo scelto come sede.

Il termine terrorista è sempre stato usato a sproposito, ma noi siamo dei veri terroristi, alla fine e/o finalmente. La favela è il luogo dove l’ingiustizia sociale è più evidente, non ci ho mai abitato, ma il nostro movimento si può dire che sia nato in una favela brasiliana, perché è proprio lì che la gente può comprendere al volo l’ipocrisia dell’epoca moderna, della civiltà occidentale, di un mondo dove le cose brutte si nascondono e quelle apparentemente belle invece si sbandierano.

Spesso è proprio la rabbia che ci viene fuori prepotente, ma ci hanno insegnato che bisogna contenersi, perdere il controllo non serve a niente e su questo siamo d’accordo.

Bisogna sfogarsi però, sennò s’impazzisce, quindi ho capito un’altra cosa, che la rabbia si può controllare e anche sfogare, basta non perdere la visione d’assieme, un disegno generale con una prospettiva razionale, un obbiettivo anche pazzo da raggiungere. Non so perché ma sento il bisogno di giustificarmi, eppure so che chi ci stima non ne ha bisogno, che a chi ci odia le mie spiegazioni non serviranno certo a cambiare idea. Forse ho solo bisogno di convincere me stesso, chi lo sa?

La nostra rabbia contro il mondo, la società, la politica, le banche, le multinazionali, il WTO e via discorrendo, quella rabbia fredda e controllata ha deciso per noi, in fondo e i soldi di K ce lo hanno permesso, o meglio, quelli di suo padre, insieme ai miei, che sono pochi, ma tutti collaboriamo nel limite dei mezzi che abbiamo a disposizione.


28 dicembre 2023

 

Carissimo Commissario Maigret,

Sinceramente, non so che dirti. A volte le cose di cui mi parli paiono così assurde che mi viene da pensare a un fantasmagorico scherzo del nostro Ludovico.  Se però mi soffermo un attimo a pensare, vedo che i fatti sono plausibili e lì vado in confusione. Quali sono i rischi che noi corriamo? Mi sembrano parecchi, soprattutto tu.

Quanto alle notizie sui Bernascon, in Brasile non dicono niente di diverso da quello che dicono in Italia, lo avrai visto anche tu in internet, usando quasi le stesse parole tradotte, cioè che Alberto è morto in un incidente di caccia. Si accenna di passaggio alle immense proprietà immobiliari e alle tenute agricole in Patagonia, quasi un milione di ettari.

Chi per ora è tranquillo, è il tuo personale zoo: cani e gatti sono rifocillati a dovere. In ogni caso ci tornerò per tenere sotto controllo la situazione. Ho notato negli occhi, soprattutto dei cani, un certo velo di tristezza, dovuto certamente alla tua assenza. Quando mi hanno visto mi sono corsi incontro festanti, forse con la speranza che tu fossi con me. Accorgendosi che ero solo, sono tornati mestamente al loro posto. Ma per il resto, ripeto, tutto bene.

Gli italiani all’estero: a volte li giudico insopportabili. La cosa ganza è che lo dico a te, che lo sei. Dovrei dire il famoso “niente di personale”, ma so che hai gli stessi miei pensieri. È insopportabile l’improvviso nazionalismo che in Italia poi non hanno per niente, salvo per rari e brevi sprazzi. Raro e breve nazionalismo che, confesso, una volta ho avuto anch’io.

Eravamo sulla Lagoa Rodrigo de Freitas, chiaramente a Rio, Helena ed io per cenare. Il posto scelto aveva nel suo menù nomi che a me suonavano strani. Helena mi disse che erano di varie cucine internazionali. Uno di questi, kibe, attirò la mia attenzione e le domandai che cosa era. Lei strabuzzò gli occhi e guardandomi inorridita gridò uno spaventoso e divertente al tempo stesso “NON HAI MAI MANGIATO UN KIBE??????”. Dopo che raddoppiò la domanda con un “ma allora cosa mangi?”, mi venne fuori quello spirito nazionalista di cui sopra e che non avevo mai avuto. Mi aveva fatto sentire come se non aver mai mangiato un kibe fosse il peggiore dei peccati, per cui guardandola negli occhi, le risposi: “io abito in un Paese che ha la migliore cucina al mondo. Non ho bisogno delle altre”. Appena finita la frase, mi pentii  di averla detta, soprattutto per il tono di superiorità che avevo usato.

In altre occasioni questo orrendo nazionalismo mi viene nel pensiero, ma fortunatamente almeno per ora non l’ho espresso oralmente. Ho un altro tipo di nazionalismo, il “toscanismo”. Una volta dissi a un collega – italiano pure lui, ma non toscano – che se la Toscana fosse stata ancora indipendente, niente e nessuno mi avrebbe tolto da là. Beh, un po’ esagerato ma lo dissi. E di quello non me ne sono pentito, eheheh.

La scorsa settimana sono andato alla festa per il diploma di mia nipote. Quella che qui si chiama formatura e che in Italia non esiste, almeno alla fine delle scuole elementari e medie (uso la vecchia nomenclatura, così noi ci si intende) che qui è l’ensino fundamental. I rappresentanti delle classi hanno letto un loro discorso di saluto. Mi sono impressionato, perché la loro lettura era velocissima: a volte ho avuto anche difficoltà nel capire. Me ne sono compiaciuto, visto che  dimostrava che la scuola era servita. Ma, allo stesso tempo, era una lettura senza ritmo. È la rappresentazione pratica di come è la vita attuale: veloce e piatta.

Oggi è tutto rapido, tutto di corsa, tutto fatto per essere visto, mangiato, digerito e, permettimi, cacato allo stesso momento. Senza dover pensare, senza poter gustare le infinite sfaccettature della vita. Che per noi di una certa età è diventata incolore, senza cadenza: per loro, i ragazzi, è l’unica che hanno visto, l’unica conosciuta. Il mondo fatto di montagne, di valli, colline, scogliere… no, non c’è più. Il mondo è un’unica infinita pianura che si può percorre in pochissimo tempo, che non ti dà il piacere dell’attesa della scoperta, del sapere cosa c’è oltre quel colle, il piacere del pensare e di riflettere.

Ho notato questo anche nei telefilm polizieschi. Di norma adesso durano circa tre quarti d’ora e non c’è tempo per farne una critica, per vedere se il racconto è attendibile, realistico. Una volta duravano di più e alla fine potevi anche dire che un determinato episodio era una cretinata. Avevi più tempo per analizzarlo, utilizzando lo spirito critico che il tempo ti dava. Siamo nell’era del tutto e subito, più veloce meglio è, dell’accettare senza pensare. Magari sono io che sono un po’ troppo pessimista. O forse anch’io dovrei far parte dei FDP di Ludovico. No, troppo pigro per esserlo.

Siamo alla fine dell’anno, carissimo. Sta arrivando il famigerato “ultimo dell’anno”, giorno che m’è garbato da piccino, perché era l’unico in cui si poteva “fare mezzanotte”. Poi, crescendo, il “fare mezzanotte” non è stata più un’esclusiva del 31 dicembre e quindi l’interesse si è perso. Anzi, ti dirò la verità: non lo sopporto. “Cosa fai per l’ultimo dell’anno?” è una domanda a cui rispondo “alle 10 (di sera, ovviamente) dormo”. Non è vero, ma è per far capire che non m’interessa.

Me ne ricordo uno in particolare, quello del passaggio tra il 2001 ed il 2002, quello dell’Euro, per intenderci. Erano tutti contenti o quasi del cambiamento della moneta. Nel “quasi” c’ero io ed infatti quella notte bevvi un pochino di più. L’unica volta che mi sono ubriacato, anche se non fino ad estreme conseguenze. Vedevo, e vedo, l’Unione Europea come una buona cosa sulla carta, ma che si basa sull’economia e non sulle persone. Non è un caso che prima si chiamasse Comunità ECONOMICA Europea. Con un gruppo di amici, quella notte andammo in un luogo adatto per vedere i fuochi d’artificio e a mezzanotte, quando cominciarono, feci una specie di comizio contro la nuova moneta di cui ricordo, causa le bevute precedenti, solo l’inizio: “Cosa cazzo festeggiate??”.

Sarà che gli FDP sono nati in quel periodo, come forza di resistenza al potere delle banche, dell’ipocrita unione di persone che invece è un unione (e neanche tanto) di capitali? Ma senti te come viene a galla questa organizzazione misteriosa. Non è che Ludovico mi ci avrà iscritto senza che io lo sappia?...ehehehe… Pensando alla persona che è, non mi sorprenderebbe.

Che sia o che non sia, amico Alfredo, ti faccio gli auguri per un 2024 pieno di sorprese, cosa di cui sono sicuro. Bisognerà vedere se sono positive o negative. E sta’ attento, mi raccomando. Anzi, STIAMO attenti.

Marcello

 

P.S. : tu cerchi il freschetto nel sud del continente, ma ieri era più freddo nella nostra Serra che a Ushuaia.

 

 

01/01/2024

 

Caro Marcello

speravo che qui il Natale e l'ultimo dell'anno fossero diversi, invece no, vanno dietro ai gusti dei turisti.

Ti prego di andare a parlare con le donne di Ludovico, se ancora non lo hai fatto, magari telefonagli prima e passagli tutte queste notizie che ti ho mandato e quelle che ti sto mandando. Credo che sia quello che Ludovico vuole o voleva, per alcuni giorni io non sarò più raggiungibile, ma fai capo a Genesio, con il sistema nuovo sulla cassa delle bozze di Zetamail del nostro amico.

Volevo spedire a casa Santiago, ma non c'è stato verso, sta comunicando con i suoi in una specie di codice che non ha voluto spiegare nemmeno a me, non si sa mai, ha detto e ha riso, forse l'unica volta che ha riso.

Stanotte, in Brasile si direbbe piuttosto de madrugada, Genesio seduto davanti al fuoco, in un momento di calma, mi ha spiegato alcune cose, almeno questa è stata la mia approssimativa traduzione dallo spagnolo-argentino:

"Se vedi uccidere un uomo tutto sembra più chiaro, ma quelli là non lo fanno apertamente, fingono di essere dei benefattori, ma con il loro comportamento uccidono, o li fanno vivere oppressi, senza dignità, che forse è anche peggio. Proprio per questo, ma non solo per questo, costoro non meritano pietà.

Nella maggior parte degli omicidi c’è una necessità, un impulso più forte rispetto agli altri crimini; se non fosse così, nessuno avrebbe un motivo per uccidere. Se ci fossero state alternative. La necessità. Il dolore, la determinazione e l’assoluta necessità. Le cose stanno proprio così. Il dolore. La determinazione. La necessità.

Tu forse non capisci, appartieni a un mondo un po' più fortunato del nostro, ma noi che abbiamo passato quello che è successo qua, non tanti anni fa, la morte la conosciamo e anche le torture e anche l'umiliazione, tutto fuso insieme a fare un blocco unico di dolore, che si è trasformato con il tempo in un'incapacità di sopportare le ingiustizie, ora che possiamo fare qualcosa e allora lo facciamo."

E Santiago qui ha dimostrato di capirlo meglio, secondo me, è anche abbastanza logico, Né io né te abbiamo passato questi guai che gli argentini conoscono abbastanza bene. È vero che noi abbiamo avuto la guerra, ma loro la guerra ce l'hanno avuta contro loro stessi, dentro la propria patria, che secondo me proprio per questo e quello che è successo, in misura e intensità minore, anche da noi durante il fascismo, è un concetto di manipolazione, in altre parole una stronzata immane.

Q sta per Quiroga, ed è disposto a incontrarmi, ma vive in un luogo molto lontano dalle città, per arrivarci non ci sono strade. Genesio dice che è l'unico che lui conosca che è in grado di dirmi che cosa è successo e se veramente L è stato preso, se è morto o se è vivo, insomma, quello che devo sapere ora è questo. Prima di tornare a casa devo sincerarmi di cosa è accaduto, sennò anche il mio viaggio, il mio venire qua, non avrebbe avuto alcun senso.  

Mentre mi preparo per partire penso ai disegni dell’esistenza. Collegamenti nascosti, coreografie e altri fenomeni simili… determinanti ma impensabili, solo con il senno di poi si vedono questi fili che uniscono e separano la vita della gente, dai fenomeni che non sappiamo spiegarci ma esistono.

Io per esempio, che le notizie di facile accesso le evito, li conoscevo già, cioè ne avevo sentito parlare di questi FDP, li confondevo con i NO SUV, ora so che erano la stessa cosa. Comunque avevo il dubbio che esistessero, oppure che fossero diversi da come mi sembravano, cioè qualcosa di buono e di giusto. Ogni tanto se gli articoli mainstream ti snobbano, alternativamente cercano di minimizzarti e di demonizzarti, vuol dire che potresti essere nel giusto, non sempre, non necessariamente, ma a volte sì.

Se tutti parlano bene di te, di sicuro sei uno stronzo, come le Acciughe per esempio, tutti a dire che era un movimento spontaneo, quindi era facile pensare il contrario da subito.

Nate magicamente chissà come e appena raggiunta una certa popolarità per prima cosa sono andate a trovare i Bernascon, nell'occhio del ciclone per via del crollo del ponte Miccoli, e si sono fatti fotografare insieme, è stata la loro fine, appena uscite dal guscio.

 

Per farvi capire qualcosa di più su di noi, per passar questa notizie alle mie donne, qui un resoconto di alcune delle tante cose da sapere:

 

N (direzione generale e moglie del defunto fondatore E)

 

Purtroppo nella storia del mondo di grandi uomini ce ne sono sempre stati pochi, non sto parlando di ciccioni, che quelli sono numerosi. Un grande uomo era il mio ex marito E, piuttosto magro, un altro è stato Ghandi, secco come un chiodo, ma oltremodo consistente.

Un’ironia che il primo pratico, ma anche simbolico, atto del nostro sodalizio è stata l’esecuzione dei capi dei tre comandi dei trafficanti di Rio de Janeiro, che avevano ammazzato E, mentre ci preparavamo ancora a entrare in azione.

Il bandito è un traditore naturale, ogni sottocapo vuole diventare capo e così via, è stato relativamente facile e a buon mercato.

Dopo ecco il deputato brasiliano Sandro Vaia, suggerito e poi documentato da I e B, scappato negli USA dopo che uno dei suoi grattacieli, costruiti con sabbia di mare e materiale scadente era caduto e la gente superstite, oltre alla vita dei familiari, aveva perso anche la sua casa senza speranza di potersela vedere risarcita.

Non era stato difficile assoldare un professionista e metterlo sulle tracce dello schifoso. Naturalmente poi iniziammo anche a fare la propaganda sui giornali e su internet, chiamammo il nostro gruppo la Fine della Pazienza. Noi naturalmente miravamo molto più in alto, perché Vaia era un pesce piccolo, era stato cassato dal parlamento e se ne era dovuto andare dal Brasile, era solo un simbolo del passato, anche se piuttosto recente.

 

 

 

I (addetto agli addetti e agli addendi)

 

Da solo non avrei potuto far niente, se non altro perché non ho soldi e per fare quello che volevo fare ci vogliono i soldi, oltre che coraggio e determinazione.

Il sistema t’incatena al denaro e anche quando ti ribelli al sistema stesso, non per caso, quello ancora ti controlla, in qualche maniera, attraverso quei meccanismi di cui l’uomo è schiavo se non da sempre o quasi, è incredibile come è difficile fare qualcosa di differente.

Quando è morta mia madre, per un’infezione all’ospedale S.Marta, mi sono trovato pronto all’azione e B mi ha portato qua da loro.

Tra di noi c’è anche IV, un vecchio indio di quasi ottant’anni, una specie di filosofo tranquillo e incazzato allo stesso tempo, che ha vissuto come un eremita fino a non molto tempo fa. Direi che nella vita si cambia e parecchio, almeno all’esterno, nelle nostre manifestazioni, voglio dire, anche se dentro di noi siamo sempre gli stessi.

Una volta non capivo che cosa pretendevano fare i terroristi, per me erano solo dei matti da manicomio, anche se dal fuori forse è quello che tanti pensano di noi, ma per fortuna non tutti. Insomma poi ho capito che il mondo ti porta a certe scelte drastiche, non sono tutte inevitabili, ma solo possibili e logiche, credo che sia questione di temperamento.

Avete fatto caso che i terroristi ammazzano sempre innocenti che non hanno niente a che fare col problema che si vuole combattere? R mi ha fatto notare che tante volte applicano il terrore per arrivare esattamente al contrario di quello che dicono. Spesso vogliono ottenere sdegno e reazioni del consenso pubblico, spostare il suffragio universale nella direzione desiderata. I terroristi veri dovrebbero agire diversamente: perché non colpire i potenti, invece, chi veramente ha le mani in pasta?

È un successo che esista già una rete asociale in concorrenza con noi, il terrorismo sta subendo una fottuta evoluzione dialettica, finalmente si è capito chi e cosa bisogna colpire, se vogliamo dei risultati utili a tutti. Il gruppo degli Amici dei Nemici, nato nell'estremo oriente e sviluppatosi in Australia, Cina, Giappone e Filippine emula le nostre epiche gesta, con efficacia esemplare e relativa ottima organizzazione. Non è escluso nemmeno che un giorno ci si possa unire, ma forse è meglio, almeno per ora, agire separatamente e in concorrenza, per raggiungere più qualità e quantità negli interventi.

 

 

R (artigliere capo degli FDP)

 

Niente più del silenzio spaventa gli esseri umani, perché da quello si possono immaginare infiniti pericoli in agguato e la vigliaccheria spesso per noi non è altro che l’incapacità di arrestare la corsa dell’immaginazione.

Passiamo la vita intera a cercare di capire quello che ci circonda, leggendo, documentandoci sulle cose del mondo, fino al punto in cui ci rendiamo conto che abbiamo finalmente un’idea approssimativa e generale sufficiente. La gioventù ci ha già abbandonati da tempo e quel temperamento esplosivo di una volta è diventato assai più riflessivo, raggiunta e passata la cosiddetta mezza età e quella necessaria distanza che ci permette di vedere le cose con una invidiabile visione d’assieme, è vero che ora il tempo passa troppo rapidamente, è una caratteristica della vecchiaia. Ma ora non abbiamo più dubbi a rispetto di come funziona il mondo.

Chi difende gli altri impara - anche senza volerlo - il miglior sistema per farli fuori. Credo che la mia esperienza professionale sia stata utilissima al gruppo, ma ho dovuto studiare cose alle quali non avevo nemmeno mai pensato. Se ci si addentra in un campo qualsiasi si vede che la complicazione aumenta, ma i risultati sono direttamente proporzionali alla competenza, oltre che alla freddezza e alla determinazione, nel nostro caso.

Da qualche anno mi sono reso conto che si parla di terrorismo a sproposito, nel mondo, spesso sono gli stati stessi, spinti da grossi privilegiati alla ricerca di ulteriori vantaggi, che intraprendono il vero terrorismo, quello che non si vede ma che si sente sulla pelle di milioni di persone, quelli che hanno votato per certi politici che fanno esattamente il contrario di quello che dicono. In sostanza tutti vogliono i privilegi giacché ai diritti non ci crede più nessuno. Però questo significa prendersi quello che è degli altri.

Ci fermammo per qualche mese, anche perché il nostro uomo che aveva ucciso Vaia aveva venduto la sua intervista ai giornali e ci venne paura che potessero risalire a noi.

Meno male che l’avevamo contattato per internet e tra noi c’erano due hacker colle palle rotanti, gente che aveva le nostre stesse idee e che ora faceva parte del nostro staff in pianta stabile.

Ora ci stiamo preparando per colpire a livello ambientalistico quelli che non accettano di dare limiti all’inquinamento, l’inesorabile distruzione delle condizioni di vita sulla terra è un aspetto determinante, ormai allacciato e mischiato con altre magagne politiche a livello internazionale.

Insomma le rivoluzioni ci sono anche state al mondo, e pure spesso, anche se meno di quante avrebbero dovuto essercene, e comunque sono servite come simboli magari anche notevoli, ma di poca durata, perché chi prendeva il potere poi si comportava ugualmente se non peggio, un esempio recente è stata la Primavera Araba. Comunque le rivolte riuscivano a provocare del disturbo, dei costi e allora i potenti sono corsi ai ripari.

Ora c’è una rete di menzogne impenetrabile che manipola tutto e tutti, in maniera sistematica, il consenso viene venduto e comprato come una merce qualsiasi, ma sempre più preziosa.

E non dimentichiamoci, anche se i professionisti lo disdegnano, che è difficile sfuggire a un buon cecchino armato di un moderno fucile col cannocchiale e computer integrato; gli americani ne hanno inventati e realizzati di quelli che calcolano anche l’incidenza del vento. Come cazzo fanno le guardie del corpo a proteggere questi potentissimi coglioni, se si possono ammazzare anche da distanze oltre il chilometro?

Una delle nostre vittime è stata giustiziata da un pallone aerostatico, tutti l’avevano visto e salutato con la mano, ma nessuno ha pensato che i colpi erano partiti proprio da lì, ci sono diventati matti e non c’hanno capito una beneamata.

Non è anche un’ironia che i soldi di K presi dai genitori, siano proprio quelli a castigare gente come loro, che fabbricano armi e le vendono in tutto il mondo?

Alla fine tra quello forte e quello intelligente chi vince? Per molto tempo ho pensato che purtroppo vinceva quello più forte, ora penso invece che la spunti quello più intelligente, perché la sua mente gli ha permesso di capire che non è astuto come sembra vivere sulle disgrazie degli altri e che doveva trasformarsi e diventare anche forte. Insomma lo diceva pure Darwin, chi sopravvive sarà colui che saprà adattarsi meglio alle situazioni.

Magari uccidere questi simpaticoni non serve a niente, perché poi ne arrivano altri, a volte sono famiglie con tradizioni secolari, come nel caso di Whitebread. Forse è una cosa solo simbolica, ma almeno ci si sfoga un po’, non ci si sente impotenti, non si sta colle mani in mano.

Chissà che poi invece facciamo nascere una moda, che una volta tanto possa servire a qualcosa di concreto e gli schifosi associati capiscano finalmente che non vale più la pena di rischiare.

Magari a forza di calci in culo lo capiscono che la prepotenza è anche un metodo efficace, sì, ma solo finché non trovano qualcuno più prepotente di loro.

Se la natura ha fatto sviluppare l’umanità in questo senso, la Fine della Pazienza è ancora solo un virus, spero pericoloso però come quel casuale asteroide che a un certo punto, per caso o per destino scritto da chissà chi, mise fine al dominio di 160 milioni di anni dei dinosauri sulla terra. Intanto azioni e reazioni si sono succedute, non c’è stato tempo di riflettere che sulle ceneri, sulle rovine fumanti.

Il mondo cambia di continuo, forse lo stesso universo va di pari passo, eppure hanno velocità differenti, ma quello che conta è l’uomo, almeno per noi bipedi è che l’uomo si sia dato una formidabile zappata sui piedi. Magari proviamo a fare qualche passo indietro per capire cosa è successo, anche se i piedi ci fanno male, proviamoci.

Niente di meglio che una pandemia per colpire il sistema nei suoi fulcri più solidi e apparentemente sicuri. Il mondo è assai distratto dal rapporto di perdite giornaliere del Corona Virus, alla fine se c’è un defunto riccone vecchio e diabolico in mezzo, tra tanti vecchietti poveri e tranquilli, chi se ne frega?

Il prossimo passo era qualcuno di molto più importante, molto più attuale, ma già passato oltre il suo periodo d’oro di danni insistiti al suo paese e di ricchezza disonesta, l’ex presidente del consiglio italiano Marzio Bottaini. Figurarsi che dopo essere stato condannato per corruzione, concussione, abusi di potere, vari scandali sessuali e non, dopo aver tenuto sotto scacco l’Italia per quasi venti anni, dopo essere stato mandato via dal parlamento, continuava sottobanco a dirigere l’Italia, aveva ancora diritto al vitalizio e alla scorta pagata dai contribuenti, che invece lo avrebbero volentieri fatto a pezzettini. Tutto grazie all’appoggio di quell’altra parte del paese, che lucrava con la disfatta di quella che chiamavano ancora patria.

Intendiamoci: la nostra idea era piuttosto internazionale, ci tenevamo a chiarirlo nei nostri comunicati, volevamo e vogliamo colpire duro ovunque ci fosse del marcio a grandi livelli e c’era l’imbarazzo della scelta, bastava guardarsi intorno.

Naturalmente uno dei nostri punti forti è avere un basista o addirittura gruppi che abbiano interesse contrari alla nostra futura vittima, non necessariamente per amore della libertà, ma a volte solo per prendere il suo posto. Per questo non dobbiamo mai rivelarci o aprire il nostro gioco, con nessuno.

La corruzione era il modus operandi di Marzio, scappato in Francia all’inizio dell’epidemia e noi riuscimmo a farlo spiaccicare al suolo a Biarritz dopo una caduta da venti piani, con i suoi stessi metodi, cioè grazie a uno dei suoi uomini della sicurezza, che avremmo pagato bene, ma riscosse solo la metà, cioè l’acconto, perché fu massacrato dai suoi colleghi, idioti prezzolati.

Industriale di armi, il padre di K sarebbe stato un uomo da colpire come tanti altri, ma lui lo voleva fare in maniera intelligente, senza ammazzarlo o rovinarlo, come certo meritava, piuttosto eliminando, grazie ai suoi soldi, quelli come lui.

Il prossimo nome era nientemeno che Joachin Whitebread.

"Per più di un secolo, gli estremisti ideologici ai due lati opposti dello spettro politico hanno colto al volo incidenti ben pubblicizzati per attaccare la mia famiglia, per l'influenza eccessiva che sostengono noi maneggiamo sulle istituzioni politiche ed economiche americane. Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che lavora contro l'interesse anche degli Stati Uniti, oltre a quelli di tutti gli altri paesi, definendo me e la mia famiglia come internazionalisti e di cospirare con altri nel mondo per costruire una struttura politica ed economica globale più integrata. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole, e sono orgoglioso di esserlo ".

Ecco cosa ha avuto la faccia tosta di dire in un’intervista recente. La moneta unica, magari i microchip in un secondo momento, sono gli obbiettivi, in verità e tutto questo orchestrato a forza di crisi globali, al costo di tante vite distrutte di persone economicamente insignificanti.

Whitebread si era ritagliato su misura e a pieno diritto il suo posto nell’olimpo degli idioti di famiglia ricca e rapace particolarmente arrogante, non solo per quelli che lo conoscevano personalmente o per averci avuto disgraziatamente a che fare.

Tutti sanno che lo squalo ha cinque marce in avanti, ma sta quasi sempre in quinta. Non ha la marcia indietro, forse per un difetto di fabbricazione. Joachin non conosce la possibilità di tornare indietro sulle sue pinne, se glielo dicessero non ci crederebbe nemmeno che c’è qualcuno che lo fa. Per lui essere odiato è qualcosa che lo fa sentire importante, insomma che la sua vita sia servita a qualcosa, per rendersi immortale, che diamine, un po’ come essere molto amato per altre persone.

Una volta dei falsi terroristi italiani dicevano colpirne uno per educarne cento, qui la dimensione è molto maggiore, la ripercussione sarebbe stata una Tsunami, se ci fossimo riusciti. Certo, ma non era facile, riuscire a raggiungere uno che da sempre è stato oggetto di odio, aveva una notevole esperienza nel difendersi, mentre attaccava il mondo con delle altre armi più ipocrite e nascoste, gestendo il consenso insieme ad altri figli di puttana del genere.

Dopo Bottaini e alcune altre teste parziali e fottute dall’avidità, la stampa di tutto il mondo si era accanita contro di noi, lo stesso Milo Mörbach, già nella nostra lista, acerrimo nemico di Marzio, ma molto più ricco e potente, proprietario di testate giornalistiche e di reti televisive in lingua inglese tra le più importanti e numerose del mondo.

K ha detto:

“Ora tutti i giovinotti più importanti stanno pensando che potrebbe toccare a loro, chi lo sa, magari la prossima volta, se non è oggi sarà un domani, i nostri comunicati sono vaghi ma precisi, per chi ci vuole intendere, e noi andiamo in crescendo, loro stanno perdendo punti, per la prima volta nella storia.”

Whitebread bisognava colpirlo nel suo relax quando non ci pensava neanche, infiltrare un uomo tra i suoi era possibile, ma ci voleva tempo, pensammo allora al vecchio e caro fucile col cannocchiale, ma la mongolfiera non andava bene, la sua villa era circondata da un parco, c’erano troppi alberi, la vegetazione era fitta. Il banchiere aveva una specie di castello finto antico, nel Vermont, faceva spesso passeggiate nel parco, magari parlando col cellulare tutto il tempo.

A K allora venne l’idea dell’esplosivo dentro il cellulare, ce ne entrava poco, se usava il vivavoce non andava bene, doveva scoppiare mentre lo teneva accostato all’orecchio, per farlo senza uccidere altre persone vicine era necessario vederlo e il parco era l’ideale, anche se tra un ramo e l’altro. Riuscimmo ad arrivarci attraverso la cameriera, ce lo fece avere di notte, lui lo lasciava sempre nel suo studio, in un cassetto chiuso a chiave. Con il cannocchiale lo seguimmo a stento finché iniziando una conversazione tra le tante, la testa gli esplose. I suoi uomini cercarono il punto da dove fosse partita la fucilata ma non lo trovarono, perché non esisteva, c’era solo un potente telecomando.

Il nostro intervento in Cina non ha sortito effetto, ma due FDP locali sono spariti e erano loro che cercavano di infiltrarsi a Wuhan. Questo significa che avevano qualcosa da scoprire che non volevano fosse scoperto.

Insomma avevamo notizie che i contenitori di questi virus che erano stati prodotti per la distruzione di massa dai cinesi erano stati rotti di proposito da un potere infiltrato probabilmente straniero, forse americani.

Chi ha rotto le scatole cinesi?

 

 

Secondo molti studi, la maggior parte dei coronavirus che infettano l’uomo provengono dagli animali, incluso il virus che ha causato l’epidemia di SARS nel 2002. I "colpevoli" più probabili sono considerati i pipistrelli poiché ospitano un virus geneticamente correlato al SARS-CoV-2. Tuttavia, la distanza genetica tra il coronavirus dei pipistrelli e quello umano suggerisce che il virus sia arrivato agli esseri umani tramite un "ospite intermedio", come un pangolino, un visone o uno zibetto. 

Tra omissioni e conflitti, arrivare alla verità sul virus che sta dietro la peggiore pandemia del XXI secolo potrebbe essere quasi impossibile. Il consenso tra i virologi in Svizzera tende verso la trasmissione da animale a uomo (o "spillover", il salto di specie), ma c'è chi pensa che la teoria dell'incidente di laboratorio debba essere presa più seriamente.

"In questo momento sembra che sia più importante trovare un colpevole piuttosto che scoprire la verità", dice Isabella Eckerle, virologa e direttrice del Centro per le malattie virali emergenti presso l’ospedale universitario di Ginevra.Anche un altro rinomato virologo svizzero, Didier Trono del Politecnico Federale di Losanna (EPFL), crede che la questione sia diventata più politica che scientifica. Trono è pessimista rispetto alla possibilità che si riesca a capire cosa sia successo realmente, nonostante ciò sia importante per la prevenzione e la gestione delle pandemie future."Dobbiamo essere preparati a non avere una risposta definitiva a causa delle difficoltà scientifiche e delle implicazioni politiche, ma in questa fase la probabilità di una trasmissione da animale a uomo rimane alta", dice.

La ricerca delle origini della Covid-19 è irta di complessità e controversie. La Cina non è mai stata del tutto cooperativa e trasparente e finora ha sempre negato l'accesso a dati e campioni completi, come ha affermato il direttore generale dell'OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus in una rara critica pubblica alla Cina. Secondo Tedros, la mancanza di trasparenza di Pechino ha ostacolato l'OMS, che ha inviato un gruppo di ricercatori e ricercatrici indipendenti a Wuhan a gennaio e febbraio per svolgere indagini approfondite. Ma il gruppo ha trascorso i primi 14 giorni in quarantena discutendo con gli esperti cinesi via video chat, secondo il resoconto della missione dell'OMS. Questo ha lasciato solo altre due settimane per le ricerche sul campo, che sono state tutte pre-pianificate per poter assicurare il distanziamento e il monitoraggio delle condizioni di salute.

Alla fine, nonostante la difficile collaborazione con il governo cinese, l'OMS ha respinto l'ipotesi dell'incidente di laboratorio nel suo Studio Globale sulle origini del SARS covid, etichettandola come "estremamente improbabile" sulla base di dati incompleti.

Tedros ha in seguito riconosciuto che la teoria dell'incidente di laboratorio era stata esclusa prematuramente, e Peter Ben Embarek, lo scienziato danese che ha guidato l’indagine scientifica dell'OMS in Cina, ha recentemente ammesso che i funzionari cinesi hanno fatto pressione sul suo team affinché si lasciasse cadere l’ipotesi.

 

"Uno dei principi della nostra vita è l'effetto Dunning-Kruger.

L'effetto è così: "Le persone che sono poco qualificate prendono conclusioni sbagliate e falliscono decisioni, ma non sono in grado di rendersi conto dei propri errori a causa della loro bassa qualificazione. "

L'incomprensione degli errori porta alla fiducia nella propria rettezza, e quindi ad aumentare la fiducia nelle proprie decisioni e in se stessi, e alla consapevolezza del proprio vantaggio.

Così l'effetto Dunning-Krueger è un paradosso psicologico che spesso incontriamo nella vita: le persone meno competenti si considerano professionisti, e le persone più competenti tendono a dubitare di se stesse e delle proprie capacità.

Più basso è il livello di competenza - maggiore sicurezza in se stessi.

Il punto di partenza della loro ricerca Dunning e Krueger hanno nominato le famose citazioni di Charles Darwin "L'ignoranza produce più spesso fiducia che conoscenza" e Bertrand Russell: "Una delle caratteristiche sgradevoli del nostro tempo è che chi si sente sicuro di sé è stupido, e chi ha immaginazione e comprensione è pieno di dubbio e indecisione. "

 

L'incompetenza e la disonestà spesso vanno a braccetto, qualche volta una è per giustificare l'altra, succede anche che siano alternate, complementari o supplementari, e quando si parla di migliaia di morti e di rallentamento di grandi economie le responsabilità nessuno le vuole, eppure ci sono, nascoste, ma ci sono sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3 gennaio 2024

Genesio,

mi presento, anche se probabilmente Alfredo ti avrà già parlato di me: mi chiamo Marcello e sono amico, appunto, di Alfredo e di Ludovico.

È stato proprio Alfredo a dirmi di mettermi in contatto con te. Chiaramente sono a conoscenza della sparizione di Ludovico e, più o meno, della situazione in cui lui si trova. O meglio, voi vi trovate. O forse: noi ci troviamo.

Siccome la vicenda mi è ancora abbastanza nebulosa, potresti illuminarmi un po’? Altrimenti non so se, come e quando muovermi. E muovermi per fare cosa?

Aspetto con fiducia le tue delucidazioni.

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3 gennaio 2024

 

Marcello

mi pare che il tuo tono sia un po' troppo scherzoso

data la situazione

lo so che sei riluttante a parteciparvi

e la nostra è una guerra sotterranea

ma pur sempre una guerra con morti e dispersi

non credo che tu corra pericolo

 

Alfredo se ne è andato sulle montagne

a incontrare Q

tra di noi ogni comunicazione è sospesa

solo ordini di combattimento

ma anche quelli ora tacciono

capisco la voglia di saperne di più

ma per noi la segretezza

è l'unica maniera per andare avanti

e poi volendo

di quello che è successo

io so poco o niente

ogni novità in arrivo ti sarà comunicata

al più presto

 

Genesio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Porto Alegre 10 gennaio 2024

 

I giorni passano e nessuna notizia dal fronte, intanto Marcello ha fatto contatto telefonico con le donne di Ludovico e insieme a sua moglie le va a trovare, una alla volta, almeno questa è l'intenzione, ma giunti alla prima casa le trova tutte e due là.

Le due signore che hanno ricevuto le notizie da Alfredo prima e da Marcello poi, attraverso gli e-mail scritti da Ludovico in precedenza.

Anche Aurora, la moglie di Marcello partecipa al dialogo tra i quattro che naturalmente, data la situazione tragica e inusuale, hanno delle logiche difficoltà sia di concetto che di espressione.

Si presentano con un certo imbarazzo, oltre a non conoscersi la situazione è di quel tipo che nella vita non si sono ancora mai provate.

Seduti in giardino a casa di Dianora, sono le tre di un giorno ventoso e abbastanza fresco considerata l'epoca. Bevono un tè alla pesca freddo e casalingo, sul tavolo c'è una serie di vassoietti con biscottini di vario tipo. Dopo i soliti convenevoli sul tempo e sull'estate un po' atipica appena iniziata, comincia lei stessa a dire:

Dianora: "Quelle che ci avete mandato sono cose assurde, molte per noi - donne di casa - anche incomprensibili, io ho parlato anche con mia sorella a Buenos Aires, lei non mi ha confermato né smentito, tipico di Amparo, poi ora anche mio nipote Santiago è sparito insieme ad Alfredo...

Thais: "Pare impossibile che noi dopo tanti anni di convivenza non abbiamo capito niente di tutto questo, certo che i soldi di Ludovico erano un po' troppi per essere un professore di lingue straniere...

Dianora:  "Eh, ma quello non c'entra niente, pensi che un terrorista abbia un buono stipendio? Non mi risulta, a quanto ho capito sono loro che sborsano soldi per finanziare le loro... imprese...  o come diavolo vogliamo chiamarle, non lo so...

Marcello: “Sì, me lo immagino cosa provate. Oltre la situazione privata, dico… la famiglia allargata, per intenderci; insomma, la situazione è particolarmente ingarbugliata. Quando Alfredo me ne ha parlato, pensavo ad uno scherzo di Ludovico. E, sinceramente, è così assurda e credibile al tempo stesso, che anch’io sono sconcertato. Ed io so queste cose da più tempo di voi.”

Dianora: "Noi lo sappiamo da anni di noi due, voglio dire: in maniera reciproca, con lui ne abbiamo anche parlato, Ludovico vuole tutto e tutto insieme, ha sempre detto che il tempo è poco e bisogna approfittarne prima che sia troppo tardi..."

Thais: "E ora si capisce anche meglio il perché..."

Aurora: “Anche a me sembra impossibile. Ludovico coinvolto in casi del genere. Non è che lo conosca benissimo, ma avrei pensato a tutto meno che a un affare del genere. Poi quando Marcello mi ha detto che anche Alfredo, seppur in maniera differente, ne era coinvolto, all’inizio gli ho detto pure di tagliare i ponti con tutti. Se ciò fosse stato tutto vero, sarebbe stato troppo pericoloso. Invece, fortunatamente, la situazione è più tranquilla di quello che sembra.”

Marcello: “A dir la verità, anch’io ad un certo punto ho pensato di non farmi coinvolgere. Ma c’è sempre il tarlo che mi martella, quello dello scherzo. Però, oh… questa è la situazione. Ormai è tardi per far finta che non mi riguardi. Sono anche in contatto con Genesio, vostro cognato. Ma anche da lui, come vedete, non ho notizie chiarificatrici. Però mi ha detto di stare tranquillo e gli credo.”

Aurora: “Guardate: io che sono una persona molto ansiosa… e anche Marcello lo è, beh all’inizio non ci dormivo neanche. Poi le ultime notizie mi hanno confortata.”

Marcello: “Sì, state tranquille, dai. Se Genesio mi ha detto così, è perché la situazione è migliorata. Probabimente Ludovico era più in pericolo quando era qui.”

Dianora: "Uno che sparisce per tutto questo tempo non lo fa certo per fare uno scherzo, anche un pazzo si diverte con cose più tangibili e concrete. Strano che tutti pensino che Ludovico sia uno scherzoso, mi è capitato spesso di sentirlo dire o pensare, è vero che lui scherza con le parole, ma nei fatti è anche troppo serio, sempre preoccupato con non si sa cosa e pieno di temperamento che a spaccare tutto ci mette un secondo e poi non ti spiega nemmeno perché."

Thais: "Come un mezzo pazzo che si controlla, ma ogni tanto sbrocca! E poi da quelle email non ci sono tante speranze, lui dice che se lo hanno preso ormai non c'è scampo."

Dianora: "E poi ora Alfredo che scompare insieme a Santiago, vi pare normale?"

Thais: "Semmai quello che dicono potrebbe non essere la verità. Ho pensato anche a questo. Però se uno dice una bugia, anche grossa, è per nascondere una cosa grave, che non può confessare, ma più grave di questa io non so come immaginarmela."

Dianora: "Genesio sa molto più di quello che dice, anche mia sorella sicuramente è al corrente di tante piccole cose che non vuole dirmi. Mariopio o Mario Pio separato, quello sì che ha la bocca cucita."

Marcello: "Ma è vero che è un Massone? Ci ha proposto di entrare anche a noi due!"

Thais: "Nooo, ma quando mai?! Diceva sempre che non li sopportava, li avrebbe messi tutti al muro, che erano uno dei cancri del mondo civilizzato, che quelli sono peggio dei mafiosi!!"

Dianora: "Che rappresentano la prepotenza ipocrita nell'era del consenso, per l'appunto."

Marcello: "Allora ci ha preso in giro, sia me che Alfredo!"

Dianora: "Lo fa per testare la gente, per capire un po' come la pensano, e se voi avete rifiutato avete guadagnato dei grassi punti nella sua considerazione!"

Aurora: "Confesso che la sua considerazione mi lascia piuttosto indifferente. Piuttosto io mi chiedo e vi chiedo: in tutti questi anni voi non vi siete accorte di niente? Uno che si fa due famiglie a poche centinaia di metri, uno che va via per settimane, anche se telefona tutte le sere, è strano, o no? Uno che fa il professore, ma è pieno di soldi. Uno che non vi dava mai spiegazioni, sempre e solo che era in giro per affari, non si sapeva nemmeno se era a Tokio o a Gramado. Un marito, secondo me, va lasciato con il guinzaglio corto, sennò sai quante ne combina?"

Dianora: "È quello che dice anche mia sorella, ma lo conosce poco e di sfuggita. Ludovico lo prendi così o niente, ti manda affanculo, ti dice che hai ragione, sì, ma che lui è così e non ci pensa nemmeno a cambiare. La libertà personale prima di tutto! All'inizio abbiamo litigato furiosamente, l'ho abbandonato una ventina di volte, ogni volta ero sempre più indignata. Ma poi ho capito che se me lo volevo tenere vicino dovevo lasciarlo fare come voleva, non è vero Thais?"

Thais: "Infatti, anche per me è stato così, e se tornassi indietro cercherei di risparmiare il tempo delle litigate e dei lasciarsi e riprendersi, alla fine non si tratta di una situazione comune, ma nemmeno lui è un uomo comune.

Forse voi non lo sapete, ma quell'ometto parla correttamente dodici lingue, dorme tre ore per notte,  se uno gli fa uno sgarbo, per esempio nel traffico, lui non ci pensa un secondo, scende dalla macchina e gli va a dare un cazzotto. Un nostro vicino prepotente, che credeva di essere il padrone del mondo perché era più grosso e muscoloso, lo ha quasi ammazzato di botte.

A vederlo così non sembra, ma la forza gliela da' l'aver ragione e la sua storia personale, forse.

Non lo so io, ma al suo avvocato, che dicono che sia uno dei migliori di Porto Alegre, spesso è lui che gli insegna le leggi come sono e il salario alla fine del mese glielo paga, non è che si rifiuti, ma in base a quello che ha fatto e lo decide lui quanto dargli.

Chi lo ferma uno così? Ma se è un caterpillar!"

Marcello: "E i figli che dicono?"

Dianora: "Niente, se non vogliono un calcio nel sedere."

Aurora: "Forse bisognerebbe preoccuparsi per quei poveri cinesi allora."

Ridono tutti.

Marcello si è portato anche dei fogli con le notizie date da Alfredo, che non sono certo eccessivamente chiarificatrici, ma le donne queste non le hanno ricevute. Ogni tanto torna fuori con la storia dello scherzo, ma sembra non ci creda neanche lui, lo fa quando non sa più cosa dire, è una situazione rognosa nella quale si è trovato suo malgrado, senza possibilità di scelta.

Per fortuna le donne hanno due conti in banca separati, i soldi sono quelli di Ludovico, ma per fortuna loro vi hanno accesso e non si litigheranno, e comunque sembrano andare piuttosto d'accordo.

Per le proprietà, lui diceva che ne aveva sparse per il mondo, ma per dividerle ed ereditarle dovrebbero avere una prova della sua morte, tutto è comunque in mano dell'avvocato. Sono entrambe convinte che non ci siano altre donne o figli nascosti, su quello lui diceva sempre la verità, perfino in maniera brutalmente sincera.


11 gennaio 2024

 

Genesio,

sono andato a trovare le donne ed erano giustamente preoccupate. Abbiamo cercato, mia moglie ed io, di rassicurarle e credo che perlomeno un poco ci siamo riusciti.

Carissimo, non ti crucciare per il modo in cui ti scrivo. Non mi conosci, ti capisco. Ludovico non avrebbe avuto nulla di ridire, perché lui sa come sono ed è uno studioso di lingue e di popoli.

Nel primo caso, sa che quando la situazione è tesa tendo a sdrammatizzare, così come quando il clima è festoso, tendo a rimanere sulle mie. Quindi è un atteggiamento soggettivo.

Nel secondo caso, che in realtà si somma al primo: se l’italiano in generale è ironico, il toscano lo è ancora di più. Ironico e bastian contrario, concentrato nella formula “è tutto sbagliato, è tutto da rifare” resa nota dal grande ciclista Gino Bartali.

Spesso ci esprimiamo con antifrasi: per esempio, in una giornata bollente diciamo “che freschetto che c’è oggi”, per sottolineare ironicamente il contrario di quello che stiamo dicendo, confermando allo stesso tempo la realtà.

Siccome a te di tutto ciò, visto il frangente, non te ne frega giustamente un cazzo, ti lascio con la speranza di avere al più presto notizie positive.

 

Marcello. 

 

 

 

 

 

14 gennaio 2024

Caro Marcello

attraverso Amparo, la sorella di Dianora a Buenos Aires, nel quartiere della Boca, anch'io ho parlato con le due signore. Più che rassicurate sono persone abituate al peggio e rassegnate, con uno come Ludovico ci si deve adattare sempre, perché lui va per la sua strada e non lo ferma nessuno, se non a fucilate. Hanno i soldi per poter vivere senza di lui e questo è già qualcosa, e poi i relativi figli già grandi che le possono aiutare.

Quanto a sdrammatizzare, se tu vivessi una vita sempre in tensione come la nostra, ti renderesti conto che è un lusso che gente come noi, che fa una specie di lotta armata per i propri principi, non si può permettere, anche perché la vita stessa è drammatica, anche se uno decide di tapparsi il naso e far finta che tutto vada bene, non è mai veramente così, se uno guarda in faccia la realtà. Noi ridiamo e scherziamo su altre cose, in altri momenti, quando tutto è scuro e il peggio sembra venire, siamo più seri e concentrati su quello che si deve fare, sulla maniera migliore, o a volte anche solo meno peggiore di comportarsi. Quindi sdrammatizzare non fa parte del nostro mondo, non ci facciamo inutili illusioni e non vogliamo farne nemmeno agli altri.

Q, L, Alfredo e Santiago non si sa dove siano, la turbolenza ha scosso pericolosamente i nostri canali abituali d'informazioni riservate, ma ho avuto la notizia di corridoio, ancora da comprovarne autenticità e fondamento, che siano tutti vivi, ma non siano già più qui in Argentina. Informazione vera o falsa, parziale o totale io l'ho già passata a Thais e Dianora, con il beneficio dell'inventario, naturalmente.

 

 

 

15 gennaio 2024

 

Grazie delle informazioni, Genesio: chiaramente, avendone altre e senza mettere in pericolo te e tutti quanti, ti prego di scrivermi.

Per quanto riguarda il resto, effettivamente non faccio parte del vostro gruppo e quindi non posso nemmeno immaginare le varie situazioni in cui vi trovate.

A presto con notizie positive, spero!

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Marcello, rattristato dall’assenza dell’amico e, soprattutto, di sue notizie, inizia a scrivergli lettere al solito indirizzo segreto, dove probabilmente non le può ricevere, solo per alleviare questa dolorosa situazione. 

 

16 gennaio 2024

Caro Alfredo,

ti scrivo senza scriverti. Cioè, sto scrivendo solo per me stesso con l’illusione di dirigermi a te. A parte l’angoscia della mancanza di una qualsiasi informazione certa (le poche che ho me le ha date Genesio), è la nostalgia dei nostri scambi di opinioni, visioni del mondo, anche e soprattutto delle cazzate – che poi cazzate non erano – che commentavamo e che mi  servivano come sfogo, che mi spinge a fare ciò.

Genesio è un tipo tosto, mi pare: molto concentrato sulla situazione (e vorrei vedere, con tutto quel che rischia!): sai come sono fatto, cerco sempre di sdrammatizzare e per queso mi ha fatto un semi-cazziatone. Ho capito che non c’è da sdrammatizzare, ma a me questa cosa non va giù. Sai che tendenzialmente sono un pacifista: non sopporto che due conoscenti litighino tra loro, figuriamoci quando si parla di morti.

No, anche se intendo la motivazione, io non potrei mai far parte di organizzazioni tipo la FDP. Ripeto, capisco che il mondo sta andando in una direzione totalmente sbagliata, ma non c’era un altro modo per girare il volante? Poi a volte penso che vedo tutto sbagliato perché sto invecchiando ed allora arriva quello che in Brasile è chiamato saudosismo. Mah, non so.

Con lui, con Genesio, intendo, ho parlato un po’ anche di “toscanità”. Figuriamoci se a lui in questo momento interessa: ma a te sì. Ha un senso di parlare di “toscanità”, noi che ci stiamo amichevolmente sulle palle  se già abitiamo a tre chilometri di distanza? Sì, quando siamo fuori ci sentiamo tutti toscani, ma quando siamo là ognuno è differente e sicuramente migliore dell’altro.

Tu, per esempio, sei un ligure-apuano...rs...rs… (questi “rs” li ho imparati da dei brasiliani, all’inizio non capivo che volevano rappresentare una risata). Ed i liguri-apuani sono arrivati perlomeno fino alle colline ad ovest di Pescia. Qui sembra abbiano combattuto contro i romani, i quali, vincendo, dedicarono il luogo a Marte, il loro dio della guerra. Da “Ad Martis” deriverebbe l’odierno nome di quella zona, Marzalla.

Ma questa è solo una supposizione. Noi non sappiamo con certezza quello che è successo da pochi anni (anzi, quello che sta accadendo adesso: gli FDP ne sono una prova), figuriamoci i fatti di più di duemila anni fa.

Guarda come gli FDP tornano sempre: ma quando saranno nati? E ci sarà stato un evento preciso che ha fatto scattare questa molla? A volte ci sono momenti in cui leggi una notizia e ti rendi conto che il mondo sta cambiando. Per esempio, mi ricordo che pochi minuti dopo la caduta del Concorde, il 25 luglio 2000, una delle prime notizie che il Televideo (lo sai cosa è? È quella specie di giornale sfogliabile che si  legge nella televisione, non so se esiste ancora) dette, fu che le azioni della Air France e della British Airways crollarono a causa dell’incidente. Pensai: ma come, invece di occuparsi delle vittime, degli eventuali superstiti, ecc. , ci si preoccupa dei soldi che stanno perdendo gli investitori? Non mi tornava.

Per alleggerire un po’ la cosa (ed è per questo che ti sto scrivendo questa lettera fittizia), un altro momento che mi colpì riguarda il calcio. Da bambino e fino a pochi anni fa, guardavo tutte le partite possibili. Piano piano questo interesse è diminuito, sia perché sono cambiato io, sia perché è cambiato questo sport. Anni fa mi ricordo che durante una sostituzione apparve in tv la scheda di colui che fu sostituito. Goal? Passaggi effettuati? Passaggi sbagliati? Numero di cross? Falli fatti? Falli subiti? No. Chilometri percorsi. Io pensavo di assistere a una partita di calcio, non a una maratona!

Insomma, il mondo cambia ed è stato sempre così. La differenza attuale è la velocità. Troppa, almeno per me.

Marcello

P.S. : il nome FDP inizia a farsi sentire nei notiziari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 maggio 2024

 

Ti scrivo questa breve lettera per informarti che sto momentaneamente abitando a casa tua. Saprai sicuramente cosa sta succedendo a Porto Alegre e non solo. Aurora ed io siamo dovuti letteralmente fuggire dal nostro edificio prima che l’acqua (che poi è tutto meno che acqua) lo isolasse.

Indipendentemente se tu mi leggerai o no, non potrai tornare qua visto che la città è praticamente isolata. Ma se per qualche miracolo ci riesci, entrando in casa non ti spaventare: a metterla a soqquadro non sono stati i ladri, ma noi.

Sperando che tutto (ma proprio tutto) si risolva nel minor tempo possibile.

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

31 ottobre 2024

 

Alfredo,

torno a (non) scriverti dopo mesi alquanto pesanti. Mesi in cui gli FDP stanno sempre più prendendo spazio nei media e soprattutto nelle reti sociali. Mi sembra che se ne parli più qui in Brasile che in Italia, ma forse perché ci abito e quindi sono più aggiornato sulle notizie locali.

Dopo l’acqua, abbiamo il fuoco. O meglio, le sue conseguenze. Infatti i cieli di mezzo Sudamerica sono invasi dal fumo degli incendi in Amazzonia, Bolivia e Paraguay. Chiaramente Porto Alegre rientra in questo “mezzo” e l’aria s’è fatta irrespirabile.

Se ti non-scrivo è perché ho bisogno di leggerezza, quindi non mi soffermo sul come e perché di questi fenomeni atmosferici, pur se il tema ambientalista stava iniziando ad essere considerato anche dagli FDP: ma in questo momento cerco di non pensarci.

Insomma, questi semafori portoalegrensi. A parte il fatto che qualche semaforo ha davanti a sé un bel ramo che non fa vedere se è rosso o verde fino a pochissimi metri dal crocevia, ma perché qui ce ne sono alcuni messi DOPO l’incrocio? Io, almeno a livello personale, in Italia li ho sempre trovati prima, più o meno dove ci si ferma con la macchina: eccetto quelli di vecchio stampo, in blocco unico sospeso tramite cavi sopra l’incrocio e che oggi sono quasi scomparsi.

Sta di fatto che quando sono in macchina – e questo succedeva soprattutto all’inizio della mia vita brasiliana – e trovo un semaforo rosso, d’istinto mi viene da fermarmici quasi accanto, ma alcuni di essi, come ti dicevo, sono dopo l’incrocio. Te lo immagini che incidenti provocherei? In conclusione: il semaforo brasiliano non ti permette distrazioni! Poi, sul fatto di essere rispettato, quello è un altro paio di maniche.

Ma chi soffre di più è il pedone. Non tutti gli impianti sono provvisti di segnaletica apposita per chi cammina, per cui uno deve vedere il colore che hanno gli automobilisti, pensare al contrario (se loro hanno verde, io ho rosso), cosa che istintivamente non viene, e poi comportarsi di conseguenza. Anche se la regola principale è: passo quando posso.

La mia prima esperienza di attraversamento pedonale fu chiaramente a Rio. Ora ci rido, ma al momento pensai che il lavoro più difficile del mondo fosse il pedone nella città carioca (italiani, carioca vuol dire della città di Rio de Janeiro, non vuol dire brasiliano in generale!!). Era una via molto larga, Norberto ed io stavamo a destra dell’enorme gruppo che, con il verde, la stava attraversando. Arrivati più o meno a metà, iniziò a lampeggiare il rosso, equivalente al nostro giallo. Norberto mi pregò di velocizzare il passo, perché il primo mezzo che sarebbe partito con il suo verde e che si trovava chiaramente subito alla nostra destra, non si sarebbe minimamente preoccupato se noi fossimo ancora nel mezzo alla via.

Ora, il mezzo in questione era un autobus, e Norberto mi disse più o meno così: “Vedi quell’autobus? Se non corri, ti viene addosso.” Lui corse, così come tutto il resto del grande gruppo di pedoni. Tutti meno io, perché non era possibile, per me, che un mezzo pubblico non aspettasse che un pedone potesse percorrere il resto dei metri che lo separavano del marciapiede. Mentre elaboravo ciò, ecco che sento un gran rumore di motore e, girandomi, vidi l’autobus venirmi contro. Il resto dei famosi metri che mi separavano dal marciapiede furono percorsi a velocità della luce. Da quel giorno, oltre che a spicciarmi, imparai ad attraversare le vie, quando possibile, al CENTRO del gruppo dei pedoni. In caso di incidente, egoisticamente sarei stato protetto dalle persone che mi corcondavano.

Sarà che gli FDP hanno un piano per proteggere i pedoni? Te lo chiedo perché tanto non leggerai e non sei Genesio. Se facessi a lui tale domanda, mi farebbe un nuovo cazziatone per non prendere sul serio la situazione. Ma, Alfredo, ho bisogno di scherzare un po’.

Sperando sempre di ricevere tue notizie, anche se questa aspettativa si fa ogni giorno più fievole e, come si scrive nelle lettere commerciali, ti saluto cordialmente.

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20 gennaio 2025

 

Alfredo,

allegria e tristezza sono gli opposti sentimenti che provo nello scriverti in questo tuo lungo periodo di assenza. Non volevo farlo, tuttavia mi trovo in un luogo probabilmente a te caro: le mura di Lucca. Ho sentito una specie di richiamo proveniente da una delle panchine da cui si può ammirare l’interno della città. Mi ci sono seduto e mi è venuta voglia di comunicare con te. Comunicare cosa? Niente. Dall’ultima volta che sono tornato in Italia è cambiato poco. Sono aumentate le buche nelle strade, ecco. Fino ad alcuni anni fa, la differenza della qualità delle vie tra il Brasile e l’Italia era evidente. Oggi non più: sarebbe stato bello dirti che non c’è più molta differenza perché il Brasile è migliorato, ma purtroppo è l’Italia che è peggiorata. 

La giornata qui è splendente, ma dentro mi sento un po’ cupo. Speravo, nello scriverti, che mi animassi un po’, invece proprio no, non ci riesco. Parlando di strade e quindi di macchine, qui sono più colorate che in Brasile. È buffo, perché quando mi trasferii, poco più di 20 anni fa, era il contrario. In Italia macchine prevalentemente grigie, bianche o nere, mentre in Brasile c’era più varietà. Le cose si sono ribaltate e la colpa è anche mia: le due macchine brasiliane che ho avuto sono state una nera e una bianca. Insomma, mi lamento e poi mi accorgo che io contribuisco a fornirne la ragione.

Ma passiamo a cose più importanti: gli FDP. Se ne parla anche qui, anche con una certa frequenza. Sono  attaccati un po’ da tutti gli schieramenti politici, con eccezione degli estremi, di destra e di sinistra (e forse anche di centro). Ciò fa aumentare i miei dubbi su come si muova il gruppo, visto il mio modo di pensare. Certo è che il mondo così com’è non va. O va verso l’autodistruzione. Mamma mia che pessimismo, eh, Alfredo?

Inizia a fare freschetto, pur senza esagerare: gli ultimi inverni qua sono diventati degli autunni. Anni fa, di questi tempi, sulle Alpi Apuane non si riusciva a distinguere il bianco del marmo da quello della neve. Ora questo dubbio non c’è più.

Un abbraccio dalla tua città,

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10 giugno 2025

 

Dipende

Da che dipende

Da che punto guardi il mondo

Tutto dipende

 

Così, caro Alf, cantavano gli Jarabe de Palo nel 1998. E “dipende” è una risposta che do spesso agli studenti: sul significato delle parole, sul loro uso, sui fatti storici. Mi ricordo un’alunna che mi faceva le domande e lei stessa, dopo varie lezioni che avevamo fatto, si rispondeva: dipende. Il semestre successivo lei ebbe un altro insegnante che seguiva letteralmente il libro, per cui per lui non dipendeva niente: il libro era la verità assoluta. La mia ex alunna ebbe uno shock, ma si rese veramente conto che tutto nella vita “dipende”.

Mi è venuto in mente questo, perché ieri sono andato ad una mostra sensoriale, mi sembra che la chiamino così: non solo la vista, dunque, ma per essere veramente compresa va fatto uso anche degli altri quattro sensi. In realtà tre, il gusto non era contemplato.

Nell’ultima stanza era rappresentato un cuore. Non un cuore vero, ma quello classico dei disegni e delle carte da gioco. Formato da strisce verticali rosse intervallate da strisce nere più piccole, era proiettato su una parete scura. Se dopo circa cinque minuti mi fossero venuti a prendere e mi avessero portato in un tribunale per riferire, sotto giuramento, quello che avevo visto, avrei detto quello che ti ho scritto: un cuore proiettato su una parete.

Ma dopo quei cinque minuti, in quella stanza, arriva un bambino che semplicemente “sfonda” la parete dove era proiettata l’immagine. E lì cambia la prospettiva, cambia la visione del tutto. Mi accorgo, infatti, che il cuore non è una proiezione, ma è formato da tanti tubi al neon rossi di varia lunghezza per crearne la forma, messi al centro della stanza. La “parete” della proiezione non esisteva, ero io che l’avevo costruita, essendo, in realtà, cinque metri dietro questa opera tridimensionale.

Insomma, se io riesco ad ingannare me stesso, posso essere ingannato da chiunque, soprattutto con le nuove tecnologie a disposizione. E quell’ “io”, siamo “noi’, siamo “tutti”. Ed allora mi domando: chi sono veramente gli FDP? E tu, sei stato da loro sequestrato? O ucciso perché sapevi troppo? O fai addirittura parte dell’organizzazione?

È con queste domande che finisco questo mio ultimo scritto. Ultimo, perché a differenza dei nostri primi scambi di email che erano fondamentalmente allegri e spensierati, adesso quando scrivo vengo avvolto in una profonda tristezza, una tristezza che “não tem fim”: così concludo con una citazione del mio maggiore – e inconsapevole – professore di portoghese, Vinicius de Moraes.

 

Marcello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUALCHE TEMPO DOPO

 

Seguono due anni quasi esatti dai fatti della Patagonia. Fatti avvenuti e importanti, anche a livello di storia e di conseguenze passate e future, ma di sicuro si sa solo che i Bernascon hanno perso la loro punta di diamante, prontamente rimpiazzato.

Aurora al mercato pubblico di Porto Alegre incontra Ludovico a braccetto con Dianora, dopo lo stupore, i saluti, le congratulazioni e gli abbracci è quasi ovvio che Ludovico non spieghi affatto a suo tempo cosa sia successo, al massimo dice cosa sta facendo attualmente, ma per larghi e sommi capi.

L- Non mi dire che non hai ancora sentito parlare del Cucù!

A- No, cosa sarebbe?

L- Ma come? Il Cucù! Andiamo! Ma se ne parla il mondo intero!

A- Porto Alegre è rimasto sempre un po' tagliato fuori, lo sapete anche voi.

L- E certo, questa è sempre stata la sua maggiore virtù.  Porto Alegre è il culo del mondo! Siamo diventati pelati a forza di saperlo. Questo lo sappiamo a memoria.

A- ...ma sarebbe qualcosa a che fare con quello che è successo in Patagonia?

L- Infatti quello è stato il big bang , cioè i cinesi erano con noi, non contro, solo che voi non lo sapevate.

A- Bene e allora?

L- Allora spazzato il capofamiglia Bernascon insieme, siamo partiti per questa nuova e incredibile avventura!

A- Se me la vuoi dire va bene, sennò io c'ho da fare la spesa, c’ho gente a cena stasera.

L- Certo, sediamoci qui dal gelataio più gelatoso del mondo.

A- E Alfredo e il nipote di Dianora, come si chiamava?

L- Santiago. Santiago e Alfredo sono con noi, devi sapere che i cinesi hanno appoggiato gli FDP, non solo, li hanno istituzionalizzati. Avrete certo sentito parlare dei nostri successi, bene i soldi e l'appoggio verso il mondo ce l'hanno dato loro, il QQ, che noi chiamiamo Cu-Cu tra di noi italo-brasiliani del ramo, è stato il passo seguente.

Che poi significa Qualità e Quantità, in poche parole siamo diventati gli arbitri indiscussi del mondo: commercio, ecologia, giustizia, guerre... una maniera nuova per abolire la politica a livello internazionale, stiamo cercando di farlo diventare una cosa sempre più attuabile e applicabile anche a livello statale e regionale...

A- Ma dove?

L- Solo sulle terre emerse, niente di che.

A- Ah...

L- Il gelato lo paghiamo noi, era buono assai, se Marcello poi vuole parlare con Alfredo, ecco il suo biglietto da visita con il suo Itacamail di Pechino.

A- Marcello vorrà sicuramente vederti, abiti sempre al solito posto?

L- Sì, cioè no, tra due ore partiamo, viene anche Thais, ma l'email è la stessa, quella vecchia.

A- Ma dove andate?

L- In Cina no? Capirai: il Cucù ci chiama.

A- Ma chi gli ha dato questo nome scemo?

L- Ahahahah! Siamo stati noi, io e Alfredo, ma solo nel nostro incrocio linguistico italo-brasiliano si ottiene il doppio senso e gli altri non capiscono perché (ci e ne) ridiamo tanto! Si lavora parecchio, non si guadagna nulla, ma in compenso ci si diverte assai.

A- Ma perché non ci avete fatto sapere niente per tutto questo tempo?

L - Prego? Guarda che noi non potevamo gridare ai quattro venti del nostro piano, anzi nemmeno ora, voi non andate a chiaccherarne in giro, mi raccomando! E poi noi abbiamo mandato notizie a Genesio...

A - Genesio? Proprio a Genesio? Figurati! Ci ha detto che eravate vivi e per il come e il dove bisognava fidarsi. A quello a tirargli fuori una notizia nemmeno con le pinze.

 

 

POCHE ORE DOPO

 

La videoconferenza Itacamail è facile da usarsi e  difficilmente rintracciabile dagli hacker, un'invenzione degli scienziati FDP. Alfredo si mette in contatto con Marcello dopo due anni.

A - Scusa se ti chiamo solo ora, ma ormai siamo diventati una celebrità, anche se in tutta segretezza e con nomi falsi, il Cucù come saprai è ormai è l'organo più importante del mondo e noi due, Ludovico ed io, siamo i più alti in grado e non abbiamo tempo nemmeno per andare al cesso.

M- Guadagnerete un sacco di soldi!

A- Nulla virgola zero, solo vitto e alloggio.

M- Incredibile. Ma a chi è venuta questa idea del Cucù?

A- Allora l'idea originale era di Edmilson detto E, fondatore defunto degli FDP ma chi l'ha portata avanti sono stati Ludovico e Nadine, detta N,  moglie e vedova di Edmilson, capi degli FDP e ha anche la pensata che il capo non possa essere uno solo ma due, come siamo ora noi.

 Ludovico e Alfredo, ci voleva però una grande nazione ad appoggiarci e la Cina è stata la prima, seguita nell'ordine temporale da Brasile, Argentina, Canada e Australia. Ora ci riconoscono e ci appoggiano tutti meno la Cina nazionalista e Israele, ma è solo questione di tempo.

L'organo decide sulle controversie, ma stabilisce a livello internazionale salari minimi, controlli sulle nascite, tasse e sull'ecologia prima di tutto. Nel giro di due anni siamo già migliaia e seminati dappertutto.

M- Ma allora l'affare della Patagonia era solo uno stratagemma e i cinesi erano con voi?

A-Sì, è stato il primo atto di collaborazione e sodalizio.

 M- E Ludovico perché ha scelto te e non me, per esempio?

A- Intanto te sei sposato, poi politicamente e socialmente sei sempre stato molto meno indignato di me, altre cose poi ci sarebbero, piccoli particolari, ma per noi importanti. Insomma mi ha testato per anni, senza che me ne accorgessi, chiedendomi pareri e ha  controllato tutta la mia storia personale nei dettagli.

M- E i cinesi si sono fidati subito e ad occhi chiusi di voi?

A- Da anni Ludovico e Nadine mandavano i documenti e i programmi a tutti i governi, li hanno convinti a fucilate, attentati, bombe e a metaforici calci negli stinchi insomma. Sono stati convincenti e ora noi siamo qua. Ottenuto l'appoggio politico in varie nazioni anche gli oppositori ferrei e ostinati, come Crump negli Usa, sono stati fatti fuori attraverso le elezioni.

M-  Allora i fantomatici signori Schiappacasse e Holzenbein di origine italiana e tedesca, siete voi allora?

A- Sì, non andiamo alla TV, non ci possono riprendere per sicurezza e i nomi falsi sono stati scelti da Nadine per gli stessi motivi.

M- Ma perché Nadine non si è autonominata capo con Ludovico, invece di te?

A- Ma è stata lei che non ha voluto, non se la sente più, è stanca, preferisce stare dietro alle quinte. Quindi hanno scelto insieme un sostituto, in base a una serie di requisiti fondamentali, tutto questo anni prima di arrivare a me.

M- Cioè?

A- Ottima vista, odorato, gusto, tatto  considerata anche l'età e poi l'indignazione contro l'ingiustizia da sempre. Ho partecipato a una sola dimostrazione di sinistra, all'età di 25 anni, ho votato per la sinistra, finché mi sono accorto che non serviva granché e con il tempo pure peggiorava.

Non avevo mai partecipato attivamente alla politica, quindi, non ero possidente o ricco, avevo fatto una serie di mestieri umili come manovale e giardiniere. Senza famiglia, né parenti prossimi, appena oltre i sessanta anni di età, ma con buona salute fisica e mentale, naturalmente una persona di cultura, ma senza esagerare.

M- Però anche K sarebbe stato un candidato, per quello che ho capito.

A- Kappa è uomo di azione e meno di pensiero. Lui è capo delle forze armate. Da quando sono entrato io non ci sono stati più tante esecuzioni, ma l'esercito è importante, anche solo simbolicamente, anche solo per chi vuole fare il furbo dentro gli stessi FDP.

M- E non c'è stato nessuno degli FDP che  arrivato al potere ha fatto le stesse cose degli oppressori?

A- Non guadagnando soldi, automaticamente i peggiori si sono già auto-esclusi, comunque qualcuno ci ha anche provato, ma il sistema era solido già in partenza, perché quelli sono stati subito denunciati e sostituiti. Esattamente come prima, ma al contrario: se non eri corrotto e connivente andavi contro tutti gli altri, nessuno ci poteva riuscire a essere onesto e senza macchia.

M- Però quello che non mi torna è che dovunque i proprietari delle sedie, non importa per quale partito, scranne ben attaccate al loro culo e ai privilegi, insieme agli oligarchi presenti ovunque, si sono fatti da parte senza colpo ferire?

A - Ma se ne hanno ammazzati a centinaia! Quelli che erano rimasti, logicamente avevano paura e poi, vedendo la mal parata, sempre meno si sono opposti, ma piuttosto nascosti.

M - E i giornalisti?

A - Beh, con l'esecuzione di Bottaini e di Mombach, grandi infinocchiatori di sprovveduti, ignoranti, complici e corrotti, anche i giornalisti hanno iniziato a voltar faccia. Insomma gli FDP da minaccia terroristica in poco tempo hai visto che sono diventati i salvatori? Quelli che non solo hanno portato una certa giustizia sulla terra, come regola e non come eccezione, ma hanno sradicato i sistemi politici preesistenti, da tempo senza più alcun senso razionale.

M - Ma allora le due mogli erano d'accordo con Ludovico e sapevano tutto?

A - Infatti, praticamente l'attentato ai Bernascon era come sigillo della loro intesa e io sarei arrivato a mettere la marca da bollo, come puntualmente sono arrivato e poi Ludovico contava anche sul fatto che io non avevo famiglia, interessi importanti, insomma ero perfetto e basta.

M - E la casa e i cani?

A - Mah, ci hanno pensato Thais e Dianora, i cani li hanno presi loro e la casa venduta, ma questo lo sai già.

M- Infatti, lo so, ma tutto quello che c'era dentro, i tuoi ricordi, le foto, i libri...

A- Erano quelli che mi facevano sentire vecchio, le donne hanno messo tutto dentro delle casse, ma non so se ho ancora voglia di metterci le mani.

M- Insomma hai chiuso di brutto con il passato.

A- Forse ho messo una pausa su tutte quelle cose che mi appesantivano, non lo so, i cani mi mancano, so che mi piacerebbe averli qui, ma non si può, nei grandi terreni delle due famiglie di Ludovico credo che staranno meglio che con me, un sacco di spazio a disposizione e due signore amanti degli animali, guarda con Ludovico come sono state amorevoli e comprensive, con una bestiaccia come lui...

M- Ahahahah. Ecco, è vero. E Santiago?

A- Santiago era un imprevisto, ma anche lui è stato contento di partecipare e lo stesso è la sua famiglia.

M- Anche loro erano d’accordo?

A- E certo, tutti congiuravano contro di noi, ci hanno preso per il culo ammodo.

 M- Ma Santiago allora lavora con voi?

A- Santiago? Vuoi dire il nostro gioiellino? Il luminoso futuro degli FDP? Beh, non figura, ma è dappertutto, si sta facendo le ossa insomma, il ragazzo è un uomo ormai e c’ha le palle quadrate, qualcuno che le telecamere vorrebbero intensamente riprendere, ma non possono, tra non molto vedrai apparire un nuovo nome falso, tipo il giovane Werther o il medio Montalbano, insomma qualcosa del genere.

M- Ma allora hai visto che alla fine avevo ragione io?

A- In che senso?

M- Che era tutto uno scherzo di Ludovico, ve lo dicevo e ve lo ridicevo, ma voi niente!

A - Sì, vabbè era uno scherzo, ma piuttosto serio e non ci ha riso nessuno.

M- Ci sto ridendo io ora. Vabbè, ora rido ma ho passato dei momenti di grande tristezza, quando sei sparito non sapevamo più che pensare, Genesio diceva che eravate vivi ma lontani, Mariopio che eravate lontani ma vivi, quei due te li raccomando, sembrano nati per fare le spie. Il fatto che non arrivasse mai uno straccio di notizia con qualche particolare concreto dentro ci facevano automaticamente pensare al peggio. Non so perché, ma quando c'è un vuoto ci appare sempre minaccioso, forse perché a noi esseri umani - quando non si capisce qualcosa - la mancanza di una spiegazione ci fa una fottuta paura, dobbiamo almeno avere l'illusione di sapere le cose, riempire ogni casella, avere delle risposte - anche false - ma che siano definitive, da non doverci più tornare sopra. L'interrogativo ci spaventa, allora è meglio un esclamativo, falso o no, non importa...

A - Ecco dove nascono le fake news,  e il sensazionalismo, magari.

M - Magari, però te mi sembravi pigro e senza particolari voglie, anche apatico, per certe cose, forse la maggior parte di quelle attive... e ti sei buttato in questa avventura senza pensarci un secondo?

A - Prima di tutto ci credevo e questo è importante. Altruista in teoria, ma in pratica solitario ed egoista sono sempre stato, ma poi, rimanendo solo e non per caso, lo sono diventato anche di più. Quando ero sposato, a volte, visto che non riuscivo a rendere contenta mia moglie, mi sentivo inutile. Ultimamente, visto che mi annoiavo un po' , mi sentivo anche poco utile a me stesso.

Ecco una soluzione ai miei problemi, improvvisa e inaspettata, ma non per questo meno interessante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DOPO ALCUNI GIORNI

 

Attraverso Itacamail Marcello richiama Alfredo, mettere su di nuovo una conversazione come prima non si può, ma anche lui pensa spesso ai destini dell'umanità e non riesce a credere che tutto quello che sembra essere vero, lo sia veramente, e poi in che modo?

 

M - A proposito, come è stato il vostro incontro in Patagonia?

A - Una meraviglia, me lo sono trovato davanti nel bosco d'improvviso, mi sono preso un mezzo infarto.

M - E allora che ti ha detto?

A - Niente mi ha fatto cenno di seguirlo, era insieme a Quiroga, tutti e due armati di fucile e in mimetica.

M - Ma te in quel momento come ti sei sentito, contento che fosse vivo, arrabbiato per averti fatto fare quella scarpinata, insomma... come?

A - La scarpinata quella era stata dura, il sentiero era pieno di sassi, sono caduto varie volte, dopo cinque ore di su e giù ero distrutto e speravo di poter mangiare qualcosa.

M - Insomma che cosa vi siete detti?

A - All'inizio quasi niente, almeno io, poi gli ho chiesto che cosa era successo e lui con il suo entusiasmo mi ha preso alla larga, ma mi ha contagiato quasi subito, davanti a uno spiedo di qualche animale che non ho mai saputo cos'era, ma che non me lo abbiano rivelato mi fa pensare al peggio... e un po' di vino, in una mezza grotta nascosta, abbastanza ospitale, arredata di tronchi e pietra, mi ha rivelato il suo piano.

Un colpo al cerchio e uno alla botte, mi ha convinto che la mia vita era noiosa e inutile, lui sapeva benissimo che io lo sapevo già e non ha fatto molta fatica, mi ha detto che la potevo realizzare meglio, insomma qualche annetto lo potevo ancora vivere e con un entusiasmo maggiore...

Dopo due giorni eravamo a Pechino. Insomma che i cinesi non erano i nemici, ma piuttosto erano il nostro trampolino gigante, me lo ha detto già sull'aereo, era riuscito a farmici montare senza sapere dove andavamo e perché, ti rendi conto?

M - Ma allora la storia delle scatole rotte ai cinesi come è andata?

A - Insomma i cinesi pare che stessero facendo, oppure no, una ricerca sulle armi di distruzione di massa, alla fine del 2020. I virus però sono stati (senza volontà cinese) diffusi in loco, da probabile sabotaggio americano, dato che gli stessi USA hanno più volte avvertito, che certe porcherie solo loro hanno diritto di farle. Vedi guerra in Iraq per esempio, dove le armi di distruzione di massa sono state il pretesto per la guerra e non sono state mai trovate, come volevasi dimostrare.

Sono stati loro quindi che hanno rotto le cosiddette scatole cinesi, poi è venuta fuori la pandemia che ha ucciso anche tanti cittadini USA, ma era la solita battaglia del bene contro il male, ci vuole del sacrificio ed è normale, gli americani lo sanno più o meno da sempre.

A una cosa però è servita tutta questa ingiustizia camuffata da incidente, la Cina ha deciso di appoggiare gli FDP, cioè dopo tutta questa storia, hanno capito di quanto erano stati stronzi loro e pure di quanto stupido fosse il dannato sistema, (costituito fondamentalmente dalle sistematiche stronzate,) che ora finalmente, e a ragion veduta, sta cambiando radicalmente.

M - Ma è possibile che vi facciano decidere sulle sorti dell'umanità senza interferire?

A - A interferire ci provano ancora, e non solo i cinesi, se è per quello, ma ormai siamo tanti e siamo dappertutto. Le ribellioni sono informazioni utili, che vanno poi sul loro libro nero, queste sono cose che poi capiscono, piano-piano, che non gli faranno comodo.

M - Insomma siete una dittatura.

A - Beh, la democrazia ha fallito, anche perché era solo una finzione, parliamoci chiaro: noi siamo una dittatura democratica, se proprio si devono usare parole del passato, ma sono due vocaboli che mi piacciono poco, anche se per motivi differenti.

M - Usando parole moderne invece?

A - Non ce ne sono, siamo nascosti ancora, agiamo nella penombra. Vogliamo portare dei fatti prima delle frasi fondamentali, questo è uno dei nostri motti interni, una volta si faceva il contrario e non è servito a tanto, mi pare, se non a peggiorare la sensazione tra la gente di essere costantemente presi in giro.

 M - E poi i giornali perché non ne parlano? Io del Cucù non ne avevo mai sentito parlare.

A - Forse non hai insistito nel cercare, magari perché non conoscevi la nuova definizione. Qualità e Quantità, il QQ è un organo pubblico e globale, cosa veramente fa e come, beh... questo lo già è meno, e non per caso.

Siamo dentro anche dei giornali noi, invece di dare fake news si omettono certi aspetti anche importanti, che i potenti possano ancora fare la figura di chi decide le cose, si prendono perfino il merito a volte, pensa un po' alla sottile ironia delle cose, sebbene prima siano contrarissimi.

A noi non ce ne importa, del merito, ma loro a volte cominciano a crederci, insomma, che fare del bene sia un bene anche per loro.

 M - Ma omettere in un certo senso è già una falsa notizia, o sbaglio?

 A - Sì, il marcio sistema precedente se ne è beneficiato per decenni, mischiando le notizie vere con le false, un metodo americano che ha funzionato puntualmente. Ora ce ne serviamo anche noi, però a fin di bene.

M - Ah... e quel discorso dei microchip e della moneta unica, il denaro solo virtuale?

A - No, l'idea è contraria ai nostri principi, sempre stata campata per aria e prematura, forse un giorno quando onestà e integrazione saranno molto più completi. Ora è troppo presto e sarebbe una bandiera che funzionerebbe al contrario, una propaganda da gangsters!

M - Ecco, mi pareva anche a me.

A - No, bisogna fare dei passi significativi e anche simbolici prima, e forse dopo, compiute e navigate queste misure, non sarà nemmeno necessario, ma occupiamoci prima di cosa è più urgente e fondamentale, ci sono tante cose da fare. Speriamo non troppe.

M - Sarebbe bello se riuscissi a crederci, che tutto questo stia veramente accadendo, ma non riesco a figurarmelo. Ma è veramente possibile?

A - Le cose non sono così difficili, guarda, basta volere veramente quello che si dice e si pensa, e non mirare al vantaggio personale, o solo di una cerchia di parenti o amici. Anche i ricchi e i super potenti possono lentamente cominciare ad accontentarsi di 50 se non possono avere più 500, tanto per fare un esempio scemo ma calzante. Anche loro possono abituarsi come la rana e l'acqua calda, un principio che funziona sempre.

M - E come vengono scelti i vostri collaboratori?

A - A questo lavoriamo costantemente, limando i requisiti e i valori sani da proteggere, in fondo ora la tecnologia permette di conoscere il percorso storico di una famiglia, o di una persona. Ora le notizie sono più disponibili di una volta, in una rete di informazioni che sta diventando sempre più capillare, rispetto a un tempo. Le informazioni sono totalmente FDP e NO SUV, anche se sono nomi che non si usano più, sui giornali e nei telegiornali, ma non ci sono che piccoli tipi di fuochi di ribellione, sempre più rari.

M -  È una specie di comunismo o no?

A - Forse sì, ma un po' più intelligente, mi pare, almeno lo spero. L'idea è anche non diventare fanatici, come è sempre successo, sviluppare e mantenere sempre un senso critico.

M - Insomma più diritti e meno privilegi per tutti.

A - Questa è l'idea base, ma visto che te ne sei rimasto fuori per questi due anni, la stampa e la televisione hanno quasi taciuto, non ti sembra che qualcosa stia cambiando?

M -  Sì, è vero c'è un bel venticello di primavera, anche ora in piena estate.

A - Meno male.

M - Ma questo non significa che l'autunno e l'inverno non torneranno!

A - No, infatti, però c'è una fiducia che cresce, anche questo è importante, prima, solo due anni fa, si andava verso il baratro e la speranza andava scemando giorno per giorno, spero che la gente si ricordi anche di questo.

M - La gente ha la memoria corta, lo sai anche te.

 A - È vero e può anche essere che qualcosa vada storto, succederà senz'altro, se non è oggi sarà un domani. Ma noi del Cucù pensiamo anche a questo, c'è un consiglio di 400 persone che lavora a un piano psicologico e sociale...

M -  E dov'è questo mostro nascosto?

A - Ognuno a casa sua. Le riunioni sono in videoconferenza ogni lunedì, a livello di gruppi per continente, il primo del mese a livello mondiale.

M - Madonna mia... ma dimmi una cosa: tu e Ludovico avete le stesse funzioni?

A - Sì, dipende un po' dalle esigenze contingenti, ma il vero capo è lui e in confidenza direi che se deve portare qualche cambiamento importante prima ne parla con Nadine, che dietro a tutto il meccanismo c'è ancora lei. Un cervello multifunzionale e silenzioso, ma quando parla poi ti massacra. A difesa delle donne e dei loro diritti poi non ti mettere contro di lei, e c'ha ragione, ma a volte ce lo deve ricordare a mazzate. Specialmente a Ludovico, quello è maschilista per ragioni anche storiche-geografiche, essendo argentino e lei glielo ricorda spesso.

M - Insomma una specie di matriarcato!

A - Sì, se devi dare un nome a tutto, e se questo ti può aiutare... e se non me lo hai chiesto prima, te lo dico ora, io sono il terzo in ordine d'importanza e Santiago il quarto, ma non per molto, tra poco  saremo tre al vertice, le sue capacità e responsabilità stanno crescendo e io e Ludovico siamo sempre più provati dalle fatiche erculee sopportate con entusiasmo, ma sempre pesanti quelle erano e sono.

M - Ma te e Ludovico non litigate mai?

A - Un giorno sì e uno no, raramente è pure successo che abbiamo passato una settimana intera senza prenderci per i capelli, magari eravamo lontani e pensavamo materialmente ad altre cose, ma visto che ormai siamo pressoché pelati... beh... è logico, siamo più stanchi, appagati e disposti alla conversazione pacifica, alla sana evoluzione dialettica e allora sono Santiago e Nadine che s'incazzano con noi, ci prendono anche un po' per il culo... a dir la verità.

Ci vuole pazienza. L'oggi non è ancora spuntato e poveraccetti noi siamo già l'ieri.

 M - Insomma, correggimi se sbaglio, voi siete una dittatura nascosta all'ombra dell'ex comunismo cinese, diciamo piuttosto magnanima e democratica. Anche se qui la parola democrazia, come sempre, è da mettere tra virgolette, spesso per causa delle notizie parziali e delle omissioni di cose fondamentali. Pure voi credete al bastone e alla carota, allora!

 A - Sì.  Non ci facciamo illusioni, il popolo non sarà tanto maturo da accettarci, almeno per un bel po'.

 M - Quindi in un ipotetico futuro diventerà tutto pubblico.

 A - Non si sa ancora quando, ma il piano è questo.

 M - E se non succedesse mai?

 A - Le cose non sono affatto automatiche Marcè,  famo a capisse: il vantaggio personale è ancora più importante della coscienza politica di integrazione. È normale e logico, per quanto pure sia un'imbecillità, ma tutto marciava in quella direzione. Se prima il sistema ti portava quasi automaticamente alla disonestà, in nome di un cazzo di privilegio, ora si sta marciando verso un'idea di giustizia meno ipocrita e le leggi nuove vanno verso un discorso di pace e di  distribuzione dei capitali, con un occhio sempre verso la decrescita e l'ecologia. Il ritocco dei salari è costante e scientifico, rispetto anche al costo della vita, ai valori diversi delle monete in corso nelle tante nazioni.

La gente, un buon numero degli umani resi ancora più ciechi dagli ultimi anni di disinformazione e di lavaggio del cervello, sono ancora in assoluto contro la violenza, dicono che niente giustifica quello che è stato fatto. Una vita umana non si toglie in nessun caso. Ma nemmeno se quello che ha fatto e sta facendo è disumano?

M - Forse una volta la pensavo anch'io così, confesso.

A - Qualche volta, anni fa, avevo dei dubbi, ma Ludovico me li ha levati tutti. Come fai a convincere certi individui a comportarsi per benino, se non a schioppettate? Se hai in mano delle notizie che non sono false come al solito, sai che non ci sono dubbi, bisogna eliminarli. E la loro fine sarà di esempio agli altri, che solo allora inizieranno a cambiare.

M - Ma non subito.

A - No, non proprio subito, ma ci vorrà meno tempo di quello che si potrebbe pensare.

M - Perché?

A - Perché la gente non sa cosa è giusto o sbagliato, cosa è bene o cosa è male, imita quello che fanno gli altri. Se il sistema comincia a ingranare, la gente prima si sorprende, poi rimane indecisa, dopo si compiace. Copia l'altra gente, fisiologicamente e per lo stesso motivo per cui prima tutto stava degenerando, se la tendenza s'inverte vedi che succede il contrario.

Pensa ai cristiani perseguitati e ammazzati con piacere dai romani, persino usati come sanguinoso spettacolo nei colossei dell'impero.

È bastato che uno a caso, che quello si convertisse per tirarsi dietro tutti gli altri! Va bene che era l'imperatore, ma vedi che la democrazia alla fine porta gli imbecilli, manovrati dai delinquenti, a governare sugli altri.

 

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